Ieri mattina ho manifestato ai miei amici Maria Antonietta Mongiu e Nicolò Migheli un grosso fastidio: erano riusciti a suscitare in me – con l’invenzione e la pubblicazione del flashforward Pigliaru/Renzi dell’agosto 2017 – un sentimento che in genere mi è sconosciuto: quello dell’invidia.
Avrei voluto, cioè, essere capace io di pensare e scrivere, con la lucidità e la “pulizia” che sono propri dell’autore, una proiezione così azzeccata. Avrei voluto essere capace di rappresentare così semplicemente l’incubo che mi assale quando penso a questo tempo senza regole e senza garanzie e a questa Regione senza identità né anima. Un incubo nel quale potete sostituire il deposito unico delle scorie nucleari con un qualsiasi progetto speculativo pensato per pochi e non per la collettività sarda.
In verità – scherzi a parte e riconosciuti i meriti dell’autore e dell’associazione socio-politico-culturale che lui anima assieme ad altre eccellenze della nostra società – è chiaro che l’importanza risiede esclusivamente nella valorizzazione di quel timore e di quella proiezione, tutt’altro che inverosimile. Speriamo che serva a far riflettere.
Partendo da quella, e ragionando di sera con un’altra amica che ricopre un importante ruolo nella pubblica amministrazione sarda (il nome questa volta non lo faccio, perché non vorrei danneggiarla), mi è venuta in mente una drammatica evoluzione post agosto 2017.
Il punto di partenza è sempre la vittoria del Sì. Dunque del fronte guidato da un lupo travestito da pecora.
E dunque l’accettazione, a maggioranza, del fatto che le assemblee elettive sono sostanzialmente inutili. E che la funzione legislativa può essere svolta – sostanzialmente a tempo perso – da supplenti provenienti da altre istituzioni. Tutto all’insegna dall’ipocrita richiamo al “risparmio”. Sul quale poi tornerò.
Orbene. Vince il Sì, il ruolo di senatori viene assunto da consiglieri regionali e sindaci. La cosa non funzionerà, perché è un evidente pasticcio, ma la colpa non sarà della riforma. Si troveranno commentatori, giornalisti, esperti, costituzionalisti, docenti universitari, ex premier a gettone che troveranno qualcuno a cui dare la colpa. Magari qualche povero neoeletto del M5S.
Sarà quello il momento in cui a qualcuno verrà la geniale idea: il Consiglio regionale della Sardegna costa troppo. Dunque perché dobbiamo fare ogni cinque anni costose elezioni? E perché dobbiamo pagare costose indennità? Ci sono già i sindaci. Facciamo consiglieri regionali 60 di loro, gratis, senza ulteriori indennità. Una volta alla settimana scendono a Cagliari e mandano avanti il Consiglio. Del resto, che ci vuole? Non sono forse loro i veri rappresentanti del popolo?
Aberrazione dopo aberrazione, voi pensate che anche questa sia fantapolitica? Tempo al tempo.
Maria Antonietta e Nicolò, mannaggia a voi. Vi voglio bene.
Con i chiari di luna che stiamo vivendo a qualcuno potrebbe venire l’idea di realizzarla sul serio; e se attribuissimo anche a loro i compiti propri degli assessori risparmieremmo molto di più. Soprattutto se non venissero erogati né rimborsi spese né diarie varie. Questa potrebbe essere considerata sana politica economica. A proposito della quantità ritengo che sessanta siano un numero eccessivo per la situazione socio economico finanziaria attuale della nostra regione; magari in tempo di vacche grasse potrebbe essere considerato un numero congruo.
Da non dimenticare che è ancora in fase di attuazione, ci salviamo per ora grazie alla specialità del nostro Statuto in materia di autonomie locali, la norma che impone l’accorpamento dei Comuni. Qualora questa norma trovasse piena attuazione, cosa che con una vittoria del Si sarebbe probabile, in Sardegna la situazione sarebbe disastrosa visto che i comuni sotto i 3000 abitanti sono la quasi totalità dei 377 esistenti. Enormi fette di territorio si ritroverebbero con rappresentanti estranei alle popolazioni dei paesi e da questi pochi Sindaci rimasti verrebbe formato questo ipotetico futuro Consiglio Regionale.
La solita fantapolitica senza sostanza dietro. Che bel mestiere che fa Sig. Muroni, puo’ parlare veramente di tutto senza colpo ferire.. (a parte riconoscere i veri parenti da quelli presunti).
La politica sarda ci ha offerto la vsita su un consiglio passato che si è distinto per la vicenda dell’appropriazione a fini privati dei fondi destinati ai gruppi politici. Mi piacerebbe che si distinguessero i residui estranei alle grassazioni (sempre troppo pochi) ai nomi di Luigi Lotto e Nanni Campus, tanto per chiarezza. Al momento paghiamo lo stipendio ad altri consiglieri che hanno soggiornato in galera e le cui posizioni sono da definire. Siede sui banchi della regione un consiglio eletto in base ad una legge elettorale truffaldina, che tiene fuori il movimento di Murgia che, salvo errore mio, è stato votato da 70.000 elettori. Ragioni per le quali ritengo che la specialità dello statuto sardo sia ormai carne di porco. Se non riusciamo, come no rusciamo, ad esprimere un ceto di amministratori decenti, premesso che la colpa è della maggior parte di noi sardi, dovremmo avere l’opportunità di condividere con le altre regioni la riforma del titolo 5°. Ci farebbe bene.