Il risultato delle elezioni del 4 marzo non ha insegnato niente, né poteva farlo.
Non è tempo di analisi serie o di visioni di prospettiva.
È più il momento delle emozioni, delle tattiche, del piccolo recinto.
E quando a prevalere sono i particolarismi e il risultato contingente, giocoforza, sono assenti le analisi fattuali e le prospettive costruite su una visione “esigibile” e duratura del futuro.
Prendete la legge urbanistica.
Erriu e Pigliaru, imprigionati dalla visione “noi siamo bravi ma gli elettori sardi non ci capiscono”, la riprendono con suicida testardaggine, fossilizzandosi sull’assioma (mai dimostrato) posti letto-turismo-economia virtuosa e condizionando, indirizzandolo, così il dibattito.
Soru aggiunge poco, se non confusione. Un buffetto ai suoi nemici interni al Pd, un segnale ammiccante al mondo ambientalista che lo sostenne e un messaggio che in fondo poco s differenzia dall’assioma di cui sopra.
Il centrodestra, inutile dirlo, si costerna, si indigna, si impegna, ma poi è sulle medesime posizioni ideologiche di Erriu e Pigliaru. E, se potesse, metterebbe i suoi voti consiliari a disposizione.
Persino Mario Puddu, che da due mesi corre da candidato presidente della Regione per i Cinque Stelle, non aggiunge una nuova prospettiva al dibattito in corso, limitandosi a dire il contrario dei suoi avversari. Ma senza il necessario approfondimento nel merito.
Una visione che non sia ideologica e che non strizzi l’occhio a questa o quella emozione.
E la nostra posizione? Io non so quale sia, nello specifico, quella di Progetto Autodeterminatzione, visto che ancora non se n’è parlato.
Posso provare, però, a dire qual è la mia.
La legge urbanistica – la proposta in campo, targata Erriu-Pigliaru – continua a essere un provvedimento disarticolato dal resto delle politiche regionali. Questo è il principale dei problemi.
Un insieme di disposizioni ad hoc che si nascondono dietro il mantra dello sviluppo economico legato al turismo.
Ma con quali mezzi devono arrivare, questi turisti? Con l’attuale “offerta” di aerei e navi?
Cosa devono mangiare e bere?
Quale personale, con quali garanzie, diritti e formazione deve lavorare in quelle strutture?
Quali aziende edili e con quale tasso di innovazione e modernità devono realizzare quegli interventi?
Quanti depuratori sono funzionanti sulle coste?
Chi raccoglierà e smaltirà (e in quale maniera) i rifiuti prodotti dalle migliaia di persone che si pensa di attirare nei nuovi insediamenti?
Perché si parte dal cemento? Perché si parte, cioè, dal tetto dei soldi facili e non dalle fondamenta di un modello di sviluppo compatibile?
Perché nessuno risponde al fatto che esistono – ancora – articoli che sembrano pensati su misura in funzione del Qatar?
E quello stesso qualcuno si è accorto che – mentre si pianificano (si fa per dire) – nuove centinaia di migliaia di metri cubi ci sono organismi dello Stato che bocciano persino la collocazione – per i mesi estivi – di un battello/ristorante in stile vittoriano lungo il fiume Temo a Bosa?
In questi mesi sarebbero stati necessari dibattito, confronto e assemblee aperte.
Non sulla posizione ideologica “cemento sì, cemento no”, quanto sulla costruzione di una idea integrata di Sardegna, in cui eventualmente inserire anche la misura urbanistica. Parallelamente – insieme, dunque – a una idea nuova di trasporti, modello di sviluppo, agroalimentare, beni archeologici e culturali, mercato del lavoro, impatto sui servizi e sulle strade, sostenibilità ambientale.
Nel tempo della vacuità, delle emozioni volatili e degli interessi di pochi è forse utopia pensare a un po’ di serietà.
O forse non dobbiamo stancarci di pensare a una rivoluzione culturale da vivere come una lunga e non facile maratona.
L’approccio che propongo qua è esso stesso invito all’autodeterminazione, alla scelta consapevole del proprio futuro, senza delegare a modelli vuoti e importati da altri. Persone che non dovranno convivere per 365 giorni all’anno con certe scelte.
Mi pare di capire che sia un approccio non molto di moda, in un tempo in cui nuovi giacobini e vecchi furbi conservatori sembrano dividersi i favori delle masse e gli spazi sui mezzi di informazione.
Ma questa è la condanna delle persone serie: essere fuori moda e vedersi poi dare ragione dopo anni.
