C’è un gruppo piuttosto consistente di persone che, con frequenza saltuaria, si trova a dover cenare insieme. Secondo una regola di civile convivenza, è anche stabilito che queste persone decidano a maggioranza dove andare e che la decisione adottata vincoli anche i dissenzienti.
Al momento di esprimere la preferenza, si capisce subito che vi sia una maggioranza che vedrebbe con piacere l’idea di andare a mangiare un gelato.
Dal tenore dei discorsi informali, infatti, sembra prevalere la voglia di qualcosa di fresco e meno pesante di quanto avvenuto in tutte le precedenti occasioni.
A un certo punto, però, prima che ognuno esprima pubblicamente la propria preferenza, iniziano i distinguo: qualcuno fa presente di amare più il pistacchio della crema, mentre altri sostengono di essere stati tra i primi a voler mangiare un gelato e, dunque, avere maggiore diritto di scegliere la gelateria.
Subito dopo, si inserisce in questa discussione anche chi è fanatico dei gelati confezionati, avversati invece da chi pretende che il gelato provenga da latte di mucche che non hanno sofferto durante la mungitura.
Prendono poi piede le persone che rivendicano la gelateria dove si possano gustare gelati privi di lattosio ed altri, ancora, che vorrebbero invece sedersi per mangiare composizioni di gelato in stile mangia e bevi.
Mentre la discussione tra gli amanti del gelato si fa serrata e polemica, pian piano riprendono vigore quei pochi sostenitori del solito locale dove si era finora andati, nel quale si serve una zuppa – forse un tempo saporita ma oggi stantia e maleodorante – frutto di impasti improbabili e ingredienti quasi sempre incompatibili tra loro.
Accortisi delle crepe tra i sostenitori del gelato, i titolari dei locali tradizionali stringono degli accordi con qualche furbacchione che, in cambio di personali prebende, si finge amante del gelato e promette agli altri che, laddove si rechino a mangiare la zuppa, lui si impegnerà per far cucinare anche qualcosa di dolce.
Egli mente sapendo di mentire, in quanto è perfettamente a conoscenza che i titolari dei vecchi locali non abbiano alcuna intenzione di propinare altro che la propria zuppa, fatta di rimestamenti e per niente paragonabile col fresco sapore che solo il gelato sa regalare.
Alla fine, sdegnati per queste infinite discussioni, moltissimi scelgono addirittura di non esprimere il proprio voto e lasciano che siano gli altri a decidere per loro, disinteressandosi della scelta.
Al momento della votazione, tra litigi sulla gelateria e sul tipo di gelato e sdegnate scelte di astensione, gli amanti del dolce si spaccano in mille rivoli e ciò finisce di conseguenza per far prevalere il voto di quei pochi che preferiscono, per motivi spesso neanche alimentari, la zuppa.
Questo è lo scenario che ha contraddistinto la Sardegna fino ad oggi, uno scenario nel quale la maggioranza dei Sardi sente sia giusto fare qualcosa a tutela dell’isola, qualcosa che protegga la nostra terra dalle aggressioni di ogni tipo alle quali è sottoposta.
La maggioranza dei Sardi è contraria a politiche che prevedano le esercitazioni belliche nei nostri mari, alla trasformazione della Sardegna in una discarica di scorie nucleari; non ho mai sentito nessuno che non sia a favore di attività volte a invertire la rotta dello spopolamento delle zone interne o cittadini che, ben lontani dai giochi di potere e interessi economici, non siano a favore di una sanità umana e a portata di tutti, che non faccia morire le persone per la lontananza dai presidi ospedalieri.
Non riesco a immaginare quale sardo, pur senza essere docente di questa o quella materia, possa dirsi attualmente soddisfatto del sistema dei trasporti interni ed esterni.
Eppure, se stiamo a guardare quanto avvenuto negli ultimi venticinque anni, le politiche regionali su questi temi sono sempre state eguali tra loro, mai rivolte alla risoluzione dei problemi sardi e invece sempre pronte a sottostare ai diktat di chi, a livello nazionale, aveva dato il potere ai governanti del momento e ne condizionava integralmente le scelte.
A fronte di questo, nonostante i numeri astrattamente favorevoli ed anzi preponderanti, non si è mai riusciti ad attivare un fronte unico di chi vorrebbe mettere al centro della politica solo ed unicamente la Sardegna.
A questo riguardo, si è anzi spesso masochisticamente gioito degli insuccessi altrui e ciò ha finito per disperdere ulteriormente i voti e disorientare i cittadini che, in presenza di una valida e coesa alternativa, darebbero sicuramente fiducia a un movimento unitario a difesa dell’Isola.
Ebbene, una piccola nota di speranza la ho intravista venerdì 15 settembre, quando nel grande concerto Mama Sardigna, organizzato dalla Associazione Sardos, ho percepito un senso di unione e voglia di collaborare tra il mondo della cultura, delle associazioni, dei volontari, tra i Sindaci che si trovano in prima linea a combattere le inefficienze della Regione e tra i cittadini, entusiasti di questo clima di condivisione.
