Ieri è stata una bella giornata per chi crede in un futuro nuovo per la Sardegna.

Progetto Autodeterminatzione ha dato un volto, un cuore e un’anima ai tanti che nutrono speranza in un processo che vuole mettere al centro della politica la vita dei cittadini, i loro desideri, i loro problemi.

Ieri abbiamo dimostrato che non siamo insaccatori di nuvole, popolari solo sui social network (e dunque nel mondo “virtuale”) ma portabandiera delle speranze di un popolo numeroso, consapevole, entusiasta, motivato.

Questa novità, questa speranza, questa prova di unità, questa visione, questa organizzazione, questa capacità di mobilitazione, iniziano a fare paura.

Prima eravamo ignorati, poi solo denigrati.

Ora c’è di più. Siamo temuti. Anzitutto da chi deve difendere la sua posizione.

È tutto un fiorire di appelli al voto “utile” (“siamo troppi pochi, in Sardegna, non potranno incidere neanche se prenderanno un buon risultato”) o addirittura all’astensione (“la legge non consente la possibilità di elezione a chi si presenta solo i Sardegna”) e così via disinformando.

Ma di cosa hanno davvero paura, questi signori?

Anzitutto del fatto che, per a prima volta, parta anche in Sardegna un processo come quelli corso e catalano. Cioè, che il popolo si riunisca attorno alla bandiera di una nazione senza Stato che non pretende altro che di poter incidere sulle scelte politiche, sociali e culturali che la riguardano. Se ciò accadesse davvero, verrebbero meno gli spazi che alcuni personaggi si sono ritagliati nel marginale sostegno a questa o quella forza italiana. Sostegno marginale spesso ripagato in favori personali per pochi e di nessuna utilità per la comunità. Del resto la situazione in cui la Sardegna si trova è là a dimostrarcelo.

Questi signori sono spaventati dalla mobilitazione che si respira e provano disperatamente – come fece Craxi in occasione del referendum in cui invitava gli italiani ad andare al mare – a scongiurare un successo elettorale di Progetto AutodetermiNatzione.

Non hanno forse capito che per nessuno dei partecipanti a questo processo la finalità è “eleggere” o “non eleggere”. L’obiettivo è iniziare a dire che il voto dei sardi è INDISPONIBILE per i partiti italiani e per le loro stampelle sarde.

Lo sappiamo, che avete paura. Lo sappiamo che un successo elettorale vi condannerebbe alla fine dei vostri piccoli potentati locali nelle ASL, nelle agenzie, negli assessorati. Umanamente capiamo il vostro dramma.

Ma la Sardegna non può più stare appresso alle vostre piccole storie, ai vostri interessi minimi, alla vostra pervicace voglia di restare a galla, contro ogni coerenza.

Il treno dell’Autodeterminatzione è partito. E voi non potete più fermarlo.