Cercare di dare risposte alle tante domande poste è il programma, la linea politica che dobbiamo seguire se veramente vogliamo arrivare all’Autodeterminazione
Aggiungo solo che una legge che si autodefinisce “governo del territorio” cita di default 17 volte il “rischio idrogeologico” (senza peraltro indicare soluzioni pianificatorie che lo evitino) ma non cita neanche una volta il “rischio incendi”, considerandolo un problema emergenziale e non – come deve essere – un problema di pianificazione del territorio e di autoprotezione da parte delle comunità insediate. Segno che non c’è altro pensiero che il rilancio del “piano-casa” sotto non tanto mentite spoglie. Una legge sul governo del territorio non può non dettare norme di autoprotezione per tutte le forme di rischio e non delegare la soluzione emergenziale al Canadair o alla poderosa macchina da guerra dell’antincendio.Una legge che sia preceduta dalla piena attuazione del P.P.R. anche nelle zone interne e che introduca il concetto della “prevenzione civile” senza dover ricorrere alla protezione altrui nell’emergenza. Autodeterminatzione anche per questo.
Nel Mediterraneo sono le catene alberghiere e gli operatori turistici a fare il turismo, non gli enti pubblici, che possono accompagnarne lo sviluppo, e, nel nostro caso, arginarne lo sviluppo. E’ un caso che in Sardegna l’afflusso turistico sia quasi esclusivamente legato alle zone che hanno creato strutture turistiche di livello prima dell’avvento dei vostri amatissimi vincoli urbanistici? A mio avviso non è un caso, mentre è una responsabilità politica quella di ostacolare le zone che ancora non hanno fatto altrettanto, e anche le prime ad aggiornare la propria offerta. Poi se non si ritiene che il turismo debba occupare un ruolo più importante nella nostra economia si può dire di tutto, basta esserne coscienti, e non lamentarsi della miseria quando la si promuove fattivamente.
È assolutamente corretto affermare che gli enti pubblici non creano l’offerta turistica ne tanto meno la domanda di lavoro in generale e quella nel settore turistico in particolare.
Non sono invece d’accordo sulla previsione che saranno le catene alberghiere in futuro a creare in prevalenza quell’offerta e quella domanda, anche in Sardegna.
Lo sguardo è su player del tutto nuovi che entrano in competizione con quelli tradizionali (catene alberghiere) destinati a subire nuova e forte concorrenza: vettori aerei (Ryanair lo ha annunciato), piattaforme per il booking online di case, hotel, auto, aerei e così via mirano sempre più ad ampliare il proprio mercato, integrando la propria offerta a monte e a valle della propria filiera.
E noi in Sardegna che facciamo?
Continuiamo ad isolarci tornando al monopolio di Alitalia nei cieli e Tirrenia (o Moby) nei mari per pochi e costosi collegamenti con la sola Italia!
Si può essere sicuri di poche cose nella vita, ma possiamo essere certi che:
-le catene alberghiere e con loro nuovo cemento non saranno in grado da sole di essere competitive nel mercato turistico (la risposta “cemento” è sicuramente perdente)
-l’isolamento perseguito consapevolmente da coloro che ci hanno governato fino ad oggi non consentirà mai alla nostra offerta turistica tutta (quella di oggi così come quella di domani) di svilupparsi e essere competitiva, creando nuova e vera domanda di lavoro, nonché molte opportunita’ di impresa e di creazione di valore da parte dei Sardi stessi
-burocrazia (ad esempio nuove autorizzazioni, registri e così via), tasse (incluse quelle assurde di soggiorno) e INPS (contributi pazzeschi su redditi presunti!), insieme all’assenza o scarsita’ di infrastrutture interne e di azioni di marketing a livello regionale (dalla comunicazione, all’offerta di ticket unici per l’accesso a musei, siti in tutta l’Isola, e così via) sono i punti che il soggetto pubblico deve aggredire, pena il penoso declino in cui da sempre ci troviamo e l’arrivo continuo di prenditori, squali e speculatori
Saluti
La cosa triste e’ che nessun ingegnere parla di irbanistica, come se fosse una materia che non e’ fondata su lresupposti tecnici… e geologi? E agronomi? E storici? Vogliamo continuare con fesserie come i beni identitari… che nessuno ha capito quali sono?
Grazie della risposta Vale, io mi riferisco a zone totalmente prive di strutture turistiche a ridosso del mare, come la Costa Ovest fino ad Alghero, che piaccia o meno io non credo proprio che si possa fare a meno di strutture turistiche di un certo livello, sono posti letto, e per forza di cose implicano l’uso del cemento e di strumenti urbanistici che ne permettano lo sviluppo. Gli alberghi di livello non bastano da soli a promuovere il territorio ma sono comunque necessari, e a quelli si possono affiancare strutture più piccole alla portata degli imprenditori sardi. Il settore pubblico dovrebbe fare sì che lo sviluppo turistico sia fatto in armonia con l’ambiente e i canoni architettonici desiderati, gli attuali vincoli non permettono affatto questo sviluppo. In Sardegna il turismo è a macchia di leopardo, ha zone turistiche importanti e altre che non sono affatto utilizzate. Basta vedere Funtanazza o l’albergo di Su Pallosu, e tanti progetti mai realizzati come la lottizzazione di Mari Ermi, e tutto perché il vincolo totale o la quasi pura conservazione hanno mantenuto la Costa Ovest allo stato di 20 anni fa, e con pochissimi turisti. L’Ogliastra è cresciuta col Telis e il resto, Dorgali con i F.lli Loi e altri attori (Tutti precedenti al PPR). Non è che sia un caso lo sviluppo di quella Costa rispetto alla nostra e il loro afflusso turistico, hanno fatto migliaia di posti letto sul mare e li hanno riempiti. Può non piacere quel turismo ma da lavoro a tantissime persone. Io poi preferisco la Costa Smeralda, e anche quella è nata prima dei vincoli. Per me gli squali servono, hanno il loro ruolo nell’ecosistema 😉 Saluti.
