Illustre Signora Merkel,

nella speranza che le idee contino ancora e non sia solo il potere costituito a stabilire che cosa di debba fare nell’Unione Europea, mi permetto di commentare le sue ultime considerazioni su un commercio “libero e giusto” che lei si prefigge di stabilire riaprendo la trattativa TTIP per creare un’area di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico e contrastare le spinte protezionistiche degli Stati Uniti di Trump.

Affinché gli scambi siano veramente liberi occorre stabilire che essi avvengano con una chiara indicazione di origine dei prodotti, altrimenti essi passano per le vie più strane e impensate, danneggiando le economie nazionali dei contraenti e avvantaggiando quelle esterne che aggirano le regole.

È un vecchio problema che sono certo Lei non ignora, ma per quanto mi è dato conoscere non appare tra le voci dell’agenda delle negoziazioni.
Sono invece certo che non appaiono le due condizioni per avere scambi giusti: la prima che l’uso internazionale del dollaro sia governato da regole che impediscano l’affermarsi di rapporti di cambio (monetary parity) tali da alterare le ragioni di scambio (terms of trade), impedendo ai fondamentali dell’economia di esprimere le posizioni di forza relativa tra prodotti e, quindi, una corretta (fair) competizione;
la seconda che i paesi si carichino di responsabilità simmetriche nell’aggiustamento degli squilibri di bilancia estera corrente.

Lei deve dimostrare di volere veramente muovere verso un sistema di scambi liberi e giusti accettando questi tre punti ed evitando di spingere l’Unione Europea a raggiungere con gli Stati Uniti un accordo senza sollevare il problema dell’influenza del dollaro sull’euro (e, ovviamente, sulle altre valute) e degli squilibri delle bilance estere correnti americana ed europea, lasciando le cose come stanno; la tentazione sarebbe forte perché non ha interesse a infilarsi in una trattativa che ricerchi una soluzione al grave deficit degli Stati Uniti e all’altrettanto grave surplus della Germania, perché i rispettivi elettorati desiderano mantenerli tali, nonostante abbiano effetti distorsivi sugli andamenti della crescita reale e sul rapporto di cambio dollaro/euro.

Se così accadesse, ne beneficerebbero coloro che hanno più potere sul mercato dei beni e della finanza, accrescendo le reazioni popolari contrarie alla globalizzazione e propiziando le spinte al protezionismo che Lei si prefigge di contrastare. Se ha questo in mente o se questo sarà lo sbocco della sua iniziativa politica internazionale ne patirà il benessere dei cittadini europei, inclusi i tedeschi.

Spiego brevemente il perché.

Senza stabilire regole di governo (a) dei rapporti di cambio tra dollaro e l’euro al fine di impedire ampie fluttuazioni delle parità monetarie tra essi; (b) della conversione dei dollari a riserva ufficiale, impedendo che esse si attuino sul mercato libero come avvenuto prima della Grande recessione a opera della Cina; (c) degli squilibri di bilancia estera corrente, attribuendo pari responsabilità di aggiustamento ai paesi in deficit o in surplus – tutti temi già chiari sia in letteratura che in pratica fin dall’Accordo di Bretton Woods – l’accordo di libero scambio TTIP altererà il flusso degli scambi e causerà una unfair competition.

Ho provato più volte e in più sedi a discutere di questi importanti aspetti di un eventuale accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea, ma il tema non entra nell’agenda delle trattative. Si vogliono solo abbattere tariffe e proibizioni senza pensare al resto; si ripete cioè quello che è accaduto quando l’euro è stato ideato: senza una politica da seguire nei confronti delle fluttuazioni anomale del dollaro (ossia non coincidenti con le ragioni di scambio), i rapporti economici con l’estero restano alla mercé della volontà del mercato internazionale, ivi inclusa quella della speculazione di origine interna.

La Regina Elisabetta chiese agli economisti inglesi perché non si fossero accorti dell’incombere della Grande recessione del 2008. Lei ha mai chiesto agli economisti tedeschi (lasci perdere gli altri) quale siano state le cause che hanno fatto scendere il rapporto euro/dollaro dall’1,16 iniziale a quasi 0,80 per poi risalire a quasi 1,60? Se lo facesse, ne sentirebbe delle belle.

E semmai si ripetesse l’evento, vedrà che Le diranno che l’economia non ha strumenti per prevedere eventi rari; tireranno fuori la “teoria del cigno nero”, la tesi degli shock imprevedibili. Non li stia a sentire, l’arrivo dei cigni neri può essere monitorato e fronteggiato con un buon accordo e una buona politica. In ogni caso sarà improbabile che rispondano come hanno fatto gli economisti italiani sulle conseguenze dell’euro per l’Italia: non avevamo capito. Credo che per il TTIP e per l’euro la verità è che quasi tutti non stanno a sentire, perché sentono solo la voce del padrone. Parli quindi forte e chiaro.

Illustre Cancelliera,
se vorrà dedicare un po’ d’attenzione ai temi sollevati, si potrebbe evitare che l’Unione Europea si infili in un ulteriore vicolo stretto del suo sviluppo, accontentando i pochi e ricchi a spese dei molti e poveri.

Sono certo che non si farà distrarre da chi dice che per accontentare i secondi bisogna soddisfare i primi. Mi permetto di ricordarle sommessamente che il benessere del suo paese è legato al riconoscimento dell’economia sociale di mercato, forse è meglio dire della sua matrice filosofica: l’ordoliberismo.

Visto che siete riusciti a realizzarlo in buona misura all’interno della Germania creando istituzioni che suscitano impegno produttivo in un mercato competitivo, sarebbe un gran contributo a favore di tutti i cittadini europei se Lei riuscisse a fare lo stesso nella definizione delle relazioni euro-statunitensi: un ordine giuridico che susciti liberi e giusti comportamenti.

Suo dev.mo

Paolo Savona

(Pubblicato su Scenari economici e MF, 23 giugno 2017)