A partire dall’età moderna, a sud e a nord dell’isola si è avuta la tendenza alla formazione di letterature dialettali semicolte parzialmente autonome.
Questo processo non fu tuttavia naturale quanto piuttosto, come suggerisce Roberto Bolognesi nel saggio del 2013 “le identità linguistiche dei sardi”, una conseguenza del fatto che la Sardegna fosse stata oggetto, prima da parte dei governanti i iberici e poi in epoca sabauda, di una ripartizione amministrativa in un “capo di sotto” e in un “capo di sopra”.
Conseguentemente, secondo la regola machiavellica del dividet et impera, tale condizione ha rallentato fino quasi a congelarlo il processo sino ad allora in corso di incontro, mediazione e sintesi culturale tra le diverse regioni storiche dell’isola e quindi anche di formazione di una koinè all’interno del nostro sistema linguistico.
Tuttavia alcuni glottologi in epoca contemporanea, tra cui negli ultimi decenni il filologo catalano Eduardo Blasco Ferrer, hanno voluto riproporre questo luogo comune, tentando di sistematizzarlo nella proposta secondo cui i dialetti campidanese e logudorese dovessero avere ciascuno regole grammaticali proprie.
Il problema è che si tratta di una suddivisione del tutto arbitraria, come indicano chiaramente le ricerche di linguistica computazionale condotte dal’Università di Amsterdam, che hanno infatti evidenziato come non esista alcun confine dialettale netto tra Centro-Nord e Sud, quanto piuttosto un continuum che é possibile interrompere soltanto in modo artificioso.
Vi è però un dato risultato inatteso ai più: una nuova accelerazione nel processo di interscambio tra le diverse forme linguistiche del sardo sta avendo luogo in anni recenti proprio grazie all’adozione, da parte di un numero crescente di “locutori”, della limba sarda comuna quale standard di riferimento.
Paradossalmente proprio questa duttilità della lsc, che consente a chi la utilizza la libertà terminologica – quella ad esempio di scrivere indifferentemente i sostantivi pipiu, pitzinnu o nenneddu piuttosto che i verbi chistionare, allegare o faeddare – nonché la possibilità di utilizzare indifferentemente talune forme grammaticali meridionali o settentrionali – come gli articoli is, sos, sas o i pronomi ddu,dda, ddos, ddas, lu, la, los las – ha da sola reso obsoleta la proposta del doppio standard, la quale presupponeva per stare in piedi la trasformazione di due tipologie vernacolari selezionate surrettiziamente in improbabili compartimenti stagni.
Questo tallone d’Achille è oggi implicitamente riconosciuto anche da parte di coloro che sino a poco tempo fa si presentavano come i sostenitori più accesi di tale tesi, tanto che da parte loro stanno fiorendo negli ultimi tempi ipotesi di grafia sarda “univoca” ancorché ancora in continuità – ma chiaramente più nella forma che nella sostanza – con la tesi di un sistema linguistico bipartito.
Tale ipotesi non è altro che una variante della “grafia sarda comuna”, teorizzata questa ancora dal professor Bolognesi quale esito di una serie di emendamenti che egli vorrebbe apportare alla lsc. Questi, nelle sue intenzioni mirerebbero a garantirebbe una maggiore apertura nei confronti dei dialetti meridionali: è il caso dell’introduzione della consonante X all’interno dell’alfabeto o di forme quali “acua” e “lingua” che si affiancherebbero a “abba” e “limba” (che sono più identitarie ma anche meno prossime all’etimologia latina). Un’ulteriore esito sarebbe una maggior libertà per chi legge di farlo sulla base di scelte fonetiche proprie.
In questo senso concordo decisamente con i professori Francesco Casula e Alessandro Mongili , allorchè sostengono che la limba sarda comuna non deve essere considerata un totem intoccabile o un punto d’arrivo nel processo di standardizzazione, ma piuttosto una sua tappa (non la prima e nemmeno l’ultima).
Una sintesi tra posizioni ancora configgenti è quindi sicuramente possibile, anche se ha ragione il leader del Coordinamentu pro su Sardu Ufitziale Pepe Corongiu quando sostiene che in questo senso non c’è da illudersi, dato che gli oppositori e coloro che anche in futuro persevereranno nell’adottare grafie dialettali o alternative alla lsc continueranno ad esistere.
D’altronde l’imporsi a tutti i livelli della lingua italiana lungo la penisola non ha affatto scalfito il permanere di aree, quali il Veneto e il napoletano, in cui il vernacolo continua ad avere larghissima diffusione, anche in forma scritta. Un altro esempio paradigmatico della delicatezza del tema si può fare in merito al romancio, diffuso nel cantone dei Grigioni in Svizzera. Qui una parte dei locutori vedrebbe con maggior favore una tutela di ciascuna delle cinque aree dialettali in cui è articolato questo idioma ladino occidentale (una per ogni valle) in luogo quello ufficiale.
Ma per quanto siano forti le resistenze, alla normalizzazione delle lingue meno diffuse non c’è alternativa.
D’altronde la limba sarda comuna ha già vinto la sua battaglia sul campo, non solo grazie al suo essere lo standard, ancorchè ancora sperimentale, per i documenti ufficiali in uscita della RAS quanto soprattutto in virtù della produzione bibliografica che continua ad essere offerta da parte delle case editrici di saggi, romanzi originali, traduzioni di classici della letteratura universale.
Ancora,sul versante del teatro essa registra la messa in scena di pièces quali Macbeth (Macbettu) di Shakespeare o ancora, nel mondo di internet, la pubblicazione ogni settimana di decine fra articoli, interventi, memes, senza dimenticare la traduzione nella lingua locale dei comandi del social network Facebook realizzata grazie all’impegno di decine di attivisti.
