Non ho memoria di un accadimento come quello di ieri.
Non ho – cioè – memoria del fatto che quasi 300 sindaci sardi abbiano tutti insieme sfilato, in maniera ordinata e “istituzionale”, verso il palazzo del Consiglio regionale.
Non ho memoria del fatto che lo abbiano fatto non per le solite rivendicazioni di maniera, dietro alle quali – a volte – in passato più di un soggetto ha cercato legittimazione con manifestazioni di questo tipo.
Non ho memoria del fatto che i manifestanti si siano posti in maniera così costruttiva e dialogante, arrivando con in mano una proposta concreta e immediatamente attuabile, con finalità che definire nobili e alte (se non sono nobili e alte le risposte che i sindaci cercano di dare a comunità che sembrano condannate a morte prematura) è il minimo.
Non ho, infine, memoria del fatto che una così alta e qualificata rappresentanza dei cittadini e dei loro interessi non abbia trovato ad accoglierla la massima istituzione della Sardegna.
Il presidente della Regione dov’era? Aveva impegni inderogabili. Ha, traducendo queste due parole, dato priorità ad altre questioni (sempre che gli impegni non fossero legati a gravi problemi di salute) istituzionali.
Ha, cioè, ritenuto che non si potesse rinviare, posticipare, annullare, disintegrare, quel che doveva fare pur di essere presente al cospetto dei sindaci che gridano il loro allarme sui paesi che muoiono.
Lasciatemi dire che tutto questo è deludente, sintomatico di un atteggiamento che non è compatibile col ruolo, con momento, con la storia, con l’istituzione.
La Sardegna oggi – non fra due anni ma oggi – avrebbe bisogno di un presidente che cambi la sua natura e diventi davvero unu Babbu Mannu per i sardi. Una guida non irraggiungibile ma che smette di vivere tra le carte, in mezzo alla burocrazia tecnocratica e ai vertici dei vari establishment, e si cali sui territori, sporcandosi le mani e dedicando il suo tempo – il 99% del suo tempo – a sedersi accanto a ognuno dei 377 sindaci sardi per risolvere assieme a lui problemi anche minimi ma vitali.
Non possiamo permetterci di perdere altri due anni e aspettare il successore di Pigliaru. Dobbiamo tutti (consiglieri regionali, partiti, istituzioni, sindaci, imprese, sindacato, stampa, Chiesa e chi altro vorrà) scuoterci noi per primi ed esercitare nei confronti del presidente, di questo presidente, una pressione tale che possa indurlo a cambiare atteggiamento.
Lo dobbiamo alla Sardegna e alla nostra coscienza.
La mia sensazione è che, ai vari livelli, una volta eletti i nostri rappresentanti non vogliano più rappresentare nessuno, ma si sentano titolari di deleghe in bianco. È il sogno della democrazia senza popolo (!)
In 25 parole c’è tutto: complimenti!
Bisogna rammentare che l’attuale Presidente é stato scelto fuori dalla Sardegna. per qualità ai più sconosciute…
Se conosco bene Pigliaru, e lo conosco bene, il suo atteggiamento non è, come si potrebbe pensare, superficiale o disattento. La realtà amara è che la sua è una posizione di snobismo intellettuale che ha manifestato anche da assessore regionale. A lui e alla giunta interessa poco l’esercizio del ben amministrare, ciò che viene perseguito è un esercizio di equilibrismo tecnocratico che ignora i bisogni e le realtà di una regione che, come dice lei, ha bisogno di conoscenza specifica dei problemi. ” Sporcarsi le mani con la terra” assume un significato che va ben oltre quello semplice delle parole, vivere in una realtà totalmente lontana e slegata dalla situazione economica e sociale di una regione allo stremo mi ricorda la favola del lupo che si abbeverava alla fonte, mangiando poi l’agnello giù in basso….
Un ‘ analisi perfetta…peccato che anche spiegata così pigliaru e tutti gli altri come lui non lo capiranno comunque….non conoscono e non voglionore conoscere.. perché non sanno come comportarsi con la realtà. …sanno parlare di cose ideali…ma si vivede di realtà. .gli ideali si possono lasciare nei libri…
Condivido l’essenzialita’ precisa e concisa di Maria Ignazia, ma senza un cambiamento di rotta e senza l’attuazione di misure democratiche ma rivoluzionarie, fra due anni saremo ancora qui a chiederci spiegazioni per questioni di questo tipo. Antoni Simon mossa diceva: ” „Dobbiamo razionalizzare e rendere comprensibile al popolo sardo, oggi fuorviato dal funzionarismo dei partiti coloniali, quella intuizione di libertà che lo agita. Quella libertà si chiama indipendenza politica ed economica e giustizia sociale: libertà che significa che i sardi debbono essere prima di tutto padroni della loro terra, arbitri dei loro destini.”
