Da quattro anni l’agricoltura italiana attraversa un impercettibile fase di crescita.
Eppure in Sardegna – stante l’assenza di un piano organico capace di coinvolgere sinergicamente credito, formazione, infrastrutture, accompagnamento sui mercati e riconoscibilità dei prodotti, praticamente non ce ne accorgiamo.
Sono in tanti ad accorgersi c’è una generazione di giovani che sta vivendo – forse persino un po’ subendo – un cambiamento culturale in cui l’agricoltura diventa un futuro tra il possibile e il necessario.
Nei numeri la crescita del comparto è ancora modesta (+0,2% nel secondo trimestre 2017) ma è accompagnata da due fenomeni che fanno ben sperare per il futuro: la creazione di nuovi posti di lavoro e l’avvicinamento di molti giovani under 35 (+11%).
Davanti a questo trend positivo la domanda è: cosa fanno l’Italia è la Sardegna per difendere e sostenere la propria agricoltura e alleviarne i (tanti) problemi?
Un interessante studio di settore ci dice che il problema principale riguarda la tutela della riconoscibilità del mercato di provenienza.
La domanda di prodotti agricoli e agroalimentari italiani è in crescita all’estero, ma soffre terribilmente della concorrenza sleale di prodotti che imitano quelli prodotti lungo lo Stivale e nelle Isole.
Impressionanti i numeri: a fronte di un’esportazione complessiva di prodotti agroalimentari realmente italiani che si aggira attorno ai 20 miliardi di euro all’anno, il valore dei prodotti “italian sounding” venduti sui mercati esteri, ma di origine non italiana, è di 60 miliardi di euro cioè il triplo.
Emerge così che il danno causato dal dumping agroalimentare all’agricoltura italiana è enorme sia dal punto di vista economico sia dell’immagine perché in Italia vigono norme tra le più stringenti in materia alimentare, e il vero Italian Food garantisce una qualità sempre superiore rispetto ai prodotti di imitazione fabbricati all’estero.
La difesa del prodotto agroalimentare all’estero deve cominciare, dunque, dalle regole sull’etichettatura di provenienza e dalle strategie di promozione dell’Italian Food che devono puntare a creare identità territoriali riconosciute nel mondo e non disperdersi in mille rivoli.
Un problema centrale soprattutto da noi per la creazione di valore aggiunto, in un settore che deve diventare centrale nel rilancio dell’economia Sarda.
Il secondo problema è il controllo della filiera dei prodotti agroalimentari, che deve andare dal campo ai banchi dei supermercati.
Preoccupano molto da questo punto di vista la quasi totale mancanza di catene di distribuzione in mani italiane e le sempre più numerose acquisizioni di aziende agroalimentari italiane da parte di grandi gruppi stranieri, francesi e spagnoli in particolare.
Il rischio per l’Italia è di perdere il controllo sul proprio settore alimentare e di conseguenza anche agricolo.
E la piccola Sardegna, che speranza può avere in questo mercato di giganti, se non investe in analisi, futuro e sinergie?
La piccola Sardegna con le sue piccole ma straordinarie produzioni, dovrebbe investire sulla comunicazione internazionale (prendiamo a modello quello che fanno sui vari media Stati e per l’italia alcune regioni virtuose come il Trentino) e naturalmente, ESSENDO UN’ISOLA circondata dal mare, sui trasporti, infrastrutture, strutture ricettive, cultura (andiamo oltre il cliente agostiano italiano che ci vuole chiusi tutto l’anno tranne agosto quando prende le ferie) e reale fiscalità/burocrazia zero per le inziative imprenditoriali al di sotto di un certo giro d’affari (basta copiare i modelli che funzionano). Perché raccontiamo di una endless island se i trasporti da e per l’isola sono in mano a dei monopolisti che hanno tutto a cuore, tranne l’interesse dei sardi e delle imprese sarde e controllano e lucrano loro sì sul traffico da e per la Sardegna?