Il tema di una revisione dello standard della lingua sarda oggi di maggior utilizzo e prestigio non è comunque all’ordine del giorno e purtroppo non lo sarà fino a quando al governo della RAS permarranno esponenti tecnico-politici che considerano sé stessi alieni rispetto al tema dell’identità della collettività nazionale sarda. L’auspicio è che entro i prossimi due anni un nuovo vento di libertà possa iniziare a spirare anche dalle parti di via Roma e in viale Trento.
La Lsc deve migliorare alcune cose. Per esempio lasciare la possibilità che il verbi “chistionare” rimanga = “chistionai” e anche “identidade” = “identidadi”.
Bisogna aumentare la possibilità di aggiungere sinonimi della variante campidanese, altrimenti è difficile farla digerire.
Al sud non posso dire “is canes”, ma dirò “is canis”.
Ivan, pro sa chistione de sa vocale finale de is faeddos su sceberu de sa LSC est istadu bonu meda e non pro resones ca sa e est prus bella ma pro resones obietivas de fonetica: https://bolognesu.wordpress.com/2011/05/12/formas-sutastantes-2.
Buona serata a tutti. Mi scusi Sogn. Dessì potrebbe per cortesia citarmi la fonte dove il prof. Blasco Ferrer parla di e persino di ? La ringrazio.
Buona serata a tutti. Mi scusi Sig. Dessì potrebbe per cortesia citarmi la fonte dove il Prof. Blasco Ferrer parla di due lingue sarde e di due differenti grammatiche per una stessa lingua sarda ? La ringrazio in anticipo.
La lingua sarda contemporanea : grammatica del logudorese e del campidanese : norma e varietá dell’uso : sintesi storica. Cagliari : Della Torre,1986
Sa LSC est logudoresu segau a càvuna e trassau cun cancu stìddiu de campidanesu… E sa chistioni chi is duas bariedadis si funt formadas po mori de sa pratzidura intre Cabu de Susu e Campidanu est sena de fundòriu: baxei a si ligi is documentus de s’Edadi de Mesu e eis a biri tres bariedadis a su mancu…
Forsis in Campidanu eus a podi scriri ‘canes’ ligendi ‘canis’, ma no ‘nuraghe’ ligendi ‘nuraxi’ e aici narendi…
So deacordu pro una limba comuna, ca pesso chi totu si podet mudare o acontzare, ma pro sos logudoresos est proa manna de atzetare: (insingiu pro insinzu) e (aiais pro aiazis)
La lingua sarda contemporanea : grammatica del logudorese e del campidanese : norma e varietá dell’uso : sintesi storica. Cagliari : Della Torre,1986
Può per cortesia postare il periodo o la frase precisa ? Grazie ancora.
Il titolo del libro è già una risposta. Buona serata.
Mi dispiace Sig. Dessì ma lei probabilmente non ha mai letto quel libro o se lo ha letto non ha capito quel che c’è scritto. Capisco che per i non addetti ai lavori (e lei è sicuramente un non addetto ai lavori) è di difficile comprensione ma le assicuro che mai e poi mai il prof. Eduardo Blasco Ferrer ha mai sostenuto quel che lei ha scritto nel suo articolo. Le consiglio vivamente di leggerlo magari potrebbe illuminarla e distoglierlo dallo scrivere falsità alle quali possono abboccare solo gli ignoranti. L’ignoranza è tollerabile e superabile ma la malafede mai in nessun caso. Buona serata (e spero anche buona lettura).
Innanzitutto moderi i termini. Cosa il professor Blasco Ferrer non avrebbe mai sostenuto di ciò che ho riportato nell’intervento?
Che fa signor Madrigale, lancia il sasso nello stagno (accusandomi di scrivere “falsità alle quali possono abboccare solo gli ignoranti” e, en passant, che sono anche in malafede) e poi scappa? Lei, ben poco gentilmente, ha voluto mettere in discussione la mia onestà intellettuale, per cui abbia almeno la decenza di rispondere a questa semplice domanda: cosa esattamente il professor Blasco Ferrer mai e poi mai avrebbe sostenuto di quanto riportato nel mio intervento?
Sig. Dessì la smetta di rovoltare la frittata. Non sono io che devo a lei delle risposte ma è lei che le deve a me visto che nell’articolo fa delle accuse palesemente false nei confronti di Eduardo Blasco Ferrer. Non sono il su avvocato difensore ma almeno mi sono preso la briga di leggere i suoi scritti e francamente quel che lei sostiene non c’è. Quindi delle due una: o lei è in malafede (e ho molti sospetti in proposito) o lei non ha mai letto Blasco Ferrer ed in tal caso la inivito a leggere le sue opere.
Caro sig. Madrigale,
lei non mi conosce, quindi non sa che mi sono avvicinato al tema della lingua negli anni 90 leggendo un intervento proprio di Blasco Ferrer nel manuale per le scuole La Sardegna: cultura e società di De Gioannis-Serri, nel capitolo “la questione della lingua”. Da allora ho seguito la sua teoria dell’articolazione della lingua sarda in due gruppi dialettali, da cui faceva discendere la proposta di un sistema grammaticale bipartito campidanese e logudorese, salvo poi ricredermi ampiamente.
Quello che non capisco è il motivo del suo astio nei miei confronti. Boh.
Adesso mi risponda lei: cosa esattamente il prof. Blasco Ferrer mai e poi mai avrebbe sostenuto di quanto io ho scritto?
Si ascolti il video.
http://www.unionesarda.it/articolo/cultura/2017/01/12/la_sardegna_perde_un_altro_intellettuale_e_morto_il_linguista_edu-8-560566.html
Quel “piuttosto che” proprio in un articolo di linguistica è un pugno nell’occhio che rovina un articolo altrimenti più che buono. Peccato.