Ieri, nel corso di una partecipata conferenza stampa, è stata presentata al pubblico la neo costituita associazione culturale e politica Sardos, della quale ho assunto, per volontà dei soci fondatori, la temporanea qualifica di Presidente.
Viste le numerose richieste di informazioni sulla associazione, mi permetto di riportare per intero il mio intervento di presentazione ed evitare sintesi che possano risultare fuorvianti.
Perché è nata Sardos?
Sardos trae spunto da tutte le discussioni aventi ad oggetto la Sardegna che, in questo ultimo anno, abbiamo fatto tra amici e conoscenti, sia durante incontri pubblici, privati o anche solo in conversazioni virtuali su internet.
Tutti noi ci siamo accorti di convenire su alcuni punti fermi
1) I Sardi amano la Sardegna in modo viscerale e, nonostante i mille borbottii e lamentele, sono contenti di abitare nell’isola.
2) A fronte di questo amore, sempre dichiarato, vi è però una diffusa e trasversale convinzione che la Sardegna sia stata, soprattutto negli ultimi 25 anni, male amministrata e lo sia stata in modo indifferenziato dai cosiddetti centro sinistra e centro destra.
Indifferenziato non tanto perché non siano cambiate le persone che, di volta in volta, vengono presentate ai Sardi come novità elettorale, quanto perché le logiche che poi vengono seguite nella gestione della cosa pubblica sono identiche e perseguono sempre i medesimi scopi di privilegio delle clientele e dei rispettivi centri di potere e mai di reale giovamento per la Sardegna.
Se negli ultimi decenni non si è risolto uno solo dei problemi storici della Sardegna, non può essere ogni volta addebitata la colpa di ciò solo ai singoli; si tratta invece di un vero e proprio fallimento del sistema gestionale partitico che, per motivi vari, non è capace di generare, dal suo interno, proposte davvero funzionali e, soprattutto, non è capace di portarle mai a realizzazione.
Sarebbe ben poca cosa se queste considerazioni appartenessero in esclusiva al sottoscritto o solo ai soci fondatori di Sardos e ai suoi associati.
Sono i Sardi a mostrare scetticismo, ma le parole giuste sono diffidenza e rabbia, verso i partiti e ciò viene dimostrato con il progressivo astensionismo dal voto o con il dirottamento dello stesso verso altri movimenti di protesta.
Ma l’astensionismo o la mera protesta, che trovano una ragione nel disgusto per l’attuale offerta politica, alla fine portano un vantaggio a quegli stessi partiti che il non votante disprezza, che riescono a continuare a mantenersi al potere grazie anche alla astensione di chi non è soddisfatto.
Vi è poi un altro aspetto sul quale credo sia possibile trovare consenso quasi unanime.
3) A fronte del non funzionamento della macchina regionale, fa da contraltare il lavoro instancabile di tantissimi Sindaci sardi, la cui nomina non dipende da decisioni prese chissà in quale stanza ma da un rapporto sincero e quotidiano con i compaesani.
Sindaci che si trovano a fare salti mortali per far quadrare le asfittiche casse comunali e che arrivano a considerare il rapporto con la Regione quasi come una guerra, dove la burocrazia frena ogni cosa e ogni singola decisione finisce per dipendere non già dal merito della richiesta quanto dalla appartenenza a questa o quella clientela.
Come cambiare la attuale stagnante situazione politica?
Il primo punto fondamentale, che si rinviene anche nel nome stesso della associazione, è che occorra creare le basi, soprattutto culturali, per una autonomia nella gestione della Sardegna rispetto a scelte adottate da chi, palesemente, persegue interessi diversi e non ama la Sardegna.
Non sono certo scelte prese in Sardegna quelle che trasformano l’isola in uno scenario di guerra, in una discarica, in un coacervo di realtà inquinanti che arricchiscono altri e che vengono barattate con la banderuola di posti di lavoro.
A questo riguardo, l’associazione Sardos, che è composta da persone che lavorano e sono abituate a confrontarsi con i problemi, ha un atteggiamento pragmatico.
Più che di indipendenza della Sardegna, tema che può essere al più affrontato a livello a lunga scadenza, Sardos si propone di creare le più ampie basi culturali per una sua non dipendenza.
Si devono creare le basi, in Sardegna, per una non dipendenza da qualsivoglia centro di potere che, attraverso i partiti, adotti decisioni non già ai fini del miglioramento delle condizioni di vita dei Sardi quanto per arricchirsi e ottenere privilegi personali.
