(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)

Demografia – Spopolamento – Denatalità – Centralità della Famiglia. C’è la necessità di una immediata inversione di rotta, con una Legge Regionale sul “benessere familiare”.

La risorsa dell’AUTO – NOMIA
La nostra Isola si spopola, specialmente nelle zone rurali ed interne, ed è assolutamente necessario che questo tema diventi la priorità immanente dell’agenda politica. Se vogliamo un futuro per la Sardegna occorre un’immediata inversione di rotta che introduca, con uno slancio coraggioso se non addirittura epico, politiche innovative ed originali contro la denatalità, per il benessere familiare, per il benessere dei bambini, per la lotta contro l’emigrazione.

Ciò è necessario fare partendo dalla consapevolezza che non si può prescindere da un approccio geograficamente globale, e disciplinarmente multi-settoriale. Ed è altresì necessario mettere i piedi per terra e pensare che nessuno ha soluzioni pronte in tasca. In questo quadro, voglio dire la mia, ma è drammaticamente urgente un dibattito partecipato e aperto.

Sono necessarie alcune premesse.
Viviamo una vera e propria “rivoluzione demografica”, con l’incremento della popolazione mondiale da 7 a 9 miliardi da qui al 2050 (quasi tutto nei paesi in via di sviluppo e soprattutto in Africa, che raddoppierà la popolazione), mentre in Europa si verificherà sempre di più un declino demografico, con saldo naturale di meno trenta milioni di abitanti.

A questo complesso fenomeno, sono legati vari problemi geo-politici sia a livello macro, come ad esempio le grandi migrazioni dal sud al nord del mondo, sia a livello micro con il così detto abbandono delle aree interne e rurali.

E’ altresì evidente che ciascuno di noi deve essere consapevole di questi fatti e dei problemi conseguenti. La politica ha l’obbligo di “governare” fenomeni che stravolgono l’immobilismo del sistema, sconvolgono il modo di essere, di pensare e di sentire, incidono nella qualità delle nostre scelte.

In questo composito quadro, alcune regioni europee (e non solo) soffrono più di altre, tanto da essere definite shrinking regions (regioni che si restringono) e vengono ad essere caratterizzate da un bassissimo tasso di fecondità, da un tasso di mortalità che supera di gran lunga quello di natalità, dall’invecchiamento della popolazione, da una scarsa attrattività verso gli stranieri immigrati.

La Sardegna è una di queste regioni. La popolazione residente (senza considerare gli stranieri) ha un età media di 45,1 anni (quindi sta andando fuori dall’età riproduttiva); I morti superano di gran lunga i nati (Ogni mille abitanti nascono 6,6 bambini e decedono invece 10,2 persone);

Abbiamo il tasso di fecondità più basso d’Europa (cioè a dire che per ogni donna nascono 1,15 bambini, laddove la media per la riproduzione dovrebbe essere di 2,1). Per tutti questi fattori, le proiezioni demografiche ci dicono che da qui al 2055 (e cioè nell’arco di trentacinque anni circa) potremmo essere anche quattrocento mila residenti in meno (passare da 1.680.000 a 1.280.000 abitanti).

Sarebbe a dire che, continuando di questo passo, ignorando o non intervenendo sistemicamente sul problema, si rischia concretamente di andare verso la sostanziale estinzione della Sardegna, specialmente di quella parte residente nelle aree rurali o interne dell’isola, per le quali si prevede che moltissimi paesi saranno destinati alla scomparsa nel volgere di pochi anni.

Nella consapevolezza perciò che si tratti di un fenomeno complicato, non solo sardo, e causato da una pluralità di fattori eterogenei ed, inoltre, che in esso si sommino le questioni dello spopolamento e quelle della denatalità, dell’economia e della sociologia, dell’organizzazione amministrativa dello Stato, della Regione e degli enti locali, la politica si deve necessariamente chiedere come farvi fronte, quali rimedi mettere in campo, quali opere di mitigazione del rischio estinzione vuole attuare.

