(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)
Sono ormai due anni che studio il sardo e ritengo sia una cosa fattibile per tutti. Prima di scrivere ho sempre letto con piacere gli scritti degli altri. Prima di parlare ho sempre ascoltato con piacere ciò che si diceva.
Questo per far capire quanto abbia a cuore il dibattito che riguarda la lingua della mia terra. Ho sempre pensato, ma questo sarebbe profittevole farlo valere per tutto, che prima di scrivere e parlare sia importante capire, almeno a grandi linee, ciò su cui verte il dibattito.
Adesso, per quanto non sia né uno scienziato né un grande maestro di sardo, mi sento maturo per scriverne e parlarne, diciamo così. Voglio raccontarvi una storia, in breve, farò in modo di non annoiarvi. Un anno fa ho seguito il corso di lingua sarda conosciuto come CUBAS, della RAS. Quest’anno aspettavo quello di secondo livello. Non è stato fatto e non so perchè.
A me ed altri compagni ha dato molto fastidio, non abbiamo digerito questo atteggiamento da parte della Regione Autonoma della Sardegna. Allora ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di costituire noi una piccola scuola, per fare corsi di alfabetizzazione al sardo e corsi intermedi un po’ più strutturati, piano piano senza fretta, il sardo è famoso per essere calmo e pacato, ma arriva agl’obiettivi.
Sapendo perfino che la lingua sarda non sia proprio la benvenuta neanche nelle scuole, abbiamo pensato che questa cosa fosse un dovere. Quindi l’abbiamo fatto. Con l’associazione “Lìngua Bia” ad ottobre del 2016 siamo partiti col primo corso elementare di sardo, scritto e parlato. Volete sapere una cosa? La gente ha deciso di venire! Nonostante ci dicano che la lingua sarda è una lingua ormai morta e che non interessa più.
A quanto pare è una grossa bugia! Le persone apprezzano la lingua sarda, vogliono impararla, vogliono avere informazioni che la riguardano, vogliono parlarla e vogliono perfino esprimere pareri. Ogni martedì ci vediamo al circolo Me-Ti a Cagliari in via Mandrolisai nel quartiere di Is Mirrionis.
Le persone che incontriamo dicono che non sanno dove parlare il sardo. Le istituzioni locali a Cagliari stanno pensando a tutt’altro, nonostante la questione linguistica possa essere un modo nuovo di costruire una società dove l’uomo sia di nuovo padrone di sé, della sua storia, un modo per sapere chi siamo e da dove veniamo.
La lingua sarda, lingua naturale del popolo e strumento identitario più importante della nostra cultura, sembra però non essere così rilevante, sembra non essere una questione di grande importanza. Non da da mangiare. Dicono. Ciò che penso è che la lingua sarda, così come tutte le altre lingue regionali che troviamo nella penisola italiana, è stata allontanata da casa sua, perchè il potere doveva parlare italiano, la lingua del nuovo padrone, doveva essere compreso da tutti che il sardo o il siciliano o il napoletano non comandavano più, erano spariti, erano già una cosa da niente.
Così hanno detto al popolo per una vita. Anche per questo scoppia la rivoluzione quando qualcuno si alza e dice che magari la lingua sarda dovrebbe entrare nei posti dove l’italiano già si trova ufficialmente. Toccare l’italiano significa toccare il potere. E il potere non vuole essere disturbato. Immaginate cosa succederebbe se solo pensassimo che il sardo possa diventare la lingua ufficiale di Sardegna. Magari fosse! Ma rimaniamo coi piedi per terra. Il consiglio che provo a dare sempre è quello di uscire di casa e parlare in sardo con tutti.
Perchè mettersi problemi? Un giorno sono entrato in banca, voi direte, in banca il sardo non esiste, lì servono lingue importanti per grandi cervelli. Io credo che sia una fesseria, il sardo è una grande lingua nel contesto delle grandi lingue del mondo, con decine di migliaia di parole, conosciuto come mezzo politico e culturale da quando l’uomo ha iniziato a calpestare la terra. Beh! Io entro mi appoggio allo sportello, guardo l’operatore e mi rivolgo a lui in sardo. Non ci crederete!? Mi ha capito!
Il grande divertimento e lo stupore è che mi ha perfino risposto in sardo. Vuoi vedere che in banca son tutti sardi? Dove dicevano che servivano cervelli, i cervelli son sempre stati sardi! Magari perfino alla posta, all’ospedale, in cimitero o in chiesa. Il posto dove parlare il sardo può essere un bar o una scuola, una piazza o un ufficio del comune. Questo per farvi capire che il problema siamo perfino noi, non solo ciò che ci aspettiamo dalle istituzioni e anche questo sarebbe profittevole farlo valere anche per altre questioni. Comunque ho scritto che sarei stato breve.
