Da sempre sono fortemente contrario all’eccessiva presenza sul nostro territorio di servitù militari. Una presenza particolarmente ingombrante, e che in tempi di terre aride e poco produttive ci venne imposta facendoci credere che “la presenza dei militari dovesse essere vista come un’opportunità”.

Probabilmente per alcune porzioni di territorio lo è anche stato, soprattutto in riferimento a quelle zone che ad oggi sono ancora particolarmente isolate, sia dal punto di vista dei trasporti che delle comunicazioni.

Negli ultimi anni sembra esserci stato il risveglio delle coscienze, e sono riaffiorati gli antichi sentimenti di cacciata dello straniero invasore ed oppressore.

L’onda emotiva, creata dai vari movimenti spontanei che si sono formati nel tempo, è stata fortemente cavalcata da movimenti politici e da qualche singolo personaggio in cerca d’autore, o meglio di visibilità, fino a crearne dei veri e propri manifesti di stampo indipendentista.

E’ oramai cosa certa che nel 2016 una così alta percentuale di territorio deturpato da esercitazioni militari a fuoco risulti essere anacronistico e che sia giunto il tempo di restituire vaste porzioni di veri e propri paradisi naturali alla fruizione delle genti, sia essa ludica che lavorativa.

Ma la fruizione post servitù è l’annosa questione. Non possiamo dimenticare che storicamente noi Sardi siamo sempre stati incapaci di svolgere un adeguato lavoro di programmazione, e difronte agli annunciati disastri che ne conseguono, cerchiamo sempre di dare la colpa a fattori esterni.

La Maddalena, ci insegna tanto. Dopo essere riusciti nell’intento di cacciare gli odiati americani, in nome di uno sviluppo turistico negato ci si è resi conto che tutti i sogni di gloria si sono infranti contro il muro della realtà. Una realtà fatta di investitori che non hanno investito e di sultani che non hanno mostrato interesse alla cosa.

E allora ci si è nuovamente adagiati, come messicani all’ora della siesta, ad attendere la manna dal cielo. Fortunatamente ci si mise di mezzo un mancato G8 ed allora tale mancata opportunità è andata a nascondere l’inettitudine di chi non riesce a vedere ad un palmo dal proprio naso, trovando ancora una volta nello stato cattivo la colpa di tutti i nostri mali.

Ora è la volta di ampie aree che ricadono lungo bellissimi tratti di costa. Come è giusto che sia, devono ritornare a far parte del patrimonio della nostra Terra. Ma chi auspica la cacciata degli oppressori, ha anche un piano concreto che riguardi il futuro di quelle aree?

Che tipo di sviluppo turistico ed economico porterebbe a chi in quelle terre vorrebbe veder crescere i propri figli? Oppure, ancora una volta, vogliamo assistere impassibili ella triste chiusura delle saracinesche di esercizi ed attività commerciali che negli anni sono riuscite a sopravvivere?

Liberare i territori non deve significare solo ed esclusivamente speculazione, soprattutto edilizia. Liberare i territori deve significare una vera e propria rinascita della nostra economia.

Ecco perchè la Regione dovrebbe impegnarsi in prima linea alla rinegoziazione delle servitù, ma solo in caso di presentazione di progetti concreti realizzati dagli Enti Locali che riguardino la rinascita di quei territori. Non basta riempirsi la bocca di belle parole, solo perchè attualmente i vari NoBasi sono un consistente bacino di voti, occorre iniziare ad intraprendere azioni concrete di sviluppo.

A breve ci sarà un piccolo banco di prova. L’Omodeo è stato finalmente liberato dalla presenza ingombrante di un poligono di tiro. I sindaci dei comuni circostanti hanno combattuto e vinto una lunga battaglia in nome di un tanto atteso sviluppo turistico economico delle rive del bacino.

A questo punto sarebbe auspicabile che i vari comitati e le parti politiche interessate, non appena cesserà la sbornia dei festeggiamenti si facessero anche portavoce verso la collettività delle azioni che verranno intraprese dalle comunità che fino ad oggi si erano viste tarpare le ali, e se nel concreto verranno intraprese azioni concrete di salvaguardia ambientale.

Contrario alle basi, ma anche al cemento selvaggio, ai cumuli di spazzatura ed alle serrande abbassate.