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Gavino Gabriel (Tempio 1881 – Roma 1980), è stato ua figura importante di musicista, didatta e studioso delle tradizioni musicali della lingua sarda.Voglio qui fare alcune considerazioni a proposito di tre composizioni sue: Tre cantzoni gadduresi.

Ho avuto la gran fortuna di conoscere Gavino Gabriel. Erano i primi anni ’70 ed io ero un giovane studente che frequentava il corso di Composizione presso il Conservatorio di Musica di Sassari, quando Gavino Gabriel, ormai novantenne, fu invitato a tenere una conferenza al Teatro Civico della città.
Di quella memorabile sera a me è rimasto un suggestivo ricordo e al Conservatorio “Luigi Canepa” il dono, da parte dello stesso Gabriel, di “Tre cantzoni gadduresi” per canto e pianoforte.

Queste musiche, conservate nella Biblioteca dell’Istituzione e ancora inedite, non portano dedica e sono firmate dall’Autore,
Le pagine non indicano il timbro vocale da adottare, anche se all’inizio del pentagramma corrispondente c’è la chiave di violino.
Si tratta di una voce acuta, forse femminile, che Gabriel indica, a modo generico, col termine di canto.

I fogli (manoscritti) sono generosi di indicazioni, varie e utili, sottotitoli, dinamiche, segni di agogica e molto altro. Nelle Tre Cantzoni l’Autore, scrivendo “Mode Galluresi della Sardegna del Nord”, ricorda agli studiosi gli antichi sistemi del canto che, adattandosi alle metriche delle differenti composizioni poetiche, comandano in un certo senso le forme musicali.

Il primo brano, titolato “Vox clamantis …”, frase che nei Vangeli ci ricorda San Giovanni Battista, qui è usata in senso metaforico a significare l’invito inascoltato dell’innamorata. Gabriel scrive, in lingua gallurese: A boci manna ti chiamu … aiutandoci in questo modo a capir meglio il significato.

Segue una didascalia, in italiano, di tipo storico-compositivo: Ricercare moderno – nei modi antichi della Gallura.

La definizione, nel suo significato di contrasto, quasi un ossimoro, indica quella evoluzione naturale del linguaggio musicale popolare che si da anche attraverso la sua codificazione scritta che emancipa per davvero, anche se solo in parte, la trasmissione della cultura musicale da una tradizione fino ad allora solamente orale, mai scritta.

Segue “Cadenza a nènia”, e sotto il titolo, fra parentesi, a valzer lento, riferito al suo carattere di danza (il valzer) che non fa parte della nostra tradizione. L’indicazione ci porta per istinto a rappresentare in forme spaziali e coreografiche il ritornello della ninnananna che, nella nostra tradizione, bisogna ricordarlo, ha lo stesso nomos (il sistema precostituito) e lo stesso pathos (il senso emozionale) del lamento funebre.

L’ultima composizione è “A còa-còa”, a rimpiattino, potremmo dire in italiano, a cui Gabriel aggiunge, sempre in italiano, un sottotitolo, non sappiamo se ingenuo o un po’ furbesco, ma molto utile: Gioco infantile per adulti.

Per quanto riguarda le linee melodiche di queste musiche, possiamo affermare che fanno riferimento alla tradizione popolare gallurese e i suoni lunghi e acuti che descrivono la disperazione per l’amore non corrisposto fanno nascere sensazioni vive in chi ascolta.

L’accompagnamento alla melodia, che riproduce spesso ritmi a noi familiari, è semplice ed energico.

Per concludere, si tratta di un lavoro dove domina un senso forte di appartenenza a una cultura ben definita, che si manifesta con fierezza attraverso l’uso degli stilemi musicali della sua terra. Di uguale intensità è il senso identitario messo in evidenza dalla scelta del sardo-gallurese come lingua di riferimento in composizioni “classiche”.
Rivendicare in questo modo la propria origine, in un contesto, in una situazione, in un ambiente dove è ancora attuale una sottostima della nostra lingua sarda come veicolo di cultura ufficiale, lo considero un atto di coraggio.

Ed è per tutto ciò che Gavino Gabriel è sempre moderno.

*professore di Teoria e di Semiografia al Conservatorio di Musica “Luigi Canepa” di Sassari