Ho visto persone e movimenti, che fino al giorno prima si dichiaravano incompatibili l’uno con l’altro, collaborare alla riuscita della manifestazione ed esprimere con una sola voce il desiderio di mettere al centro la Sardegna, di escludere dai processi decisionali chi la Sardegna non ama, di individuare ed isolare i finti sardi che tutto hanno fatto finora salvo fare gli interessi dell’isola, presi come sono dal sacro fuoco delle poltrone e del potere, che solo le alleanze con i partiti un tempo più grossi possono loro regalare.
Spero davvero che Mama Sardigna possa essere non già un punto di arrivo ma una concreta base di partenza per una rinnovata unità di intenti; so che ci sarà molto da lavorare e tanti angoli da smussare ma l’Associazione Sardos, nel suo statuto, si è prefissa questo scopo, lavorare per unire, impegnarsi per federare le parti sane della Sardegna e fare in modo che le forze di tutti, grandi o piccole che siano, costituiscano un moltiplicatore di entusiasmo anche verso chi, disilluso, non va da tempo a votare o non ha mai avuto davanti valide alternative alle solite zuppe.
Facciamo tutti un passo indietro per farne cento avanti, tutti insieme, nell’unico interesse della nostra isola e i risultati arriveranno, proprio come è avvenuto per Mama Sardigna
Molto chiaro e corretto il messaggio, l’obiettivo e in qualche modo le modalita’ per raggiungerlo.
Gli elettori a cui rivolgersi sono quelli che non vanno a votare (ormai almeno il 50%!). Che non sono sicuramente collusi con o schiavi di questo o quel politicotto (di qualsiasi parte politica).
L’obiettivo è curare i reali interessi della Sardegna che ovviamente in una scala nazionale (con il resto d’Italia si intende) contano esattamente quanti sono i voti dei Sardi sul totale della popolazione italiana: NIENTE.
Sulle modalità, la preghiera è quella di non perdere tempo dietro questo o quel sedicente intellettuale che allontana e non porta adesioni, puntando come qui scritto su ciò che ci unisce e non su ciò che ci divide!
E di cose che ci uniscono ce ne sono! Prima di andare a farsi del male dividendosi su argomenti ideologici o semplicemente contradditori, su cui spesso l’ente Regione nessun potere di indirizzo o amministrativo ha.
Saluti
Saluti
Dobbiamo partire dal nostro piccolo e spropositato EGO quotidiano, in cerca di esclusiva visibilità nella risoluzione della causa.
Basta vedere i capi fazioni dei mille partititi della galassia dell’autodeterminazione.
Rimossi questi pesi, tutto il lavoro risulta più facile
Anthony e Alberto, un consiglio disinteressato. I sardi, come tutti gli italiani, sanno che ormai la politica è uno stipendificio e vogliono patti chiari e amicizia lunga. So che è difficile, ma dovete dire chiaramente che tutti voi e l’intero gruppo vi mettete in corsa per il bene della nostra terra e non “po su dinai”, che siete diversi e per fare questo, sempre secondo me (poi fachie bois comente cheries), dovete dire chiaramente che eventuali assessori, consiglieri, portaborse, consulenti ecc. rinunceranno ad una buona metà dello stipendio e la devolveranno a opere di bene, per aiutare i sardi in difficoltà, i poveri (sardi), i disoccupati (sardi) che sinceramente non trovano lavoro, non per quelli che trascorrono mezza giornata al bar e vivono dalle pensioni dei genitori. Ci sono sindaci, in Sardegna, che rinunciano al proprio stipendio e lo lasciano alla loro piccola comunità, sono pochi, 2-3 ma ci sono, quando ci vediamo te li presento. E non dimenticate i sardi all’estero, sono gli unici che possono votare per le regionali, i sardi che vivono in continente come sai votano per le regionali in Lombardia, Piemonte ecc. Noi siamo non meno di 100000,00 iscritti all’AIRE che possiamo votare per le regionali. Certo, ogni volta rientriamo in pochi, 5-10000 ma vogliamo che almeno uno di noi sia nella vostra lista e che sieda in consiglio regionale per collaborare con voi, non tanto per portare avanti le nostre istanze, ma per aiutarvi/ci a diventare un unico popolo. Ci sono all’estero tanti imprenditori sardi capaci che, una volta eletti, non avrebbero problemi a versare la metà del proprio stipendio da politico in un fondo di solidarietà come ho descritto. Teniebos contu e bona sorte a tottus. Giuanne Masala: http://www.sardinnia.de/it Naturalmente, anche se io sono un miniimprenditore, non sono interessato a candidarmi, ma conosco persone valide che sanno ancora cosa è l’idealismo.
I Sardi emigrati sono indispensabili per qualsiasi progetto di vera rinascita economica e sociale della nostra Isola. Sono una risorsa immensa (esperienza, competenze, conoscenze e per molti di loro successo!) che la nazione Sarda deve utilizzare al massimo per venire fuori al più presto dal disastro in cui ci ritroviamo, originato proprio dal sistema di scambio voto-favore a cui la grandissima parte degli emigrati non si sono mai piegati!
Applausi! 👏👏👏