Il 7 settembre è giornata di grande mobilitazione per la difesa della Sanità pubblica. E’ dovere di ciascun sardo partecipare. Per i crescenti fermenti in tutta l’Isola il 7 settembre sarà il banco di prova per la difesa dei nostri ospedali e per la nostra volontà di cambiamento del sistema politico.
Il Piano di riordino della rete ospedaliera sarda, guidato dal “carissimo savoiardo” Moirano con 240 mila euro all’anno garantiti dalla Giunta della RAS “in nome della sua Autonomia” contro i 100 mila che percepiva in Piemonte, è un Piano che mira al taglio dei nostri ospedali pubblici a partire dai territori disagiati. Merita tuttavia una menzione la situazione drammatica degli ospedali di Cagliari, dal prestigioso Oncologico al servizio di tutta la Sardegna, al Microcitemico, considerato dall’OMS un’eccellenza internazionale, oggi ridotti in brandelli.
Il Microcitemico, scuola di scienziati, è stato annientato a colpi di tagli e con l’accorpamento all’ospedale Brotzu. Una scelta infausta che ha decretato la fine per la crescita delle professionalità ed il depauperamento di grandi risorse umane e scientifiche. E’ la fine per quella ricerca che ha saputo allungare e migliorare la qualità della vita ai talassemici e portare in testa ai grandi riconoscimenti mondiali la Sardegna. Ma altri ospedali importanti come il Binaghi, il Marino, il San Giovanni di Dio sono in fase di svuotamento e di chiusura.
La scelta di concentrare i Pronto Soccorso nel Policlinico Universitario, subito dopo l’inaugurazione in pompa magna con i politici sempre in prima linea a tagliare nastri, si è rivelata un fallimento. Il personale sanitario è talmente ridotto da costringere i medici a turni di tre notti settimanali mettendone a repentaglio l’integrità psico fisica.
Il deserto nella Sanità cagliaritana e nelle grandi città dell’Isola deve fungere da stimolo per la difesa dei piccoli ospedali dei territori più disagiati. L’ospedale di Isili a cui fanno capo una quindicina di comuni, come quello di Muravera per tutto il Sarrabus Gerrei, sono solo due esempi di presidi che non possono essere declassati e privati di servizi importanti come la Chirurgia h24, tanto ci sarebbe il Santissima Trinità di Cagliari, dicono… e per l’Ogliastra? Senza parlare di Bosa, di Tempio, di Alghero… della situazione del Sulcis Iglesiente dove i tagli sono stati già effettuati negli anni scorsi ed ora regna sovrana la demagogia con il disordine.
L’emergenza è una questione di vita o di morte e deve trovare la risposta immediata in loco. La chirurgia h24 non può essere sostituita da una chirurgia programmata per la quale il tempo ed il luogo hanno importanza relativa. Ma i servizi che già chiudono i battenti sono purtroppo numerosi.
Il bottino di oltre 3 miliardi della Sanità sarda, pari a circa il 50% dell’intero Bilancio è lo scrigno su cui le lobby private intendono metter mano, agevolate dalle politiche in corso. La privatizzazione del servizio pubblico è la pillola amara da far ingerire ai sardi.
Oggi la ministra della Salute Lorenzin è stata a La Maddalena a raccontare alle donne che è giusto chiudere il Punto nascite, perché sarebbe meno rischioso partorire in casa, in traghetto o per strada tentando di raggiungere l’ospedale di Olbia. Per queste logiche perverse è stata chiusa anche la Camera iperbarica nell’ospedale dell’arcipelago dove lo straordinario parco marino richiama ricercatori e subacquei da tutto il mondo.
Ma la Politica dice che per gli incidenti subacquei al nord, sarebbe garantita l’assistenza al sud, al Marino di Cagliari sempre più al collasso e a rischio chiusura, ignorando quanto sia importante la tempestività dell’intervento nei frequenti incidenti da decompressione.
