Questo turno elettorale rafforza un trend: la sinistra novecentesca (movimento operaio, PCI, statuto del lavoratori e sistema tradizionale del welfare) è esaurita, schiantata, morta e sepolta. Non c’è la domanda si direbbe in economia.
Le persone non sono interessate, non la votano, non la vogliono. Ciascuno può proporre la propria analisi, io ho la mia. Ma occorre tenere conto della realtà. Si conferma un dato storico ciclico: la sinistra storicamente cresce in concomitanza con la crescita dell’economia, il calo delle tensioni sociali, i grandi movimenti per i diritti civili, nei momenti di profonda crisi economica, politica ed istituzionale la via d’uscita è sempre in fondo a destra.
Non è giusto ne’ sbagliato. È la realtà. E con la realtà, se vogliamo cambiarla, occorre fare i conti senza nascondersi. La proposta politica della sinistra non è attraente. Gli italiani vogliono meno tasse e meno stato sociale, durezza e indisponibilità con i migranti, sono indifferenti al tema dell’antifascismo.
Preferiscono un ceto politico sprovveduto ma low cost, ad uno detentore di privilegi sebbene esperto. Non ritengono più attuale la dialettica tra azienda e lavoratori. Chi “da’ lavoro” è un benefattore. Chi lavora prende il salario e ringrazia.
Lo sfruttamento in chiave Marxista dunque non esiste. La colpa del declino del Paese è “dei politici, dei partiti e dei sindacati”; imprese e cittadini non hanno colpe e sono stati vessati “dal sistema”. Io sento e leggo queste cose e, pur non d’accordo, ne prendo atto.
*avvocato, ex parlamentare
Il reddito di cittadinanza è di destra, allora?
Ad essere finiti sono i vecchi concetti di destra e sinistra, di liberismo (dal 2008 almeno) e di keynesismo (dagli anni 70), del fascismo e del comunismo.
Si ragiona con gli schemi del millennio scorso
Bè, riguardo ai sindacalisti con contrivuti figurativi e superpensioni d’oro e politici con 3 o 4 vitalizi come non essere disgustati dalla sinistra italiana?
Io trovo questo discorso irricevibile. Ivan dice che rifarsi a destra e sinistra significhi ragionare con gli schemi del millennio scorso. Il retroterra di questo discorso è che “tutto” è cambiato. Allora io mi chiedo: sono cambiati anche gli uomini e le donne? Le loro esigenze di dignità, di rispetto, di diritti, di riconoscimento sociale sono un fatto del millennio scorso o permangono intatte anche nel XXI secolo? I lavoratori morti sul lavoro appartengono ad una messinscena post-moderna, ad uno dei tanti reality televisivi, o fanno parte della dura realtà quotidiana? Nel nuovo secolo non sono più necessari tutele e controlli nei luoghi di lavoro? Siamo davvero sicuri che lo stato sociale keynesiano sia finito, in un’epoca dove ci sono solo lavori precari e chi lavora non è destinato, da anziano e da vecchio, a fare affidamento su una pensione degna di questo nome? Davvero l’idea di giustizia è inutile in un mondo dove le disuguaglianze aumentano e dove pochi uomini detengono una ricchezza privata pari a quella di interi paesi? E’, invece, solo il razzismo autorizzato ad entrare nel nuovo millennio sulla scia degli sbarchi con i gommoni?