Confesso: ho sempre avuto un buon rapporto personale col presidente Pigliaru. Anche stima personale.
Sin dai giorni in cui venni nominato direttore de L’Unione Sarda – quando lo incontrai più volte -, in campagna elettorale, prima, e nei suoi due anni e mezzo di governo, poi.
Ne apprezzo lo stile, l’educazione, la disponibilità all’ascolto e anche la fermezza dialettica nel diniego.
Nonostante questo, non ho votato per lui (non potrei mai votare per partiti che hanno testa e cuore a Roma). E, visto quanto accaduto, ho fatto bene.
Il solco politico tra noi (e prima ancora tra me e alcuni suoi fedelissimi alleati pseudo indipendentisti) è andato crescendo soprattutto su una questione irrisolvibile: lui convinto che non c’è alternativa a un dialogo conciliante col Governo (e nella sua testa pure del fatto che la Sardegna sostanzialmente non esista come nazione ma che sia, invece, nient’altro che un organico pezzo d’Italia, assistito-arretrato-da globalizzare), io convinto del fatto che non ci sia alternativa alla vertenza continua, imperniata sul nostro diritto-dovere all’autodeterminazione economica e sociale e sulla pretesa del rispetto dei patti in essere tra Stato e Regione autonoma.
Il modo di affrontare le varie questioni (Entrate, servitù militari, continuità territoriale e insularità in genere, energia, bonifiche, piano delle infrastrutture) ha rivelato un approccio subalterno che ha via via reso insostenibile il rapporto di Pigliaru non tanto (poco male) con me, quanto con parte dei suoi stessi alleati e una non piccola fetta di cittadini sardi.
La mia domanda quotidiana da molti mesi è: Pigliaru si sente il governatore dei sardi – cioè, il primus inter pares o, se preferite, il loro comandante in capo nel corso di una battaglia decisiva in un momento durissimo per l’Italia, l’Europa e il mondo occidentale – o il proconsole nominato da Renzi e ratificato dal 20% degli elettori sardi nel febbraio 2014?
Questa è una domanda dirimente per capire la sua adeguatezza al momento storico.
In questo senso non lo aiutano le poco edificanti tesi con le quali ha accompagnato il suo primo pronunciamento pubblico a favore del Sì in occasione del prossimo referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale fortemente voluta dal duo Renzi-Verdini.
Si è arrivati al punto che il “giurista” Pigliaru, evidentemente in imbarazzo, ha dovuto elevare al rango costituzionale alcune sue impressioni circa “il governo che certamente non imporrà qualcosa che non piace ai territori”.
Poco importa che questa sua originale convinzione sia riferita a Renzi e al Pd (e già basterebbe) ma che dire – una volta scardinata la Costituzione e, con essa, le attribuzioni decentrate – dei futuri governi Scamurro, Sofurro e Cimurro?
Oppure Pigliaru conosce già la natura democratica di tutti gli esecutivi che si succederanno da qui a 50 anni alla guida del Paese?
Perse le garanzie costituzionali ed esposti così a ogni sghiribizzo del governo di turno, ci toccherebbe andare a cercare l’ormai ex politico Francesco Pigliaru in qualche fondazione bancaria o in qualche Senato accademico, per rimproverargli certe sue errate valutazioni, che tanto impatto avranno avuto sulla vita delle prossime generazioni di sardi.
Nel frattempo, a riprova della lealtà dello Stato e del governo, sulla stampa rimbalzano notizie preoccupanti: l’Anas trattiene i soldi accantonati dalla Sardegna per le sue opere pubbliche (sic) e non paga le aziende (sarde) virtuose che hanno lavorato a cantieri già conclusi e già pomposamente inaugurati da assessori-asfaltatori sulla Sassari-Olbia.
Questa è l’idea che Pigliaru ha del suo leale rapporto con Roma?
Il 4 dicembre ci sarà l’opportunità di regolare nell’unico modo possibile, col voto democratico, molti conti.
I sardi dovranno dire se accettano il rischio di perdere quel poco di voce in capitolo che ancora hanno su materie decisive per il loro sviluppo e se accettano anche di non poter più scegliere col voto i propri rappresentanti al Senato.