Con il viaggio in colonia della Lorenzin si intensificano gli incontri della leadership del PD, nei territori per persuadere i sardi della bontà dei loro tagli e della promessa del miracoloso elisoccorso. Ma c’è pure chi nei territori elargisce solidarietà ed incoraggiamenti persino alla “rivolta” per poi tacere e votare in Commissione Sanità, in modo unanime, ogni nefandezza.
Il 7 in piazza si va anche per alzare la voce contro i giochi meschini di politici singoli e di forze politiche che vantano importanti gruppi consiliari in grado di condizionare il voto. Se l’opposizione dice NO al Piano di riordino, così come diversi partiti di maggioranza, il Piano non passa e si salvano gli ospedali. Per evitare la trappola dei muretti a secco con la richiesta del voto segreto o l’alibi di restare in Aula a difendere chissà che… La Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica si appella ai 60 rappresentanti del Consiglio Regionale: “Se avete a cuore il destino del popolo che rappresentate e che non può sopravvivere senza l’assistenza sanitaria pubblica di qualità e gratuita per tutti, per evitare ogni tentazione demagogica, ancor più quando le sollecitazioni delle segreterie dei propri partiti sono in contrasto con la volontà vostra e del vostro elettorato, per manifestare palesemente ed in modo inequivocabile il vostro dissenso, uscite dall’Aula al momento del voto. Solo così ognuno potrà assumersi pubblicamente le proprie responsabilità”.
L’appello rivolto ai consiglieri che sostengono di appoggiare le ragioni dei territori ad abbandonare l’Aula al momento del voto è l’unica scelta che garantisce alle collettività sarde il diritto di conoscere in modo trasparente le responsabilità individuali e dei partiti politici all’interno del Consiglio.
Claudia Zuncheddu portavoce Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica
Vi racconto che cosa significa l’accorpamento dei servizi sanitari dal punto di vista della medicina di base. Parlo della Danimarca e di una cittadina dalle dimensioni di Sinnai, molto carina, luogo turistico e porto, dove il medico di base più vicino sta a 15 km , in un poliambulatorio, peraltro ben attrezzato con farmacia annessa. Il pronto soccorso funziona bene, ma per avere un consiglio e un parere su cose quotidiane che possono succedere a tutti, bisogna telefonare al poliambulatorio, fissare un appuntamento a seconda del codice che decidono lì senza vedere il paziente , e poi andarci, o farsi trasportare. Medici a casa vengono nei casi estremi, come pronto soccorso domiciliare. Ovviamente questo vale anche per i farmaci acquistabili soltanto con ricetta, bisogna andare al poliambulatorio, a meno che non si tratti di rinnovo, in qual caso il medico invia la ricetta direttamente alla farmacia cittadina. Per qualsiasi cosa, il medico lo trovi o al succitato poliambulatorio o all’ospedale, 30-60 km di distanza a seconda del caso da trattare. Tutti questi luoghi di accentramento dei servizi sanitari sono molto accoglienti, con speciale attenzione ai bambini. Ma. Sarebbe meglio meno cosidetta eccellenza e più dispersione suo territorio che garantirebbe un contatto più immediato col medico. La conseguenza più grave sul piano della mentalità media è quella di rivolgersi, in alternativa al dialogo col medico, a ciò che internet raccoglie e fornisce e che non è valutabile dal non specialista, ma che certe volte viene preso per oro colato e alimenta la autodiagnosi (vedi , per esempio, il caso mondiale delle campagne anti vaccinazione).
Pregherei , in base a una cosa a cui ho assistito proprio ora, di diagnosi dilettantistica in base a informazioni in rete, di considerare molto seriamente quanto ho appena scritto: ” La conseguenza più grave sul piano della mentalità media è quella di rivolgersi, in alternativa al dialogo col medico, a ciò che internet raccoglie e fornisce e che non è valutabile dal non specialista, ma che certe volte viene preso per oro colato e alimenta la autodiagnosi (vedi , per esempio, il caso mondiale delle campagne anti vaccinazione).”