La società che stiamo producendo è quella in cui i nostri giovani guardano sempre fuori e mai dentro, dove si sogna di scappare verso una vita migliore, difficile però da trovare anche altrove.

Una società dove si chiudono le scuole perché costano troppo. Ma si può quantificare il valore della conoscenza, investimento che dovrà dare i suoi frutti in almeno 30 anni?

Si chiudono gli ospedali perché ci sono pochi soldi. Si può quantificare in danaro il valore della salute di una persona?

Si centralizzano i servizi per risparmiare. Ma si può dare un prezzo al danno sociale, culturale ed economico, dell’urbanizzazione indotta di intere popolazioni che si concentrano nelle città?

Si lasciano passare anni prima di intervenire su una frana tenendo isolate intere popolazioni, perché la burocrazia deve espletare mille controlli che alla fine causano più danni di quanti ne possano prevenire.

Si spera che arrivino grandi investitori filantropi a cui stendere tappeti rossi e svendere le nostre risorse per un tozzo di pane, mentre se qualcuno di noi volesse provarci incontrerebbe mille cavilli.

Ecco cosa stiamo lasciando ai nostri figli. Non stiamo facendo abbastanza. Stiamo a guardare, protestando contro tutti senza fare nient’altro.

Non sappiamo trasformare la protesta in proposta. Aspettiamo sempre che qualcuno provveda.

Quel qualcuno dovremmo essere noi.