Sin dai giorni in cui venni nominato direttore de L’Unione Sarda – quando lo incontrai più volte -, in campagna elettorale, prima, e nei suoi due anni e mezzo di governo, poi.
Ne apprezzo lo stile, l’educazione, la disponibilità all’ascolto e anche la fermezza dialettica nel diniego.
Nonostante questo, non ho votato per lui (non potrei mai votare per partiti che hanno testa e cuore a Roma). E, visto quanto accaduto, ho fatto bene.
Il solco politico tra noi (e prima ancora tra me e alcuni suoi fedelissimi alleati pseudo indipendentisti) è andato crescendo soprattutto su una questione irrisolvibile: lui convinto che non c’è alternativa a un dialogo conciliante col Governo (e nella sua testa pure del fatto che la Sardegna sostanzialmente non esista come nazione ma che sia, invece, nient’altro che un organico pezzo d’Italia, assistito-arretrato-da globalizzare), io convinto del fatto che non ci sia alternativa alla vertenza continua, imperniata sul nostro diritto-dovere all’autodeterminazione economica e sociale e sulla pretesa del rispetto dei patti in essere tra Stato e Regione autonoma.
Il modo di affrontare le varie questioni (Entrate, servitù militari, continuità territoriale e insularità in genere, energia, bonifiche, piano delle infrastrutture) ha rivelato un approccio subalterno che ha via via reso insostenibile il rapporto di Pigliaru non tanto (poco male) con me, quanto con parte dei suoi stessi alleati e una non piccola fetta di cittadini sardi.
La mia domanda quotidiana da molti mesi è: Pigliaru si sente il governatore dei sardi – cioè, il primus inter pares o, se preferite, il loro comandante in capo nel corso di una battaglia decisiva in un momento durissimo per l’Italia, l’Europa e il mondo occidentale – o il proconsole nominato da Renzi e ratificato dal 20% degli elettori sardi nel febbraio 2014?
Questa è una domanda dirimente per capire la sua adeguatezza al momento storico.
In questo senso non lo aiutano le poco edificanti tesi con le quali ha accompagnato il suo primo pronunciamento pubblico a favore del Sì in occasione del prossimo referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale fortemente voluta dal duo Renzi-Verdini.
Si è arrivati al punto che il “giurista” Pigliaru, evidentemente in imbarazzo, ha dovuto elevare al rango costituzionale alcune sue impressioni circa “il governo che certamente non imporrà qualcosa che non piace ai territori”.
Poco importa che questa sua originale convinzione sia riferita a Renzi e al Pd (e già basterebbe) ma che dire – una volta scardinata la Costituzione e, con essa, le attribuzioni decentrate – dei futuri governi Scamurro, Sofurro e Cimurro?
Oppure Pigliaru conosce già la natura democratica di tutti gli esecutivi che si succederanno da qui a 50 anni alla guida del Paese?
Perse le garanzie costituzionali ed esposti così a ogni sghiribizzo del governo di turno, ci toccherebbe andare a cercare l’ormai ex politico Francesco Pigliaru in qualche fondazione bancaria o in qualche Senato accademico, per rimproverargli certe sue errate valutazioni, che tanto impatto avranno avuto sulla vita delle prossime generazioni di sardi.
Nel frattempo, a riprova della lealtà dello Stato e del governo, sulla stampa rimbalzano notizie preoccupanti: l’Anas trattiene i soldi accantonati dalla Sardegna per le sue opere pubbliche (sic) e non paga le aziende (sarde) virtuose che hanno lavorato a cantieri già conclusi e già pomposamente inaugurati da assessori-asfaltatori sulla Sassari-Olbia.
Questa è l’idea che Pigliaru ha del suo leale rapporto con Roma?
Il 4 dicembre ci sarà l’opportunità di regolare nell’unico modo possibile, col voto democratico, molti conti.
I sardi dovranno dire se accettano il rischio di perdere quel poco di voce in capitolo che ancora hanno su materie decisive per il loro sviluppo e se accettano anche di non poter più scegliere col voto i propri rappresentanti al Senato.
Ma non solo: avranno anche l’occasione per dire, con nettezza, cosa pensano di Renzi e Pigliaru.