coloro che hanno reso possibile la sua elezione completamente snobbati da chi dovrebbe invece curare i loro interessi e rappresentarli degnamente…. Già la dignità, quella che ieri i sindaci hanno dimostrato e quella invece che Pigliaru e company hanno irrimediabilmente perso….non solo il presidente ma tutta la giunta ed il consiglio dovevano essere presenti ieri….cosa c’ è di più importante che ricevere i sindaci…a parte Ganau da Oristano in su non c’ era nessuno…..
INNU SARDU 1894 Contra sa Tirannia savoia
22 Pro una littera solu
Su vassallu, poverinu,
Faghet dies de caminu
A pe’, senz ‘esser pagadu,
Mesu iscurzu e ispozzadu
Espostu a dogni inclemenzia;
Eppuru tenet passienzia,
Eppuru devet cagliare
46. Custa, pobulos, est s’hora
D’estirpare sos abusos!
A terra sos malos usos,
A terra su dispotismu;
Gherra, gherra a s’egoismu,
Et gherra a sos oppressores;
Custos tirannos minores
Est prezisu humiliare.
2016 Sardigna Colonia Cantu tempus ancora depimos aspettare Un’appellu a s’UNIDADE = Unu GARANTE CREDIBILE pro su cambiamentu. Unu pro Tottus Tottus pro Una Sardigna Soverana Libera Indipendente.
Bisogna risalire agli anni Ottanta, quando nella Sardegna centrale si realizzo’ una straordinaria mobilitazione popolare guidata dai sindaci per trovare un fatto simile. Allora si portava all’attenzione e delle forze politiche la questione delle zone interne. Seguirono molte promesse e pochi fatti. Oggi si punto è capo. Non ci fanno piu’ neanche le promesse
Sottoscrivo pienamente il commento di Maria Ignazia Massa.
Aggiungo solo che i nostri “rappresentanti” sono retribuiti troppo in base a quello che producono!!!
Dunque se ne deduce che lo fanno x mestiere e non perché sentono il mandato che gli è stato conferito.
era impegnato a rispondere signorSI’…….ancora una volta!!!
Dae su mudrecu non fioridi rosa, dice un antico detto delle mie parti.E piu importante fare gruppo con altri 4 presidenti di regioni autonome per propinarci che con la riforma di Boschi-Renzi non ci saranno pericoli per le specialità regionali che ascoltare il dolore suo popolo. Forse perche sa che di autonomia ne ha ben poca lui stesso.
I sardi dobbiamo imparare che se vogliamo rose dobbiamo impiantare piante che le producano. E non provare e riprovare chin su mudrecu.
Pigliaru è solo il presidente di se stesso, a lui non interessa la Regione Sardegna …
Anche io aspettavo il Presidente Pigliaru insieme all’assessore al bilancio Paci. E invece c’era solo il vicepresidente Paci e i capigruppo dei partiti. Chi piu’ chi meno ha mostrato solidarietà ai sindaci. Qualcuno di questi ha fatto il populista arringando la platea. E non è stato applaudito per niente.Qualcun’altro ha promesso il suo personale impegno al suo sindaco di riferimento. Figura misera. Non si è fatta una sintesi neanche proponendo un documento di impegni e ciascuno di noi è rientrato a casa con l’amarezza in bocca. Se questa era una marcia su via Roma, non vorrei che la prossima sia su Roma.
Grazie per questa disamina più che perfetta. Complimenti e..non mollare.
Unica soluzione: Rivolta popolare! SVEGLIA SARDEGNA.
Scortesia istituzionale e mancanza di sensibilità nei confronti dei sindaci che rappresentano i paesi sempre più abbandonati dalle politiche economiche del Governo. Siamo sempre gli ultimi e i più emarginati. La sveglia deve suonare. Non c’è più tempo di aspettare. Povera terra nostra!