Questa è una battaglia, soprattutto culturale ma anche necessariamente politica, che può essere vinta solo con il contributo di tutti coloro, di qualunque ideologia o provenienza, che vogliano provare davvero a creare qualcosa di realmente costruttivo per la Sardegna.
Il concetto chiave è dunque quello della non dipendenza e un cambio totale delle prospettive di funzionamento della Regione.
Sardos vuole contribuire a creare un progetto culturale aperto, inclusivo e di ascolto di tutti coloro che intendano fornire il loro contributo di idee e entusiasmo per modificare l’attuale status quo.
Per cambiare le cose serve unire le persone, a prescindere dalle loro appartenenze politiche e associative.
Non vi sono ricette da contrapporre, occorre lavorare tutti insieme e vi può essere solo un unico comune denominatore che possa fungere da collante ed è quello di cui parlavo all’inizio:
un amore incondizionato per la Sardegna e la volontà di mettersi a disposizione per migliorare le condizioni di vita di tutti, non solo dei propri amici o clientes.
Ecco perché Sardos è, e sarà sempre, aperta a tutti, con la possibilità per tutti di aderirvi e poter dare una mano condividendo le proprie idee di rinnovamento.
Abbiamo creato sette laboratori, che in futuro potranno essere ampliati di numero sulla base delle indicazioni degli stessi associati.
Turismo, Trasporti interni e continuità, agroindustria, Ambiente, Cultura-istruzione-lingua, Zootecnia e ricerca, Spopolamento e federalismo interno, Zona Franca e fiscalità di vantaggio.
Su questi temi, che sono nevralgici e intrecciati tra loro, non riesco davvero a vedere distinzioni ideologiche:
è di destra o di sinistra contribuire a migliorare le infrastrutture sarde?
è di destra o di sinistra, in questo modo, riuscire a combattere lo spopolamento e, con il miglioramento dell’ambiente, creare le condizioni per un turismo maggiormente sostenibile?
Può costituire oggetto di contrasto politico il cercare di venire incontro alle esigenze dei territori e dei Sindaci e creare il clima affinchè la Regione sia la protettrice di questi e non un avversario da temere?
Se un associato Sardos, in questi laboratori, apporterà il proprio contributo di idee e questo verrà condiviso da tutti, avrà senso chiedergli: di quale area sei? hai un padrino? chi ti manda?
Un esempio di un ambiente costruttivo, che riscuote grandissimo successo, lo fornisce attualmente uno dei nostri più illustri soci fondatori, Anthony Muroni, che ha creato un blog nel quale ospita interventi di chiunque abbia qualcosa da proporre, a prescindere dalle ideologie di appartenenza.
La gente vuole partecipare, discutere e appassionarsi, soprattutto vuole percepire un senso di vera appartenenza che, nel panorama attuale, non esiste.
Sardos nasce con questa finalità e, con il coinvolgimento di tutti nei laboratori, si propone di giungere alla creazione di una piattaforma di proposte politiche concrete, che potranno essere poi offerte a tutte le persone e partiti, di buona volontà, che vorranno davvero realizzarle.
Il sogno è quello di poter davvero creare, attraverso i laboratori e la sintesi che ne uscirà, quello che noi chiamiamo lavoro buono e sostenibile, che faccia uscire la Sardegna dal ricatto di buste paga dipendenti da attività inquinanti o improduttive e che possa magari trovare le migliori strade per una riconversione del territorio.
Più si riuscirà a rendere il lavoro non assistito ma reale, maggiore sarà la ricchezza che ne deriverà e maggiore sarà la autonomia, meglio: la non dipendenza, della Sardegna e dei Sardi dagli attuali centri di potere.
Serve davvero un clima diverso nel quale tutti possano riconoscersi: non ha senso che ciò succeda solo quando un sardo primeggia al tour, dove tutti facciamo indistintamente il tifo, o quando vinciamo lo scudetto di basket o vinciamo in serie A con il Cagliari.
Il form di adesione a Sardos sarà presto reperibile e compilabile online e ognuno avrà la possibilità di descrivere le proprie aree di competenze e indicare in quale settore dei laboratori voglia apportare il proprio contributo.
Vorremmo davvero che, da oggi, si potesse lavorare tutti insieme e Sardos, per come è stato impostato lo Statuto ed il codice etico, vuole essere l’elemento che vada incontro a queste esigenze, che sono di tutti.
Battersi in Sardegna per STACCARSI completamente da ogni centro di potere legato ( palesemente o meno) a qualsiasi partito italiano tradizionale.