Siamo arrivati al secondo corso e abbiamo venti “apprendisti”, che pagano venti (studenti o disoccupati) o trenta euro (se son lavoratori), per ottenere qualcosa che dovrebbe essere gratuito e disponibile per tutti come un diritto, escono di casa col freddo e con la pioggia perchè vogliono imparare il sardo.
Persone, che come me, si sono accorte gli mancasse qualcosa nella vita. Persone, che come me, sentivano pesante l’imbarazzo di non conoscere, come sardi, la lingua di Sardegna, del loro popolo. I ragazzi del primo continuano a partecipare. Inizialmente avevano timore anche ad aprire bocca, adesso è un problema tenergli a freno la lingua. Noi ci abbiamo creduto. In una scommessa che dovrebbe essere politica e istituzionale. Abbiamo creduto nella nostra cultura.
Ogni settimana invitiamo a parlare donne e uomini importanti della società sarda. Parlano della loro esperienza con la lingua sarda. Esiste un grosso numero di opere in sardo: economia, energia, politica, storia. Non solo sa “mexina de s’ogu” e “su ballu tundu”.
Tutti insieme pian pianino possiamo far risollevare la lingua di tutti i sardi e averla insieme all’italiano nelle nostre scuole, nelle istituzioni e negli uffici, se vogliamo, se no almeno per continuare a “raccontarci” la nostra vita, come lingua naturale del popolo. Anche questo sarebbe profittevole, per tutti. Andiamo avanti.
Ottima analisi! Condivido il 99%. L’1% ha a che fare con l’equiparazione tra sardo e dialetti italiani. È vero che alcuni di questi hanno subito una discriminazione simile a quella sofferta dalla Limba. Ma con due differenze: 1)secondo me è un grande errore associare il sardo- lingua distinta totalmente dal gruppo italiano sia secondo i linguisti che per ovvi motivo storici- a dialetti italiani. Lo dico, non per pignoleria, ma perché questa differenza è fondamentale per spiegare la diversa tutela di legge a cui il sardo ha diritto; deve essere chiaro che si tratta di una minoranza linguistica storica che non si può riconoscere nell’italiano. Per ragioni linguistiche, in quanto il sardo non fa parte del gruppo italiano ma viene considerato da chiunque una lingua totalmente distinta. Ma anche per questioni storiche. I regni della penisola preunitari si riconoscevano nello standard italiano come lingua colta e unificante della penisola e lo adottarono liberamente, in parallelo all’uso dei dialetti, come risultato di un processo culturale secolare del mondo intellettuale che interessa l’italia dal sud al nord( scuola siciliana, Dante, Manzoni). Mentre la Sardegna partecipava alla letteratura spagnola, regno del quale fu parte per secoli. L’tialiano venne imposto dai Savoia, da un giorno all’altro, come sostituto dello spagnolo 2) Minore discriminazione in ambito pubblico. A Napoli e in Sicilia il dialetto è vivo, parlato senza timore in pubblico e lo conoscono e comprendono tutti. Alcuni lo utilizzano come prima lingua, altri no. Questo accade anche in grandi città come Palermo e Napoli. Il napoletano, poi, viene utilizzato in grandi brani, anche di musica colta. Lo si trova nei film di Troisi o Totò. Dunque l’italianizzazione o è avvenuta in modo meno violento o non ha avuto troppo successo. Sono differenze importanti che segnano un discrimine tra bilinguismo e folklore decorativo. Spero di aver dato un contributo al dibattito.:) Bonu traballu a tue e a is cumpangios tuos. A si biri cun salude!
Certu. Gràtzias meda.
Fàbiu.
Una bella analisi. Purtroppo chi, come me è di madre lingua, deve assistere quotidianamente allo scempio che del sardo si è fatto e si continua a fare. Io non so se scientemente o per puro caso, sta di fatto che persone che potrebbero tranquillamente parlare in sardo bene, ti sorprendono esprimendosi in italiano magari con qualche strafalcione, ma in, italiano. Secondo me è stato anche un comportamento di falsa emancipazione culturale ad indurre molta gente ad abbandonare la lingua madre e ad insegnare ai propri figli un italiano spesso “proceddinu”, ma tant’è, la cosa faceva e continua a fare tendenza. La strada sarà lunga e impervia, ma vale la pena di provarci.