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È stato uno dei Maestri più acuti, bandiera nitida della lingua nativa e dell’identità sarda. Il suo ricordo non sfiorisce con il tempo, malgrado siano trascorsi 35 anni dalla sua morte. Quest’uomo virtuoso si chiamava Antonio Sanna, professore di Linguistica sarda a Cagliari, che ha detto addio al sole e alla luna quand’era ancora
nella miglior fioritura del suo lavoro.

Antonio nacque a Bonorva il 28 dicembre 1918. Finito il liceo a Sassari, si iscrisse all’università ma fu presto chiamato al servizio militare: carriera interrotta. Tre anni dopo la sorte lo condannò a sacrifici ancora più dolorosi. Nel 1940 l’Italia decise di entrare in guerra. Mussolini credeva di trionfare, con Hitler. Antonio era in Africa e in quel fronte cadde prigioniero degli Inglesi. Una prigionia lunga, la sua: sradicato in India per sei anni, 1940-1946. Al rientro in Sardegna, tornò all’università per laurearsi.

Docente di Linguistica sarda all’inizio, negli ultimi anni anche di Filologia romanza, è stato un professore amato e molto stimato dai colleghi e dagli studenti per oltre 25 anni. Una malattia senza rimedio gli infranse la vita anzitempo, il 7 dicembre 1981. Non aveva ancora compiuto 63 anni.

Come docente, Antonio Sanna aveva il dono di rendere semplici le cose complicate. La chiarezza delle sue lezioni custodiva la linfa naturale nella passione per il lavoro. Come persona Antonio era un amico sincero e dal cuore tenero: capiva il dolore degli altri per averne provato uno terribile sulla sua pelle: la morte della prima moglie poco tempo dopo il matrimonio. Ma capiva anche la gente in festa, in paesi e città.

E proprio a una festa nel suo paese, il 12 settembre 1975 per Maria Bambina, ritorna ora il nostro ricordo di Antonio e di altri tre amici di primo livello che non sono più qui: Angelo Dettori, Remundu Piras e Peppe Sozu.

Presidente della festa era il povero Peppino, ultimogenito di Peppe, il grande poeta bonorvese.

Aveva inserito nel programma un concorso di nuove leve di poeti orali: poca qualità, la giuria non era contenta. Remundu Piras, partendo dalla morte violenta di Paolo Mossa, aveva improvvisato quattro versi per i poeti delle nuove leve, cantori scadenti, e li aveva scritti su un foglietto: “Se prima a chi aveva buone doti/ facevano regali sgraditi/ dovrebbero ora gettare da una rupe le schiappe/ come hanno fatto precipitare i buoni”.

Li avevamo letti, sorridendone a fior di labbra. Allora Antonio aveva improvvisato un sonetto sulla cattiva vena degli estemporanei citando un altro poeta sardo ucciso nel suo paese: Melchiorre Murenu di Macomer, cieco fin da bambino in conseguenza del vaiuolo, accostandolo a Mossa, suo compagno nella stessa sventura.

Questi i versi del professore: “A Bonorva hanno sparato sul buono/ perché dava fastidio all’orecchio:/ un altro buon poeta gli era figlio/ e Macomer lo ha buttato in un precipizio./ Era questa l’usanza del passato/ quando il latte aveva uno strato spesso/ e più ancora del buono era ricercato/ da tutti il migliore, con desiderio./ Ma ora che i buoni non ci sono più/ sarebbe ora che si imparasse/ l’uso necessario del fuoco e della spada/ iniziando a gettare i cattivi in un burrone/ o a premiarli con una fucilata/ così smetteranno per sempre di cantare.

Fuori dall’università, Antonio Sanna ha il merito chiaro di aver fatto crescere il Premio di poesia di Ozieri, fondato da Tonino Ledda nel 1956 e presieduto all’inizio da Cicitu Màsala, altro padre nobile della nostra letteratura. Nel ventennio della sua presidenza il sogno di Tonino Ledda si è trasformato in realtà. La poesia sarda di meditazione è migliorata molto nella qualità confrontandosi con la poesia di altre terre. Un altro campo in cui Antonio si è distinto è quello della difesa che diremmo “politica” della nostra lingua quando, con un altro Maestro gentile, Giovanni Lilliu, negli anni Settanta preside di Facoltà, ha guidato l’associazione per la tutela della lingua sarda.

Un terzo sentiero luminoso dell’attività di Antonio è stato l’utilizzo della radio: in quegli anni la Rai gli ha affidato programmi seri e lui li ha arricchiti nel migliore dei modi con l’idea giusta e voce adatta alla radiofonia. Su internet la Rai e la Regione hanno sistemato molte di quelle perle: oggi si ritrovano nel sito Digital Library.

Ma ora sarebbe tempo di ristampare la sua opera più nota, “Introduzione agli studi di linguistica sarda”. Nonostante abbia quasi sessant’anni, quel lavoro può essere ancora uno strumento di conoscenza per i giovani.