Ecco appunto; il 4 dicembre bisogna iniziare a mandare qualche segnale concreto sul fatto che il popolo non vuole più dare deleghe in bianco più a nessuno.
si Pigliuru è il presidente di se stesso come dice bene Beppe e se ne sbatte dalla Sardegna e dei Sardi, Come docente universitario nulla da eccepire ma come politico ha tanto da imparare anche a lui il malloppo pesante a fine mese fa gola, credo che farebbe meglio andarsene a casa e lasciare il posto a chi ha a cuore Sardegna e il benessere dei Sadi
La saccenza e l’intoccabilitá del ruolo di barone universitario, traslata tal quale al ruolo istituzionale di vassallo regionale, dimentico di un orgoglio autonomistico in una specialità costituzionale, per ora miseramente tradita dall’incarico della più alta carica regionale. L’essere maestro di rettorica, educato ad una vita agiata e colta, abituato a legger libri e relazioni di visioni altrui, lontano dalle povertà del popolo, rifiuta l’idea di dover ascoltare a viso aperto le istanze dei primi cittadini, i Sindaci filtro di un popolo in agonia, senza prospettive positive che hanno provato a dialogare dal basso senza dover aspettare le inutili e dannose prospettive Nazionali, finora sempre sbagliate.
A parte lo sgarbo istituzionale e la chiarissima volontà di fregarsene altamente delle istanze della sua gente, perché purtroppo quella sfilata è “anche” la sua gente con nessun titolo morale al riguardo, c’era probabilmente una ragione praticissima a convincere il dormiente governatore – meglio usare questa definizione perché governa su mandato di qualche ingenuo che lo ha votato e per conto di chi lo ha candidato – a tenersi a debita distanza. Le richieste, legittime e probabilmente sbagliate per difetto, dei sindaci sardi, avrebbero innescato un paio di meccanismi finanziari e di conseguenza politici che avrebbero assai infastidito il referente romano, o fiorentino se volete, del suddetto governatore. Lui, ultimo di una lunga serie cominciata dall’alba dell’autonomia regionale, è un governatore che esegue gli ordini di un partito italiano. Sarebbe facilissimo risolvere la faccenda: smettendo di votarli. Poi gratti un pochetto più a fondo e ti accorgi che, guarda caso, qualcuno che li vota esiste. Dunque, il dormiente e obbediente fa la sua parte. I sardi ancora non hanno imparato a fare la loro.
Non so chi sia peggio: Pigliaru o Capellacci. E’ un decadimento continuo, una vertiginosa discesa verso il basso. Pare un preambolo che paventa il peggio, che a questo punto avrà da venire. Le avvisaglie ci sono tutte. La galassia indipendentista non trova sintesi ; sovranisti, indipendentisti totali o parziali, continuano a differenziarsi su mortificanti sfumature. Altre forze e movimenti restano ancora avulsi da personali e illeggibili logiche. I partiti maggiori o quelli classici o storici, che dir si voglia, sono frammentati come mai: impegnati e implosi in logiche spartitorie nell’oblio del loro consumato manuale Cencelli. Ma da lontano si intravede chi ha le idee chiare: chi possiede un disegno ben definito e sa come portarlo avanti; chi già semina e si fa strada con vergognose campagne acquisti, chi opera pesanti mappature del territorio. Questo accade, più o meno alla luce del sole. Se qualcosa dobbiamo alla nostra terra e alla nostra coscienza, ma aggiungo anche ai nostri figli, è bloccare questo processo, ormai in divenire. Si dovrà usare, ognuno per la parte che esercita, freddezza determinazione. Ma è indispensabile guardare aldilà di questo Presidente, aldilà di questo consiglio Regionale mortificato dalla propria giunta.
A questo riguardo esprimo il modesto parere che i Sindaci,figura primaria istituzionale e diretta rappresentanza dei cittadini sardi, per portare all’attenzione i gravi problemi che attanagliano le varie comunità locali, avrebbero potuto chiedere e dovuto ottenere invece un incontro con la maggiore autorità istituzionale sarda, cioè il Presidente del Consiglio on.le Ganau.Perché questo non è stato fatto?
300 fasce tricolori lasciate sulla sua scrivania …
Cosa pensavano di trovare questi sindaci a cagliari? Rassegnate le vostre dimissioni in massa, è l’unica forma di protesta che può funzionare contro una regione sorda verso i problemi dei sardi.
Chissà quanti di quei sindaci erano lì per apparire! Chissà quanti di quei sindaci sono stati consiglieri regionali e non essendolo più, erano li col desiderio nascosto di rientrarci. Rientrarci per vanità e tornaconto di prebende. Ne ricordo alcuni in particolare, che in occasione dei ritardi nell’apertura del nuovo tratto della S:S: 128, dichiaravano ai giornali che la colpa dei ritardi era della Regione, questa entità astratta, come se fosse popolata da fantasmi! Ma quei fantasmi erano loro che in questa occasione di sfilare in fascia tricolore, tornavano nel luogo dei loro clientelari misfatti.
lo avete votato!?! Ora pedalate!
MI sa proprio che questo ci ha “pigliaru po su culu”…!!