La fronda (vera o presunta) della pattuglia sarda Dc contro l’elezione di Francesco Cossiga.
Forse non tutti sanno che nel 1985, quando il Parlamento – in seduta comune – doveva eleggere il successore di Sandro Pertini alla presidenza della Repubblica, si consumò una piccola faida tra sardi.
A portare il nome di Francesco Cossiga alla riunione dei gruppi della Democrazia cristiana alla Camera e al Senato fu il segretario Ciriaco De Mita.
Tra i presenti c’erano Mario Segni, Felicetto Contu, Matteo Piredda, Pietro Soddu, Beppe Pisanu e Nino Carrus. Fu proprio quest’ultimo a chiedere di parlare, dichiarandosi recisamente contrario all’ipotesi, sottolineando con puntigliosità tutte le caratteristiche che a suo avviso Cossiga non possedeva. Nessun altro tra i sardi si pronunciò in quella sede. O almeno nessuno con altrettanta nettezza.
Ma uno di quelli – si sospetta che fu Beppe Pisanu – riferì al futuro presidente che anche altri si sarebbero espressi contro di lui, arrivando a non votarlo.
Questo non gli impedì di essere comunque eletto con 752 voti su 977 votanti. Per la prima volta nella storia il Capo dello Stato veniva eletto al primo scrutinio.
Quel velo di incertezza sul voto dei colleghi sardi della Dc provocò un solco nei rapporti tra Cossiga presidente e i suoi amici e compagni di partito di una vita. Con alcuni di loro si trattò di una vera e propria rottura, mai ricomposta.
Tra i parlamentari sardi che parteciparono a quell’elezione c’erano – tra gli altri – anche Giorgio Macciotta, Mario Birardi, Tore Cherchi, Maria Cocco, Ciccio Macis (Pci), Alberto Manchinu, Giovanni Nonne (Psi), Sandro Ghinami (PSDI, Battista Columbu (PsdAz) e Salvatore Mannuzzu (Sinistra indipendente).
Gent.mo Anthony Muroni,
Ho letto con sorpresa le quattro righe da lei scritte sulle elezioni a presidente di Francesco Cossiga.
Mi meraviglia molto che un ex direttore di giornale riduca la storia d’Italia a un chiacchiericcio da bar, parlando addirittura di “faida”.
Mio padre tutto era fuorché uomo di guerra.
Era semplicemente un uomo.
Uno studioso, un intellettuale, un garantista, un cristiano solidarista e mariteniano.
E contestò Cossiga non in quanto sardo, non per faide intestine, non per vendetta campagnola ma per la sua ideologia conservatrice che lo portò infatti all’emanazione di quelle leggi emergenziali che certamente non erano in linea col pensiero, per così dire, foucaultiano di mio padre.
Contestò di Cossiga il pensiero reazionario, privo di pietà.
Quella pietà che caratterizzava invece il pensiero cristiano di mio padre.
Dopo aver letto ciò che ha scritto comprendo il tracollo che ha subito in questi anni la stampa sarda: trasformare la storia in barzelletta dimostra la mancata conoscenza di quella storia.
Con affetto,
Paola Carrus
Gentile Paola,
a me pare evidente la sproporzione della sua reazione.
Io – da cronista e da biografo minimo del presidente Cossiga – le assicuro di aver appreso quanto qui riportato non al bar ma da una fonte diretta. Presente, come invece io e lei non eravamo, e autorevole.
In quanto alla mia presunta denigrazione della figura dell’onorevole Nino Carrus, lei è proprio fuori strada: esistono scritti, anche recenti, nei quali l’ho citato come faro della politica sarda, non certo per concessione ma per meriti pienamente acquisiti sul campo.
In quanto al giudizio sulla stampa sarda, le riconosco una certa ingenerosità. Non tanto nei miei confronti, che forse scarso davvero sono, ma in quello del resto dei colleghi, alcuni dei quali lei ben conosce: possiamo contare su persone corrette, brillanti, oneste, coraggiose e limpide. Dunque, va bene tutto, ma la viva la stampa sarda.
E, senza ironie e con profondo rispetto, viva la memoria di Nino Carrus.