Per tante comunità al bivio, vivere o morire.
Nello studiare i rimedi, abbiamo la fortuna, offertaci dal mondo contemporaneo, di potere facilmente osservare, ed anche copiare, o adattare al nostro caso, le più disparate soluzioni che in altre aree del mondo, anche geograficamente distanti ma simili alla nostra, sono state sperimentate per cercare di invertire o ridurre questi complessi fenomeni, secondo la logica del benchmarking. (buone pratiche).

Per dare una prospettiva di vita alla Sardegna è necessario intervenire sulla Famiglia, cellula fondamentale e principale della società di tutti i tempi, dotando la nostra Regione, così come ha già fatto la Provincia di Trento, di una legge che introduca un sistema strutturato ed integrato di interventi a favore delle famiglie, promuova il benessere familiare, favorisca la natalità e combatta la denatalità.

Lo so che può sembrare strano parlare di questi argomenti, ma per troppi anni ci siamo giustamente impegnati nella protezione della gallina prataiola, del gipeto, della trota macrostigma ecc. con appositi finanziamenti, progetti, bandi comunitari ecc. e non ci siamo invece occupati del capitale fondamentale che è l’uomo, il quale pure è scientificamente a rischio estinzione.

La natalità è il valore principale da perseguire mediante il sostegno dei legami familiari, parentali e sociali volti a promuovere lo sviluppo delle risorse umane e relazionali per il beneficio della coesione sociale del territorio.

Pensare un sistema integrato di interventi su politiche abitative, dei trasporti, dell’educazione, dell’istruzione, della formazione professionale e del lavoro, culturali, giovanili, ambientali e urbanistiche, della gestione del tempo libero, dello sport, della ricerca e delle altre politiche che concorrono ad accrescere il benessere familiare. Sono i capisaldi degli articoli 1 e 2 della legge trentina N° 1/2011.

E’ necessario ed urgente orientare tutti i nostri sforzi per promuovere il diritto alla vita nelle sue varie fasi e sostenere la natalità, offrendo alle famiglie, ed in particolare ai genitori, sostegni economici, servizi ed un contesto socio culturale idoneo per consentire loro di non ridimensionare il proprio progetto di vita familiare.

E’ necessario favorire la coesione territoriale mediante l’introduzione di misure che coordinino i tempi del territorio ed introducano specifici indicatori di benessere.

Se condividessimo questa prospettazione, allora dovremmo avere il coraggio di ripensare alla Sardegna e chiederci, a solo titolo di esempio, se le politiche di riorganizzazione degli enti locali, della rete ospedaliera, della distribuzione dei servizi, della rete ferroviaria e stradale, della mobilità interna ed esterna, della svendita delle terre pubbliche, del dimensionamento scolastico, della distribuzione dell’offerta universitaria, della gestione dei rifiuti, del regime fiscale ecc, sia o meno una Sardegna per la famiglia e per i bambini.

Per la famiglia e per i bambini di tutto il territorio o solo di una parte di esso. Io, personalmente, non lo credo, e penso che sia giunta l’ora di dotarci di una sorta di legge quadro sulla famiglia, che funzioni come norma fondamentale per tutte le altre. E’ da questa che ne devono discendere gli interventi nei vari settori.

E che, nel fare ciò, dobbiamo sfruttare a pieno e con convinzione la nostra Auto-Nomia, cioè la capacità giuridica di produrre norme regolatrici della vita della nostra comunità regionale adatte al caso concreto, costituito da una Isola, ambientalmente meravigliosa, con una grande superficie e pochi abitanti, destinati ad essere molti meno nel volgere di pochi anni, e con le zone interne e rurali che si spopolano vertiginosamente. Un isola, e non una parte di essa, nella quale vogliamo fortemente vivere.

*Sindaco di Nuoro