I maestri della tattica politica hanno riconosciuto nella mozione di censura all’assessore alla Sanità Luigi Arru, illustrata in Consiglio regionale dal capogruppo del PdS Gianfranco Congiu, un’ottima mossa.
A cinque mesi dalle elezioni regionali di fine febbraio, salvo sorprese (altamente improbabili) sulla questione urbanistica, mentre la situazione dei vari poli continua a essere più che fluida e aperta a ogni possibile sviluppo, le truppe che fanno riferimento all’ex assessore Paolo Maninchedda, ben più numerose di quel che si creda, hanno segnato un punto.
Tanto che più di un osservatore ha notato il “soccorso” (e torra) arrivato dal centrodestra (che è uscito dall’Aula) a una maggioranza sempre più in difficoltà e il fatto che i fautori della Convergenza nazionale ora possano intestarsi il fatto di essere l’unica opposizione alla politica sanitaria di Pigliaru e alla riforma delle rete ospedaliera.
Un qualcosa che avrebbe dell’incredibile, se non ci trovassimo in un’epoca di informazione (e politica) liquida: il PdS per quattro anni ha sostenuto (con i voti in Consiglio, quel che conta davvero) – pur sapendo che alcune cose erano insostenibili – le riforme di Pigliaru e il suo atteggiamento acquiescente nei confronti dei governi Renzi-Gentiloni. Ma ora – dopo averlo già fatto sulle questioni relative ai fondi per la zootecnia – si colloca come sostanziale opposizione interna (e, a tratti, come unica opposizione pubblica, sui media), centrando l’obiettivo di attirare l’opinione pubblica poco interessata ad avere memoria e più sensibile alle questioni contingenti.
Come finirà? C’è chi dice che, questa volta, il riposizionamento di Paolo Maninchedda – che lui rivendica essere una coerenza rispetto alle idee, prima che alle alleanze contingenti – non andrà a buon fine e che il PdS resterà con il cerino in mano, trovando porte sprangate nel centrodestra e tiepidissimi riconoscimenti (non certo la candidatura alla Presidenza, né l’accoglimento delle più importanti istanze programmatiche) nel centrosinistra. A quel punto le alternative sarebbero pochissime: accettare un ruolo di secondo piano nell’attuale coalizione di riferimento (ipotesi altamente improbabile) o giocare il tutto per tutto come quarto (o quinto) Polo, con una forte impronta indipendentista e civica.
C’è però anche chi crede che invece potrebbero esserci sorprese positive, guardando con curiosità all’appuntamento di domenica ad Abbasanta: il fatto che già ventisei sindaci (Lula, Torpé, Lodé, Siniscola, Ottana, Villamassargia, Scano Montiferro, Siligo, Perfugas, Siamanna, Macomer, Santu Lussurgiu, Tortolì, Sedilo, Ussassai, Lanusei, Cardedu, Girasole, Villanova Monteleone, Mara, Romana, Talana, Abbasanta, Suni, Tresnuraghes e Villacidro) abbiano aderito all’invito e abbiano chiesto di prendere la parola alla convention è indice di attenzione per una proposta che, c’è da dire, fino a ora non è stata raccolta dai partiti a cui era stata ufficialmente lanciata.
E’ una partita decisiva, quella del PdS. Per la sua sopravvivenza e per la rideterminazione del quadro politico sardo.
Ho però l’impressione che la partita sanità, pur segnando un punto favorevole, sia stata giocata con colpevole ritardo.
Ai posteri (e agli elettori) l’ardua sentenza.
Maninchedda atzetat de intrare in coalitzione cun Zedda presidente, atzetende unu ribassu ma faghendelu colare pro rialtzu.