Pubblichiamo un terzo intervento di Franco Stefano Ruiu sui temi della memoria, dell’identità, del presente e del futuro dell’Isola.

I due precedenti si trovano sempre su questo blog, col titolo “Le Cortes tradite” e “Vi racconto come sta cambiando la Sardegna”.

La foto allegata, raffigurante il castello di Burgos, è di Franco Stefano Ruiu.

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Se con i miei interventi ho dato l’impressione di essere un disfattista e di pensare in negativo mi spiace per davvero. Vi assicuro che non è così, e che non è così che vanno le cose. Non appartengo alla razza di coloro che guardandosi allo specchio si accorgono “solo di colpo” di avere le rughe e si danno da fare per mascherare quanto di vero appartiene al tempo passato, dando ad intendere che il passato è vergogna e non vanto. Metafore per chi vuole capire.

C’è un passato che vuol dire memoria, un presente che passa veloce, anzi ultra veloce perché non c’è tempo da perdere, e un futuro al quale francamente nessuno ci pensa. Tralasciando il presente e il futuro vorrei dire la mia sul passato/memoria e non solo.

Domanda: A proposito di memoria, conta solo quella del pc, la sancta sanctorum del mio patrimonio culturale? E’ ugualmente assodato che per salvare quella memoria, perché rimanga integra e incorruttibile da virus e quant’altro, ci si adoperi adottando tutti gli accorgimenti di cui si dispone.

Altra domanda: per quale motivo la stessa attenzione non viene rivolta anche “all’altra memoria”, quella che rappresenta “l’Autorità dei secoli”? Perché non si fa un bel niente per tutelarla decorosamente, giusto per tramandarla a chi verrà dopo, come il sigillo di “un’appartenenza”?

Ho reso l’idea su come per me sia importante quella memoria? De “su connottu” ci riempiamo la bocca ma in realtà ne sappiamo ben poco. Ne siamo intrisi, sotto forma di pietre e parole, ma non ne teniamo conto. Ma la cosa più grave è che in fondo in fondo non lo amiamo. Ovvio che la colpa è sempre degli altri, soprattutto di quelli che dovrebbero….

Fatta questa doverosa e dolorosa premessa, passiamo al dunque e vi racconto di un paese che nomino con un soprannome, “Borgo tre case sparse”. Lo sapete che nei suoi pressi ci sta un castello? Non lo sapete? Poco male perché non se ne sono accorti nemmeno quelli del luogo. Nonostante sia andato in rovina non sanno ancora che potrebbe avere un valore.

In un altro paese, distante, che vanta ugualmente la presenza di un castello, invece, si sono messi a pensare a cosa fare per trarne profitto (non certo per dargli un valore soprattutto affettivo). Si sono rivolti pertanto al politicante di turno, vicino di casa, padrone dei loro destini, e con lui han pensato di andare a chiedere soldi (lui più di loro sa cosa fare).

Il progetto prevede alberghi per accogliere visitatori in gran numero e spazi attrezzati per il loro star bene: campi da tennis, piscine, galoppatoi, ecc. Chi sa quanta gente verrà per visitare quel castello ormai diroccato, vanto però del paese! Ma quale vanto se di quel paese nessuno ne conosce la storia e tanto meno lo “sente suo”, sta lì e basta.

Sta di fatto che i lavori a progetto vengono ultimati. Che i soldi per la manutenzione sono finiti. Gente straniera in paese, però, se n’è vista poca. Come mai? “Eppure quello da fare lo abbiamo fatto!” La colpa ovviamente è sempre delle istituzioni che non hanno reclamizzato abbastanza il prodotto. La lagnanza è comune, di tutti i paesi dove si è creato qualcosa, invano però.

In realtà di chi sia la colpa è assai risaputo, ed è doloroso saperlo. Del pressapochismo locale, assoluto. Di gente messa a pianificare, incapace di farlo. Amici degli amici e non gente capace. Non sarebbe ora di invertire la rotta? Ma ci rendiamo conto di essere nati in una terra di incanto? Cosa vogliamo di più, la pappa pronta per sempre? …

“Io non so quale altra terra sul globo concentri in più piccolo spazio più meraviglia quanto a natura, più varietà quanto all’uomo. In una stessa giornata si cambia di popolo, di lingua, di vesti, di razza, come si cambia di contrada…”

Lo volete sapere chi ha scritto queste parole? Giulio Bechi, uno che è stato “sbattuto in Sardegna” per punizione, col compito ingrato di fare “Caccia Grossa”, ma non di mufloni e cinghiali, bensì di cristiani. Ciò nonostante della nostra terra è rimasto incantato, e anche della sua gente. E noi?

Adesso torniamo al racconto. Proviamo ad immaginare che in ogni paese dove sta un castello la gente del posto (e non altri) cominci a prendere coscienza della ricchezza che ha. Che per quel castello sia disposta a fare qualsiasi cosa, a impegnarsi in prima persona. Che bello che sarebbe. E che quella gente si cerchi, da castello a castello, tutti insieme per creare un sistema.

Un FORZA PARIS aggiornato alle nuove esigenze. E che per mandare avanti il progetto si cerchi “gente che lo sappia fare per davvero”. Domanda: Voi pensate che gente che lo fa per lavoro non sia capace di portare gente per visitare paesi e castelli? Io penso di si. Un programma che prevede più giorni in Sardegna, ogni giorno un paese diverso.

Anni fa sono stato in Scozia a visitare castelli, e funzionava così, ogni giorno un castello, ogni giorno un paese, ogni giorno gente diversa. E non mi risulta che mi abbia invitato il governo di quella nazione, ci hanno pensato idealmente i castelli. I castelli li abbiamo anche noi, non saranno famosi come quelli scozzesi ma una storia ce l’hanno anche loro.

Perché non fare una prova? B&B per dormire, agriturismi per mangiare, e se non dovesse bastare “albergo diffuso”, all’antica, come si usava “chin sas posadas”. Castelli da visitare, cucine dove si fa ancora il pane (da acquistare), cantine dove si conserva il buon vino (da vendere), lo stesso si dica per l’olio, il formaggio, i tappeti e quanto il territorio è capace di offrire.

L’indomani si ricomincia “cambiando di popolo, di lingua, di vesti, come si cambia di contrada”. Il ragionamento può riguardare ovviamente anche nuraghi, chiese romaniche, miniere e quant’altro, e può essere fatto anche un incastro delle varie situazioni, perché no? Il castello, tanto per dirne una, in questa maniera può diventare per davvero il vanto del paese, e perché no, anche un aiuto economico.

Dove ci hanno creduto ci sono riusciti. Perché non provare? Cosa ci vuole? La Regione? Ma allora non ci siamo capiti? Siamo peggio di bambini distratti. “Quelli” devono far parte del progetto solo per la parte che li riguarda: continuità territoriale a basso costo per rendere concorrenziale l’idea, manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade locali, basso costo energetico perché non è solo a metterle le pale eoliche, senza trarne profitto.

Questo devono fare “gli altri”, perché spetta loro per legge, a tutto il resto ci dobbiamo pensare noi altri, perché ne siamo capaci. Perché siamo balentes, e non perché pensiamo di esserlo, ma perché sono gli altri a dovercelo riconoscere laddove siamo messi alla prova.

Purtroppo per noi accade in casa d’altri, dove siamo dovuti andare a sudarci il pane, non a chiederlo come questuanti, come purtroppo siamo ancora costretti a farlo, per colpa nostra, da queste parti… Che non sia perché, purtroppo.. ancora NON SIAMO RIUSCITI A FARLO ?