La Sardegna dovrebbe creare Consorzi di produzione e far riconoscere molte delle sue produzioni come Dop. Impensabile che vere e proprie eccellenze come Botariga, Pompia, Agrumi di Milis e Muravera, Carciofo Spinoso ecc non siano riconosciuti per la loro origine. Solo in questo modo il valore aggiunto potrà essere trasferito al produttore.
Nella Programmazione delle politiche europee 2014/2020 il punto centrale è stato quello della strategia sull’innovazione del settore agricolo, alimentare..”Europa 2020″: “Individuazione fabbisogni innovativi per il sistema, la ricerca, trasferimento delle conoscenze, garantendo interazione continua tra mondo della ricerca, consulenti, mondo delle imprese.” “Innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’ Europa.” Poi: Strumenti di Partenariati europei, con regolamenti per lo sviluppo rurale. Programma “Horizon 2020”: sicurezza alimentare, bioeconomia e agricoltura sostenibile.
Il Mipaaf dal 2012 ha iniziato un percorso con le Regioni (? NOI?) per definire una strategia per innovazione, ecc…Soggetti sono i Ministeri, Autorità di Gestione Regionali (Assessorato Agricoltura), imprese agricole associate o individuali, Enti di Ricerca, Miur,
“Gruppi Operativi” partenariati da istituire a livello regionale per lo sviluppo rurale.
E noi? Programmi e finanziamenti a noi sconosciuti…solo domande da compilare per avere dei finanziamenti per la sopravvivenza, nient’altro.
Mi aggiorno per parlare di “Concorrenza”, “Valore aggiunto”, “Tutela”, “Filiera”, sicuramente ne avremo occasione.
AUTODETERMINATZIONE
La Sardegna è capace, lo dimostrano le tante particolarità che vengono apprezzate ovunque grazie alla loro alta qualità. La bontà dei nostri prodotti parte dalla alta qualità delle materie prime grazie al generoso e salubre ambiente sul quale possiamo fare affidamento. Ma lo sappiamo bene tutti che il prodotto ha necessità di essere supportato da comunicazione e logistica perché possa giungere nelle tavole dei consumatori. La Sardegna ,anche grazie ad un numero sempre più crescente di visitatori nel periodo estivo ha sempre più visibilità e apprezzamento per i suoi manufatti artigianali e per il cibo. Le condizioni ci sono tutte per lo sviluppo dei prodotti alimentari e quanto meglio la Sardegna è riuscita a conservare nelle sue antiche tradizioni .ci sarebbe tanto da scrivere ma vorrei puntualizzare un aspetto che ritengo debba essere urgentemente riformato per dare aiuto alle aziende e sopratutto perché la smettano di essere una barriera per chi è capace di costruire ricchezza e inizino seriamente ad assumere le competenze e poter finalmente far parte di quella rete che è indispensabile per costruire una Sardegna autonoma e indipendente.QUESTA È LA BUROCRAZIA!
Ci sono due Sardegne agricole, quelle dei pastori e quelle degli allevatori, quelle cresciute sui soldi dei finanziamenti e quelle cresciute con la capacità imprenditoriale dell allevatore, finché ci saranno pastori non cresce remo mai, iniziamo ad essere allevatori ed imprenditori agricoli il resto verrebbe da se!
Priorità assoluta andrebbe data alla infrastrutturazione del territorio fertile con sistemi irrigui efficienti. Tutela dei territori montani e delle loro produzioni con provvedimenti finanziari specifici. Estendere la stagione turistica all’intero arco dell’anno valorizzando il nostro patrimonio culturale agganciandolo alle nostre riproduzioni. Un sistema di trasporti da e verso l’isola di tipo non monopolistico è fondamentale.
Ridare importanza alla rete ferroviaria e smetterla di consumare territorio agricolo ma, soprattutto paesagistico, con orrende distese di pale eoliche, tralicci e via dicendo. Per il resto credo si sia distrutto abbastanza in passato con iniziative pseudoindustriali nei luoghi più belli della nostra terra.
Grazie per la possibilità di esprimere un pensiero.