Battersi per il rispetto dell’ambiente e del diritto all’autodeterminazione sul territorio.
Battersi per l’unita’ di tutti i gruppi e uomini Sardi che si riconoscono nelle linee di condotta a salvaguardia del territorio e dell’identita’ della Sardegna.
Viva la Sardegna….evviva sos “SARDOS”
Perché ho l’impressione d’avere già letto un programma ? Naturalmente per realizzarlo si dovrà comunque fare i conti con Roma. Le competenze primarie in Sardegna non esistono se non quella di decidere il giorno dell’apertura della caccia. Nonostante le buone intenzioni l’unica vostra speranza è poter avere un posto al sole, magari osservando dall’alto il Golfo degli Angeli.
creare lavoro per i disoccupati è di destra o di sinistra? Dipende dalle proposte: in USA spingono sulla deregulation e il liberismo, in Scandinavia sul wellfare state e la solidarietà. Se il vostro approccio comunicativo è questo, allora è solo demagogia.
Ottima iniziativa.
Salude . Ti sighio de meda tempus . S urtima ora chi appo tenta prascere de ti biede e ti oscurate cun Lecis a Fordongianus . Seo unu Pintore e fazzo solu caras de ominese nostoso . Cando etta sa a Tresnuraghes Faedi biede ti Cumbido e ti fazzo biede Is caras chi Vazzol. Biovo in abbasanta ma seo ortueresu .
In pagas peràulas, su programma de SARDOS tiat èssere a coltivare sa «non dipendenza» (chi nadu in àteras peràulas tiat èssere s’indipendhéntzia, ma chircamus sa sustàntzia). Postu chi sa non dipendhéntzia cheret nàrrere a fàghere totu su chi dipendhet de nois etotu, personalmente e colletivamente (a donzi modu, fàghere, una borta cumpresu, chentza mancu lu nàrrere, fintzas si zughimus sa limba puru e tocat a faedhare), deo bos fato una dimandha ebbia (dimandha ca no ndh’isco ite donzunu podet tènnere “in pectore”, ca sinono sas cosas chi apo lézidu inoghe mi parent totu bonas e zustas , fintzas si fato diferéntzia tra su pàrrere e su èssere): Alberto Filippini, tue (ma sa dimandha est fintzas pro totu sos Sardos, e cherzo nàrrere a mie puru, ca sardu – o, menzus, in Sardigna, so fintzas deo), tue tias èssere disponíbbile a ti candhidare a deputadu o senadore a su Parlamentu italianu (naturalmente isperendhe de bi essire puru pro su bene de sa Sardigna)?
Si rispondhes torro a iscríere carchi àtera riga.
Oggigiorno le ambizioni politiche dell’associazione sono palesi ma per quanto legittime rischiano di fare la fine delle tante altre nate in passato, per colpa degli appetiti dei loro ideatori, alla ricerca di sostegno esclusivamente per loro stessi e non per un progetto partecipativo e selettivo, vedi “I Pratici” e similari…
Non dimentichiamoci di SARDEGNA POSSIBILE, una volta fallito il traguardo elettorale è svanita come neve al sole, perché priva di una struttura federale, sostenuta solo dalle ambizioni dei suoi fondatori rimasti a becco asciutto, che in seguito non sono più stati disposti a sostenere il progetto per altri nuovi leader. Può essere questo un modello democratico?
Purtroppo, con la nascita della partitocrazia il ruolo dei leader è diventato il vero problema di sviluppo della democrazia, in quanto lo Statuto delle associazioni o dei movimenti politici viene costruito esclusivamente intorno alle mire del suoi ideatori e dei suoi fedelissimi.
Sarebbe più importante conoscere “subito” lo statuto dell’associzione SARDOS e il metodo di selezione prima di fare altro, perché pensare di impegnare tempo e risorse in un progetto che prevede il raggiungimento di una esclusiva POLTRONA in Regione è da lasciare al suo destino.
Lo Statuto deve avere una visione federale e partecipativa al fine di ottenere una selezione per reali capacità e non per coptazione di discepoli devoti.
Se non nasce neanche all’interno di una piccola associazione una visione più ampia che possa essere trasferita in Regione è inutile far finta di costruire una politica sana se il germe malato è già all’interno del suo nucleo primario.
Mai sentito parlare di maggioranza concorrente? Il suo modello è da applicare diffusamente se si vuole raggiungere il cuore della cittadinanza e il benessere della comunità.