Gentile Corrado, ciò che scrivi ha ovviamente senso e su certi aspetti (indirizzi achitettonici, strutture turistiche che hanno creato grande valore) mi trovi d’accordo.
Se posso però permettermi ancora però, direi che il tuo ragionamento pecca (mio personale parere) su almeno due importanti punti:
1. siamo un’isola e a nuoto i turisti non arrivano. Siamo oggi ISOLATI (ciò è il risultato perseguito e voluto da chi ci ha governato fino ad ora): pochi e costosi collegamenti con la sola Italia, sia via mare che cielo in mano (di fatto un monopolio) ad aziende che aziende non sono (sono lì grazie alla politica e non al mercato), con la conseguenza che scaricano sui clienti o (ancora peggio) sui contribuenti, tutte le loro inefficienze. Se non risolviamo questo problema a monte qualsiasi nuova impresa turistica (di qualunque tipo), così come quelle esistenti, non sarà in grado di competere e creare valore sia per l’imprenditore che per la comunità in cui opera.
2. certamente il passato deve essere sempre preso in adeguata considerazione, ma immaginare che il mercato turistico nei prossimi 20-30 anni sarà uguale a quello che abbiamo conosciuto fino ad ora e assecondare quel modello, senza aprire gli occhi e guardarci intorno (ce ne sono di novità!), sarebbe quantomeno miope, se non sicuramente un grandissimo errore!
Riguardo agli squali, così come ai prenditori e speculatori, facevo riferimento a quei figuri che da sempre arrivano in Sardegna a braccetto dei nostri politicotti, vagheggiando investimenti (a posteriori sempre tutto pagato con soldi pubblici) e ovviamente le immancabili “buste paga” e l’altrettanto immancabile (e mai meglio precisato e calcolato) “indotto”. Questi figuri sono creati dalla politica e semplicemente qualsiasi Sarda e Sardo che ha a cuore il futuro della propria isola dovrebbe “buttarli al mare” insieme agli squali veri 🙂
Saluti
Gentile Vale 😉 Perché isolati? Certo vorremmo molti più collegamenti ma se nota con l’incremento turistico negli ultimi anni è anche aumentato il numero di rotte e passeggeri, e in buona parte anche grazie all’estero. Le compagnie fanno i loro interessi e vogliono volare piene e guadagnare chiaramente. Anche i voli rispondono alle leggi del mercato, se ci sono persone attratte dalle nostre destinazioni i voli si adeguano. Il discorso sui prezzi e il resto è abbastanza lungo, anche nell’addentrarsi nelle giuste critiche al ruolo del settore pubblico, che pesa molto nelle scelte. Navi ed aerei sono anche in parte diversi come mercati e soprattutto come offerta. Sui prezzi dei collegamenti ad esempio pesa molto il portafoglio del turista, per questo è necessario non avere solo un turismo classico, ma anche quello più lussuoso. Sul punto due direi che il turismo come ogni mercato evolve di continuo, i posti letto restano comunque una necessità. E’ diventato molto più difficoltoso per le strutture alberghiere piccole, che stanno venendo soppiantate per vari motivi dall’extra-alberghiero, perché ormai in albergo ci si aspetta una gamma di servizi che vecchie strutture non hanno, piscine, spa etc.. Però non è che uno sguardo al futuro debba limitare il presente, se hai tanti operatori e capitalizzazione l’offerta saprà e dovrà adeguarsi ad ogni evoluzione del mercato.
Gentile Corrado
ringrazio per la tua ulteriore attenzione.
Non condivido molto di quello che scrivi (il mercato dei servizi di trasporto da e per la Sardegna non risponde di certo alle leggi di mercato …. altrimenti concorderai con me che non avremmo sicuramente Alitalia e Tirrenia!) ma apprezzo molto i toni e anche in un certo modo le idee che ti muovono.
Quando avrai una tua impresa con clienti che devono viaggiare da e per la Sardegna, con i tuoi dipendenti e collaboratori che devono fare altrettanto, così come i tuoi fornitori (per non parlare di chi esporta beni o ne importa dall’esterno) allora forse riconoscerai che le imperfezioni sono troppe per poter affermare quanto scrivi.
Siamo meno del 3% della popolazione totale e i nostri interessi tra quelli dello stato italiano valgono esattamente quello: meno del 3%. È tempo di ritirare la delega ai partiti italiani che hanno altri interessi, certamente diversi e molto spesso contrari ai nostri.
Saluti