X costituzioneX europaX pdX pigliaruX referendumX sardegnaX senatoX statoX verdin
E declaradu e dau mustra ki issu Pigliaru, est unu probo servidore de s’istadu italianu
Pigliaru premetto che non l’ho votato, è una persona telecomandata dall’abusivo inetto Renzi , non fa gli interessi della nostra madre terra Sardegna .. Spero che facciano di tutto per farlo decadere altrimenti farà ancora più danni .
Caro Direttore,
è proprio in quel numero che ci ricorda (il 20% dei voti degli elettori con cui questa persona governa tutti noi!) la vera sfida per chiunque voglia fare qualcosa di veramente buono per e nell’interessa della nostra isola!
Tolti quegli elettori (che da tempo hanno venduto se stessi e il loro voto) e quei pochi che rimangono altrettanto fedeli all’altro schieramento, c’è una grossa parte della popolazione sarda (almeno il 50%) che non vota e che sarà veramente difficile riportare a votare per cercare di cambiare le sorti sempre più nere della nostra isola! Riuscirci è opera possibile solo ad un Gigante ;-)!
Io credo che occorra partire dal fatto che la classe politica che occupa da anni le nostre istituzioni continui ad applicare ricette vecchie e inefficaci, spacciandole per le uniche possibili.
Quasi che il mondo finisca in quegli ambiti.
È come se Colombo e Vespucci si fossero accontentati del mondo conosciuto.
Sono passati alla storia proprio perché hanno saputo guardare oltre alle colonne d’Ercole.
Quella vituperata classe politica non e’ nata e cresciuta fuori dalla Sardegna. E’ parte di noi. Parla la nostra lingua ed ha più o meno le nostre abitudini. Quale miracolo dovrebbe avvenire affinché la maggioranza dei sardi vada a votare, si autodetermini, proponga ricette efficaci e nuove? Cosa dovrebbe essere diverso, domani, da tutto quello che e’ stato nelle generazioni precedenti? Davvero, non capisco mai quando si parla di dovrebbe, potrebbe etc. E’ come se si descrivesse una popolazione che nella pratica e’ molto diversa da come e’ e da come e’ stata. Per farla breve, raccontiamo di una popolazione inesistente se non nelle nostre speranze. Per carità benvenute le speranze. Ma sembrano poco utili nella pratica. Per traslazione, posso usare le stesse parole per l’intera nazione. Ci sono costumi che ci disgustano nelle parole, ma che nel quotidiano reiteriamo perché sono una parte della nostra normalità. Una sorta di doppia personalita’. Non amiamo quello che siamo ma raccontiamo quello che potremmo essere senza pero’ muovere un passo in quella direzione. Quello che mi rincuora e’, per quello che vedo dagli studenti, le nuove generazioni sono gia’ molto più armate di noi. Sara’ un processo lungo, ma voglio essere ottimista.
Bene Direttore,
quanto di più diretto ed efficace si possa fare quando si vuole innescare un processo di cambiamento: far constatare al numero maggiore possibile di persone (ovviamente chi non è connivente con esso) il fallimento evidente che ci circonda (quante testiere avrà consumato raccontandolo!) e la sua relazione diretta (come conseguenza) del fare e (soprattutto) del non fare di quelle persone che finora hanno avuto responsabilità di governo nella nosta isola.
Tra Eracle, Giganti e poi Colombo iniziamo davvero con degli esempi Giganti ;-)!
Condivido in larghissima parte il contenuto. Io a differenza di altri ho votato Pigliaru, lo confesso: mi sono pentito. Credo che, in buona sostanza, Pigliaru sia una brava persona, ma non possiede caratteristiche tali da fare il Presidente della nostra Regione. Già da assessore con la giunta Soru aveva palesato gravi limiti, mitigati e giustificati in parte dallo strapotere del Presidente stesso. Quel che oggi accade ha dell’incredibile, i tecnici nominati fra i suoi colleghi, (docenti universitari) ma comunque la giunta più in generale, non fanno altro che disattendere in maniera sistematica gli indirizzi del Consiglio Regionale. Si sconta la carenza di una seria programmazione, ma non solo: l’assenza dei politici, quelli sono sempre affaccendati in equilibri spartitori. Spiego meglio. Oggi la fa da padrone il vero presidente ombra, vale a dire l’unico vero rappresentate di una forza politica della coalizione. A guardare bene, l’unico “Politico” presente nella giunta dei non eletti è Manichedda, non eletto neppure lui. E’ più che evidente, per chi vuol vedere, che agisce da assoluto e incontrastato padrone. E’ il proliferare dei leader prepotenti e arroganti fra i quali si può annoverare anche Renzi. Chiaramente voterò No ad una riforma acccomodante per chi governa e peggiorativa di una democrazia già oggi sufficientemente monca.