La cittadinanza è stufa di progetti che abbiano come fine l’accomodamento di PERSONAGGI che al momento opportuno si ritirano nel loro mondo di privilegi.
Tutti coloro che mirano a costruire un progetto senza una struttura federale sono destinati al fallimento.
La nota maggioranza in democrazia è diventata la vera tirannia della democrazia, perché esclude tutti coloro che non la appoggiano, così daranno luogo a maggioranze che si alternano al governo senza che queste possano risolvere i problemi di una comunità ma favorendo i suoi ideatori.
La curiosità è tanta ma i dubbi restano, sta ai suoi ideatori sciogliere i nodi per costruire un progetto quanto più condiviso e sostenibile.
Attendiamo risposte…
No est chi ais ismentigadu unu tema che sa Salude e su chi bi inghiriat a tundu!?
Caro Roberto Seri, purtroppo da parte mia è facile accodarsi a quanto testé hai esplicitato: è difficile distinguere il vero obiettivo degli ideatori dei vari progetti al fine di modificare uno status quo che imperversa nella nostra terra da secoli. Credo che il problema non riguarda solo la nostra amministrazione, basta spostarsi da una regione all’altra e trovi gli stessi problemi. Alcune, quelle del centro-nord, si salvano solo grazie all’imprenditoria privata che nulla hanno a che vedere con l’amministrazione pubblica. E’ facile amministrare quando i privati in più delle volte ti risolvono i problemi, tant’è che ponendosi in una posizione di osservazione, puoi notare tranquillamente la dicotomia esistente tra il pubblico e privato, e questo è il vero problema politico-economico della nostra terra e di tutta l’Italia…
ma ben vengano le iniziative!
Partendo dal presupposto che la Sardegna, se bene governata, potrebbe essere la regione più ricca d’Italia, bisogna innanzitutto creare gli indotti e i circuiti giusti per poter far lavorare quella che è la ”fabbrica” più remunerativa e creativa dell’Isola: il turismo.
Ci sono milioni di persone che trovano la nostra terra meravigliosa, e molti sono disposti a stra-pagare per visitarla anche solo una settimana all’anno.
Questo dovrebbe suggerirci che la domanda esiste ed è sempre in evoluzione crescente. Cambiano i paesi di provenienza, cambiano i periodi, ma chi viaggia è attirato dalle meraviglie sarde da ogni parte del mondo.
Su questo dobbiamo lavorare:
-creare le condizioni più vantaggiose per raggiungerci in ogni periodo dell’anno,
-creare servizi, e quindi indotto professionale nonchè lavoro, di tutti i livelli e per tutte le fasce di età,
-pubblicizzare il nostro territorio
-aggiornare le piattaforme mediatiche rendendole più accessibili e allargando il bacino di utenza fino all’Asia e nei paesi extracomunitari,
-creare circuiti di trasporti interni ed esterni che diano la possibilità di spostarsi con velocità e con facilità,
-formare professionisti del settore introducendo corsi obbligatori gratuiti per le lingue ed avvantaggiando i giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro turistico,
-favorire che investe in aziende turistiche
…e tanto altro.
I metodi ci sono, le idee anche……cosa manca?
Ovviamente con i governatori attuali le mie idee restano delle piacevoli utopie, ma non si sa mai!
L’entusiamo di Annalisa pur essendo di buon auspicio per il nostro futuro non tiene conto dei fattori contingenti che influiscono su un possibile successo della Sardegna.
Chiaramente il tifo per la nostra isola è garantito ma non possiamo evitare i veri nodi che fin’ora hanno impedito lo sviluppo.
1) la stagionalità, per quanto la Sardegna possa essere bella in primavera e in autunno, visto che noi ci viviamo tutto l’anno e lo sappiamo, non è per niente semplice convincere i turisti a tornare in quei periodi, innantitutto l’estate è il momento in cui in Italia molte attività rallentano o chiudono, di conseguenza favoriscono la mobilità, specie ad agosto. Dobbiamo tenere in considerazione un’altro fattore, tutte le strutture turistiche sono state pensate e costruite per il periodo estivo, quindi si è dato poco peso all’isolamento e al riscaldamento interno (non venitemi a parlare di pompe di calore… ).
2) i trasporti, come possiamo evitare di parlare del principale nodo economico se la politica ha favorito il monopolio del trasporto marittimo e aereo a danno della concorrenza? Non è un problema da poco, visto che i pochi privati sardi che hanno tentato di prendere in mano i trasporti hanno fatto la fine dei topi. Non solo, se i pochi vettori privati stranieri sono stati “invitati” ad andarsene (Ryanair), dove si vuole arrivare?
