Non l’hanno vista arrivare. Corroborato dal risultato delle sezioni, che dava Bonaccini saldamente in testa, il partito delle tessere – ciò che è rimasto di un lungo ciclo di sconfitte (nelle Regioni e alle ultime Politiche) e di non vittorie (alle penultime e terzultime Politiche) – non aveva messo nel conto che l’apertura al voto popolare avrebbe registrato l’effetto opposto rispetto al galoppante astensionismo degli ultimi anni.

E cioè che avrebbe rimesso in campo quel popolo, per ora piccolo ma destinato a crescere, che non si rassegna al fatto che la sinistra sia morta e che, per vincere, competere o accreditarsi, debba fare il centro, quando non scimmiottare la destra.

Chi pretende una alternativa di sinistra tradizionale, intesa come più marcata e ortodossa rappresentanza delle politiche sociali e del progresso, ha dunque scelto di approfittare del disorientamento dato dalle ultime scoppole e dalla lunga sensazione di inarrestabile declino respirata durante le segreterie Zingaretti e Letta per scalare il Partito Democratico.

Fino a qua la cronaca, cruda e pragmatica, svuotata di tutti gli orpelli, le sovrastrutture, le mille rituali giustificazioni e gli oltre duemila riposizionamenti che avverranno già in queste ore.

E’ ora interessante tracciare gli orizzonti del futuro di uno scenario che sembra comunque assicurare al nuovo centrodestra a trazione Giorgia Meloni un ciclo politico più lungo e ben più saldo delle ondate di consenso che sembravano – nel giro di pochi anni – aver incoronato Renzi, Conte e Salvini come inarrestabili king makers.

Per ironia della sorte, proprio la solidità del consenso sul quale può contare la presidente del Consiglio assicurerà a Elli Schlein il tempo necessario per consolidare la sua leadership non solo all’interno del Pd ma nell’intero panorama progressista, alternativo alla destra-centro.

La geografia, a sinistra, è destinata a cambiare con rapidità: la forte caratterizzazione di Schlein e del mondo che ha fino a qua rappresentato toglierà acqua di coltura a tutto ciò che si muove alla sinistra del partito e drenerà – in un inevitabile riflusso – anche la parte di ex elettori del Pd che si era spostata verso il Movimento 5 Stelle, soprattutto in ragione delle misure legate al sostegno sociale, come il reddito di cittadinanza.

Di converso alcuni prospettano un uguale fenomeno opposto e cioè la fuga di parte dei “moderati” verso la parte centrista rappresentata da Renzi e Calenda. Nel breve periodo è probabile che questo possa essere il fenomeno più visibile e capace di provare a inceppare la nuova leadership.

E’ dalla gestione di questa piccola crisi che si inizierà a valutare il peso politico di Schlein. La capacità di assorbire l’assestamento e di iniziare la camminata nel deserto, approfittando di questo tempo per costruire assetti e modalità nuove di creazione di una classe dirigente, rappresenterà la sfida vera.

In palio c’è la riconquista di un popolo costituito da milioni di persone che non va più a votare e di certo non ci tornerà per un Pd che scimmiotta il centro o la destra. La sfida di Schlein nel medio-lungo periodo (il tempo necessario per capire se Meloni riesce nel miracolo di superare le inevitabili crisi economiche, molte indotte dalla situazione internazionale sempre più incerta, che la potrebbero portare a una progressiva perdita di consenso) è quella di costruire un partito che rimotiva chi si sente escluso e lo ritrascina al voto, incarnando una alternativa “socialista” che, nel tempo di questa strana modernità, a partire dagli esempi di Spagna e Portogallo, è tutt’altro che morta.

I settecentomila (sono numeri ancora molto piccoli, in assoluto, ma significativi di un fuoco che ancora cova) che si sono resi protagonisti del ribaltone di ieri sono là a dimostrare che anche fra quattro (o nove) anni una alternativa politica esiste e potrà provare a incarnare un nuovo modello di lettura della società.

Sui giornali in queste ore leggerete soprattutto della nuova vittoria di Franceschini e della abituale sconfitta di questo o quell’altro capo corrente.

Ma a chi ha davvero vinto le primarie e si appresta a riprendersi tutto quello che sta a sinistra del Pd questo interessa poco.