Come in tutte le ricorrenze, ritengo che il modo migliore per celebrarle non siano le parate da Turismo della Memoria per un giorno, quanto piuttosto introiettare e ri-viverne il significato e i valori.

Questo vale oggi più che mai nel celebrare “Sa Die de sa Sardinia”.

Rivivere questa ricorrenza significa per me ricordare che i prepotenti da cacciare oggi non sono più i piemontesi. I baroni odierni sono personaggi rigorosamente autoctoni, spesso con la -U o la consonante finale nel cognome… ma che affamano i sardi esattamente come i piemontesi di oltre due secoli fa.

Dicono di governare, ma forse solo manovrano, gestiscono da anni le risorse pubbliche.

Alcuni si fanno chiamare “onorevoli”, vestono giacca e cravatta e talvolta sono dotati di titoli accademici.

Gli oppressori moderni riescono a conciliare senza disagio né vergogna indennità da capogiro con un numero esiguo di impegni istituzionali (solo due sedute del Consiglio nel mese corrente) con competenze non documentate né dimostrate e con risultati assenti (risultiamo fanalino di coda in Italia ed Europa per indice di occupazione giovanile)

Ma per giustificare la loro oppressione stanno anche stuprando la lingua.

Preparano la devastazione delle coste e la chiamano “opportunità turistica”.

Ci privano del diritto alla salute, e la chiamano “razionalizzazione” o “sicurezza”.

Annullano la meritocrazia, facendo prevalere la logica del servilismo e della raccomandazione, delle opportunità per pochi “eletti” (in senso biblico, non politico), quelli che avranno sempre un ente o assessorato che garantisca loro ed eventuali parenti/amici/coniugi uno stile di vita d’élite, e la chiamano “filantropia”.

Ecco, credo che un ottimo modo per celebrare la ricorrenza di oggi sarebbe ribellarci e cacciare questi oppressori moderni, perché allora come ora non hanno soddisfatto le nostre richieste.