3) tipologia dei turisti, ecco che iniziamo a scoprire un limite presente nella nostra società, cioè quello di credere che i i turisti in arrivo in Sardegna siano disposti a ( anzi debbano) spendere cifre iperboliche è falso. I ricchi saltano tra Costa Smeralda, Portofino, Capri, Sestriere, il Lido di Venezia, Cortina d’Ampezzo e la Costa Azzurra e non li convinci a fare diversamente negli altri periodi.
Il problema vero è che una parte di noi sardi NON ACCETTA il turismo di MASSA che poi è l’unico a poter essere sviluppato nel resto dell’anno, così facendo resteremo PRIGIONIERI DEL NOSTRO SOGNO di credere di essere l’OMBELICO DEL MONDO.
Vogliamo parlare di percorsi alternativi in bassa stagione? Meglio di no…
La domanda che voglio fare, non solo ad Annalisa, è questa: chi dovrebbe creare le condizioni che dovrebbero rendere la Sardegna appetibile al turista in bassa stagione?
Perché è tutto lì il problema…
PS1
Fino ad una paio di anni fa la Regione Sardegna aveva delegato un’azienda siciliana, che aveva vinto un appalto pubblico, a publicizzare la Sardegna in giro per il mondo (…) (senza parole)…
PS2
La provincia di Verona supera i 16 milioni di presenze, quella di Venezia i 34 milioni.
http://www.larena.it/home/economia/economia-veronese/turismo-veronese-nel-2016-record-in-citt%C3%A0-e-lago-di-garda-1.5553196
La provincia di Bolzano raggiunge circa 20 milioni di presenze.
http://www.ansa.it/trentino/notizie/2016/11/30/turismo-estate-record-in-alto-adige_20331650-be23-4047-bf20-08101a47ada2.html
La Sardegna purtroppo naviga sui 12 milioni di presenze e non gode dello stesso sviluppo agricolo, zootecnico, industriale e dei servizi come in Veneto e in Trentino…
PS3
Houston abbiamo un problema…
Fossis Alberto Filippini (m’iscuset si paret una chistione ‘personale’, ma deo mancu lu connosco, mi leo solu sa ballassa, o cunfiantza, de li nàrrere de “Tue” e a donzi modu sa dimandha chi apo fatu a isse l’apo innanti fata a mie etotu, no pro su pagu chi conto, ma solu pro su pagu chi poto contare), fossis, fia nendhe, isse no cumprendhet su sardu o no si lezet sos interventos a propósitu, o mancari no at tentu tempus. Ma de su 22 de su mese coladu pro una risposta fàtzile chi no at dadu su tempus za est meditu.
Tandho s’àtera riga chi aio impromissu l’iscrio su matessi.
Si Alberto Filippini, o chi per lui o come lui, no ndhe bogat dae sa mente e dae su coro cun determinu pretzisu e firmu, sa possibbilidade de si candhidare a On. o a Sen. de su Parlamentu italianu est solu pessendhe a su prozetu de totu sos pistadores de abba pro sos contos de sos Sardos e de sa Sardigna, ca cuss’istrada est solu a coltivare totu sa dipendhéntzia possíbbile, àteru e che “non dipendenza”!
Nell’ambito della zona franca DI LEGGE (che NON è quella pubblicizzata a Giave per intenderci), sono contenute insieme le alternative economiche e fiscali che devono essere alla base di un progetto di autodeterminazione, peraltro sostenute da alcuni articoli dello Statuto di regione autonoma ma sempre delegati alle segreterie di partito romani e quindi disattesi. La Sardegna avrebbe l’opportunità di scegliersi una dimensione nuova, sostenibile e di sicuro sviluppo, attraendo investimenti puliti e riattivando il tessuto economico esistente, compreso quello urbano e delle campagne, rendendolo autosufficiente e non dipendente dagli assistenzialismi clientelari di vario tipo. Attraverso le compensazioni all’insularità, dovute e riconosciute in altri territori anche europei, si aprirebbero varchi per l’occupazione, la specializzazione e di conseguenza la controtendenza che ci vede consumatori di merci prodotte altrove. Mi piacerebbe se Sardos pubblicasse le riflessioni su questo tema elaborate nel tavolo tematico dedicato, come era nelle intenzioni comunicate a Nuraghe Losa l’anno scorso, grazie.