L’altra sera sono andato alla presentazione di un libro assai piacevole: SENTIERI.

L’autore è Matteo Cara, un giovane nuorese che sembrerebbe avere un’arte in ogni dito della mano. Da subito, dall’introduzione, si vede che è un lavoro “di cuore”, perché è “il cuore” che compare a ogni passo di parole. Alla presentazione c’era molta gente, di ogni specie, giovani e anziani.

Tutti soddisfatti per il fatto di essere presenti. Matteo, quando è venuto il turno del suo intervento,ha fatto presente che il suo libro era nato con l’intento di avvicinare lettori alla scoperta di 14 sentieri del Supramonte, segnalati, documentati e “raccontati” dallo stesso autore.

Documentati con garbo e raccontati con passione. Quanto ne deriva è che il racconto ha lo stesso valore della documentazione scientifica e fotografica dei luoghi, che sono d’incanto. Per come la pensa l’autore, e c’è da credergli, colui che vorrebbe idealmente andargli appresso, alla scoperta dei sentieri nascosti, non deve solo guardare ma soprattutto ascoltare, con orecchie interessate e curiose.

Secondo lui il luoghi del Supramonte hanno desiderio e bisogno di essere “ascoltati”. Hanno bisogno e desiderio di raccontare, racconti nascosti, che vogliono emergere dal silenzio per riempire il cuore di colui che riesce ad ascoltarli. E quali dovrebbero essere questi luoghi-racconti che meritano di essere ascoltati prima di essere visti. Presto detto.

I racconti dei tanti tempi passati narrati dai pastori, veri padroni dei luoghi. I suoni muti e indescrivibili dei boschi e dei pianori d’altura. Il lamento del vento, a volte soave e a volte impetuoso, che scivola in mezzo alle fronde. Il canto degli uccelli. Il belare delle greggi vaganti in quelle vastità deserte. Il rumore dei tuoni che in quei luoghi “distanti” fa più spavento di altrove perché ti fa provare lo stesso spavento che contorceva le viscere dei nuraghesos. Per concludere, il meglio, il cercare di ascoltare il rumore del silenzio di quei luoghi, che ti appresti a profanare, che talvolta diventa assordante, nonostante possa sembrare che non sia vero.

Queste le cose che ha detto Matteo, queste ed altre ancora, una per una, e la gente ad ascoltarlo, incantata, a bocca aperta. “Quando andate in quei luoghi, rispettateli, lasciateli come li trovate, non portate via niente e non aggiungete una spilla, un segnale, nulla!.. Considerate che quel luogo è un incanto, e che c’è qui soltanto.. Quando siamo in quei luoghi ci siamo perché abbiamo fortemente desiderato di esserci.. E se ci siamo è perché abbiamo bisogno di allontanarci dai pensieri quotidiani della nostra esistenza, e se ci andiamo col cuore desideroso di trovare quella pace interiore, è possibile che ci riusciamo”..

E tutti a battere le mani e a urlare “bravo” per merito di queste parole estremamente sagge, dette da un ragazzo.. Ora che tutto questo vociare è svanito, perché appartiene all’altra sera, mi ritorna il ricordo dei pensieri che sfilacciavo la sera stessa, nel mentre che ascoltavo.

E cominciano a tormentarmi un’infinità di domande, una appresso alle altre. Come sarebbe a dire di lasciare le cose di quei luoghi così come sono, senza apportare modifiche? Perché non si dovrebbero “migliorare”? Ma idealmente non è come cristallizzare il tempo ricacciandolo nelle sofferenze passate? Ma come si fa ad andare appresso a sensazioni scomparse dal nostro vivere quotidiano? Non equivale a fare la finta? Che senso ha provare effimere emozioni della durata di un attimo soltanto per poi ripiombare nelle angosce di ogni giorno?