Cosa e quanto dobbiamo ancora sopportare…..per riprenderci la nostra vita…?
Proconsole sicuramente! Mai votati quei due lì! Ora voterò no!
Condivido pienamente l’analisi dello stato attuale della politica regionale nei confronti della Sardegna. Il primo problema che mi metterei, per svegliare, informandoli correttamente, coloro che non sono andati a votare, è il modo di comunicare con loro, visto che in quella percentuale ci sono tutti i piccoli centri. Trovare il modo di comunicare con loro è essenziale, fondamentale direi. Utilizzare il loro linguaggio, schietto, semplice, come sono loro. quando vogliamo comunicare con un bambino o con un animale a noi caro, richiamare la loro attenzione, ci dobbiamo abbassare all’altezza dei loro occhi in modo tale che ci possano vedere, che possano vedere se diciamo la verità. Ecco, nel comunicare le nostre preoccupazioni sulla Sardegna e sul suo futuro, i progetti che abbiamo, dobbiamo abbassarci all’altezza dei loro occhi e parlare con il cuore in mano. Ovvero comunicare la nostra visione sul futuro della Sardegna, con sincerità. Il risultato sarà sicuramente a favore della Sardegna che auspichiamo.
Concordo pienamente con quanto scrive: occorre partire davvero dai piccoli centri dove ancora esiste e resiste un sano sentimento di appartenenza e di orgoglio di essere anzitutto sardi. Dice benissimo: bisogna trovare non solo il linguaggio, ma anche gli argomenti che risveglino quel sentimento e lo indirizzino verso un progetto che possa davvero fare gli interessi della nostra isola. Certo è molto più dispendioso, perché volta per volta sarà possibile incontrare e comunicare con un numero ristretto di persone, ma il risultato sarà certamente migliore di quello che si otterrebbe parlando a migliaia di persone a Cagliari o Sassari.
Parlare con il cuore, guardando negli occhi per cercare di risvegliare nei più il nostro orgoglio di nazione e le nostre gloriose origini e strarodinarie ricchezze culturali!
Saluti
Ci sono troppi sardi che della Sardegna non gliene importa nulla, vuoi per stanchezza verso una politica “aasente” dall’Isola, vuoi per non essere mai stati coinvolti, nella vita democratica della loro comunità. Bisogna riprendere queste persone e portarle a fare proposte e decidere.
Io non ho votato Pigliaru, non ho votato Zedda sebbene essi appartegano ala corrente politica in cui mi riconoscevo. Non ho votato più, sono andata via dalla Sardegna, dall’Italia.
Io vedo solo che in questo periodo a Faro, in Portogallo, gli aerei di EasyJet, Ryanair, Vueling atterranno fino alle 11 di notte per portare Inglesi, Francesi, Svedesi che trascorrono le vacanze in un mare dove, sebbene sia pulito, non riesco neppure a bagnare i piedi.
Al contrario, Deiana e Pigliaru, con la loro sconsiderata politica dei trasporti, aumentando le tasse aeroportuali hanno fatto in modo modo che la Sardegna sia rimasta isolata e credo che lo rimarrà per molto tempo.
Ieri sono stata chiamata al telefono da una persona iscritta al PD per invitarmi ad una conferenza che si terrà in questi giorni a Cagliari in cui spiegheranno “Le ragioni del Si per la Sanità “. Non ho risposto alla telefonata ed ho ignorato il messaggio perché, mio malgrado, sono perfettamente a conoscienza del fatto che uno degli obiettivi di questo governo è quello di rendere sempre meno efficiente il sistema sanitario del Sud e delle Isole a favore delle Nord.
È uno sfacelo
C’è solo una cosa che potrà salvarci; l’indipendenza.
Ma deve iniziare dal popolino questa “tendenza”. Ad iniziare da piccoli, grandi gesti, atteggiamenti, comportamenti.
Tutto il resto è fuffa.