La bozza di testo unificato di Legge sulla lingua sarda, redatta dalla sottocommissione della II Commissione del Consiglio Regionale della Sardegna, è il secondo maldestro tentativo di legiferare sulla politica linguistica in questa sfortunata legislatura.

Già il 16 gennaio 2015 fu presentato un testo di Legge, primo firmatario l’On.le Consigliere reg.le Paolo Zedda, che gli esponenti del Coordinamento Pro Su Sardu Ufitziale (CSU) criticarono e smontarono fino a quando fu ritirato per evidente inadeguatezza. Nel maggio dello stesso anno, il CSU presentò, grazie alla collaborazione del gruppo consiliare “Sardegna Vera” una proposta di Legge alternativa come base auspicabile per una discussione democratica su eventuali progetti legislativi.

Nell’estate del 2016 si era riparlato di un’attività legislativa della II Commissione e il CSU ne aveva contattato diversi esponenti apprendendo della formazione di una sottocommissione che aveva il compito di redigere un testo di Legge.
Nonostante le ripetute richieste e solleciti al Presidente della Commissione, l’On.le Gavino Manca, il CSU non è mai stato convocato per esprimere il proprio parere o per spiegare le proprie proposte in seno alla Commissione, o in subordine alla Sottocommissione, impedendo di fatto un confronto costruttivo a un portatore di interessi che in questi anni si è distinto nella società sarda e nel movimento linguistico.

Qualche giorno fa apprendiamo dal sito del Consiglio regionale che la II Commissione avrebbe iniziato le audizioni relativamente ad un testo unificato sulla lingua sarda (quindi unificato anche sulla base delle proposte del CSU) sulla base di una bozza che gira ufficiosamente presso istituzioni e associazioni e singoli ma che il CSU è riuscito a procurarsi solo fortunosamente.

Già questo comportamento non inclusivo, antidemocratico, contrario ai principi della partecipazione condivisa, a prescindere dal rispetto più o meno formale del regolamento consiliare, è significativo di come alcuni esponenti della Commissione intendano emarginare e neutralizzare un punto di vista scomodo, ma molto significativo all’interno del movimento linguistico sardo, al fine di produrre proposte legislative che rischiano di essere autoreferenziali.

A questo proposito il CSU sottolinea al Presidente della Commissione la richiesta di audizione ribadita peraltro per tre anni.

Caratteristiche generali della bozza del testo unificato

Nel suo insieme la bozza del testo unificato si presenta in maniera più organica rispetto alla proposta del gennaio 2015, ma nella sostanza mantiene degli orientamenti politico-culturali che lo rendono un testo giuridicamente e politicamente non valido.

In primo luogo il testo risulta essere un copia-incolla incoerente di parti tra loro non omogenee, sia per ciò che riguarda la terminologia giuridica impiegata sia anche per le materie non attinenti fra loro.

Si tratta di un testo approssimativo che sfida ingenuamente il quadro legislativo italiano vigente, soggiace a un punto di vista folcloristico dominante, non tiene conto delle esperienze degli ultimi venti anni di politica linguistica, si presta ad un uso clientelare. E’ inolte contraddittorio tra obiettivi indicati e i mezzi proposti tanto che non porterà nessun impulso positivo alla questione della sopravvivenza della lingua sarda.

Sono evidenti nel testo alcuni orientamenti politici predominanti:

La lingua sarda perde la sua prerogativa di lingua rappresentante la storia della comunità e viene assimilata a un coacervo di varietà linguistiche variamente identificate e denominate senza sottolineare il suo ruolo di primus inter pares e di lingua “storico-identitaria” della Sardegna;
Il processo di standardizzazione della lingua sarda, avviato da oltre trent’anni, e culminato nel 2006 con l’approvazione da parte della Giunta Regionale di un codice linguistico standard conosciuto come Limba Sarda Comuna, è affrontato in maniera contraddittoria e confusa. Da un lato si sostiene la necessità della standardizzazione unitaria, dall’altro si propone un nuovo meccanismo di standardizzazione palesemente fallimentare che porterà il solo risultato di cancellare le positive esperienze fatte finora per tornare al vuoto delle infinite discussioni e delle commissioni fatte di esperti che si combattono per questioni infinitesimali e che bloccheranno certamente il processo. Se l’obiettivo era questo bastava dire con trasparenza che il sardo va avanti con le varianti dialettali e non è perciò una lingua;
Si ripete l’errore già presente nella Legge regionale n. 26 del 1997 (e che ne ha decretato il fallimento conclamato) di legare lo sviluppo della lingua a quello della cultura sarda e regionale variamente intesa. E inoltre, di affidare le sorti della diffusione della lingua alle Istituzioni e componenti della società che l’hanno in molti modi combattuta e ostacolata. Non ci sono invece provvedimenti convincenti a favore di una diffusione dell’attività di promozione linguistica dal basso;

Si punta inoltre alla folclorizzazione del settore, legando la questione linguistica alle espressioni popolari tradizionali e quindi in potenza, relegando in quel mondo una lingua minoritaria che ha bisogno invece di trovare la sua normalità nelle pratiche di una cultura contemporanea, tecnologica, avanzata e innovativa, per avere una chance di sopravvivenza. Il settore delle espressioni poetiche e di canto tradizionali merita certamente un’attenzione legislativa. Il CSU si impegna a fare una proposta entro sei mesi. Ma di sicuro questo settore importantissimo dell’identità sarda è estraneo e intruso ai contenuti di questa legge;
Si crea, ai fini meramente elettorali e forse clientelari, un meccanismo che prevede una pletora macchinosa di organismi, che si sovrappongono gli uni agli altri, senza prevedere un minimo di razionalizzazione e riorganizzazione della spesa, esponendo senza responsabilità l’intero mondo linguistico, e la stessa legge, alle facili e demagogiche critiche inerenti lo spreco della spesa pubblica;

Non si rispetta il principio di semplificazione giuridica quando si propongono dei provvedimenti di Legge che non rientrano nei paletti tracciati dalla Legge 482/99 e dalle relative sentenze della Corte Costituzionale, e che quindi si espongono ad impugnativa sicura da parte del Governo. In realtà questa prospettiva sembra quasi invocata al fine di coprire il velleitarismo dell’iniziativa e l’assenza di una politica linguistica efficace negli ultimi tre anni;
Parti sostanziali della bozza di testo unificato, non sono di competenza regionale, o comunque anche se riscritti, non aggiungono nulla a un quadro legislativo che si potrebbe smuovere solo con una riforma delle competenze previste nello Statuto Speciale. Altre parti regolamentari e di criteri interpretativi sono poi oggi, in ossequio al principio della delegificazione e semplificazione legislativa, materia più di atti amministrativi della Giunta che non di leggi pletoriche, bizantine, machiavelliche che servono solo a complicare la burocrazia invece che facilitare il lavoro di operatori e cittadini.

Il Coordinamento Pro Su Sardu Ufitziale, dichiarandosi pronto a una collaborazione fattiva affinché il Consiglio Regionale produca un testo di legge in cui tutti gli attori si possano riconoscere, ribadisce la sua richiesta di un incontro-audizione con gli estensori del testo e con la II Commissione.
Lancia inoltre un appello al Governo Regionale, affinché prenda posizione chiara e trasparente sul provvedimento in itinere e si adoperi perché tali importanti iniziative, di cui si da atto alla maggioranza consiliare, siano espressione positiva di tutti gli attori interessati e competenti e non fughe in avanti legate agli interessi dei singoli.
Assemblea Direttiva CSU