E’ un mondo perso, scomparso, sembrerebbe quasi una sorta di folklore! Pare chiaro che sto facendo riferimento a frasi sentite in altre circostanze in merito a situazioni che mi stanno a cuore, e che sono domande che mai avrò il coraggio di rivolgere a qualcuno perché me ne vergogno.

Continuiamo però a percorrere il tratturo del racconto che stiamo esaminando, proponendo ancora domande. Ma se in quei sentieri ce ne fosse uno più sconnesso degli altri, pericoloso, perché non porvi rimedio? Ne guadagnano il passo, la sicurezza e se cado non mi faccio male. Ma se per poter ammirare il prodigio dell’antico ginepro, che per sopravvivere ha spaccato una roccia, ci posso arrivare in auto, perché dovrei farlo a piedi con fatica, soffrendo sia il caldo che il freddo? Come potete vedere altre domande scellerate…

Eppure sono domande che mi servono, perché le ho sentite altrove, non di certo in occasione di discussioni che hanno a che fare col rispetto per l’ambiente. Altre volte sì che rispetto per l’ambiente non ce n’era, massacrato com’era, in ogni maniera. Alberi secolari trasformati in cenere e carbone perché ai proprietari terrieri conveniva di più rispetto al pascolo. Adesso, ad eccezione dei piromani che continuano a seminare danno, a quello che dell’ambiente è rimasto stiamo cercando di porre rimedio riportandolo a “quello che era conosciuto”.

E quindi, stando così le cose, voglio dimostrarvi come i conti non tornano perché ho l’impressione che ci siano figli e figliastri. Chiaro che il riferimento rappresenta una metafora ma, state attenti, perchè i conti non tornano per davvero. Ambiente, Feste ed Tradizioni. Mi sapete dire perché all’ambiente, una volta passato lo spavento dei tempi passati, attualmente vengano riservate attenzioni e alle feste e tradizioni assolutamente no?

Perché per le tradizioni “il grande spavento” ancora non c’è stato? Vattel’a pescà! Per quale motivo tutti coloro che si ritengono ambientalisti finiscono col vantarsi se riescono a salvare un luogo incontaminato, e, invece, coloro che “pensano di essere amanti delle tradizioni popolari” non provano nemmeno a salvare l’originalità delle loro usanze? Perché dove passano costoro finiscono col fare danno? Nell’altro fronte tutti d’accordo, all’unisono, se qualcosa da salvare.. in quest’altro ciascuno che pensa e agisce a modo suo, senza usare il minimo rispetto nei confronti di quanto apparteneva ai propri avi.

Gli ambientalisti escono di casa per cercare un rifugio temporaneo fuori dalla vita di ogni giorno, e lo trovano fra i profumi dei luoghi nascosti, segreti, incantati, diventando un tutt’uno. Escono dal mondo per ritornarci dopo aver mietuto piaceri a piene mani. Gli altri, invece, fanno ingresso nelle usanze con prepotenza, trascinandosi il mondo appresso, mischiando il vecchio con il nuovo, per essere più autentico e vivo. Questo sta accadendo, anche se potrebbe sembrare il contrario.

Di questa modo stiamo scoprendo “un’anima che rispetta” in casa ambientalista e “figuranti senza anima” in casa della tradizione. Avrete capito che non ne posso più e che non ho più voglia di stare in silenzio, soprattutto perché avvocati in difesa di questa causa che sembra persa non ne vedo.

Nemmeno dall’ISRE, che dovrebbe farlo per dovere istituzionale, sento provenire voci a favore delle ragioni che sto cercando di mandare avanti da sempre. Cosa potrebbe voler dire? Che sto acchiappando mosche? Che sarebbe preferibile che mi stia zitto?

Ditemelo voi, considerate però che è ormai da una vita che amo tutto quello che sa di antico e che i miei avi me li sento accanto, e sono loro a dirmi di non smettere. La presentazione dell’altra sera mi ha dato da pensare, e io ci sto pensando, e sono pure cocciuto…