IIl 16, 17 e 18 marzo del 1938 la città di Barcellona è bombardata senza sosta dall’aviazione fascista italiana. Quei bombardamenti rappresentano il punto più alto di crudeltà di una strategia ben pianificata che da inizio a un nuovo modello di guerra: il bombardamento aereo esclusivo della popolazione civile di una grande città europea.

Ma non sono queste le prime bombe italiane a cadere sulla città catalana. Il 13 febbraio del 1937 la nave da guerra della marina italiana, Eugenio di Savoia, spara 24 bombe su Barcellona causando 18 morti e decine di feriti.

Alle bombe lanciate dal mare seguono quelle sganciate dagli aerei, con sempre maggior frequenza, tanto che la popolazione infine si abitua a vedere le bombe cadere dagli aerei. Nel gennaio del 1938 la città è bombardata otto volte; i bersagli sono il porto con i suoi depositi di benzina e le fabbriche. Muoiono però anche dei civili.

I bombardamenti del 16,17 e 18 marzo sono però diversi in quanto alla loro finalità: sono diretti esclusivamente contro la popolazione civile; sono diversi per tipo di azione: non si tratta di bombardamenti concentrati nel tempo ma diluiti nel tempo; diversi per la gran quantità di bombe sganciate in quei tre giorni.

È Mussolini in persona che ordina al sottosegretario e capo si Stato maggiore Giuseppe Valle, sassarese di nascita, di bombardare Barcellona e Valle, ubbidiente, lo stesso giorno invia un telegramma al generale Velardi, comandante dell’aviazione italiana a Majorca, con queste parole: “Iniziare da stanotte azione violenta su Barcellona con martellamento diluito nel tempo.”

Mussolini aveva dato questo ordine senza il permesso di Franco, per appuntarsi al petto una medaglia e mostrare al mondo chi era lui, anche a Hitler, che da pochi giorni aveva annesso l’Austria.
“Lieto che gli italiani riescano a destare orrore per la loro aggressività anziché compiacimento come mandolinisti”, dirà a Ciano il giorno 20, frase che Ciano annota nel suo diario.

Il giorno stesso, il 16, comincia l’assedio aereo di Barcellona. Gli aerei partono dalla base di Son Sant Joan, a Majorca, ed è questo il primo attacco sistematico contro la sola popolazione civile di una grande città europea. I passaggi degli aerei della morte sono così continui che la gente non sa più se le sirene suonino l’avviso dell’inizio o del termine di un bombardamento. Nelle 41 ore di lanci continui di bombe muoiono più di mille persone.

Il parlamento tedesco e il presidente della Germania, Herzog, nel 1997 chiesero scusa alla città di Guernica, riconoscendo le colpe dei soldati nazisti.

La autorità italiane si sono sempre negate, e continuano negandosi, a prendere in considerazione l’argomento. All’ultimo aviatore dei 21 che bombardarono Barcellona, tutti volontari e orgogliosi del loro operato, nel 2014 in occasione dei suoi cento anni gli fu reso omaggio e posto ad esempio dalle autorità militari e politiche; la ministra della Difesa Roberta Pinotti, attraverso “twitter” perché è moderna, gli inviò questo messaggio: “Tanti auguri all’aviatore pluridecorato”.

Quando andate a Barcellona fate due passi nella Plaça Sant Felip Neri, nel Barri Gòtic, dietro il palazzo della Generalitat, adiacente alla Cattedrale; vi sono ancora i segni delle bombe sui muri.
Eran le nove di mattina: una bomba scoppiò nella piazza e un’altra sfondò il tetto della chiesa ma scoppiò nei sotterranei dove c’erano decine di bambini orfani. Uccisi.

Italiani, brava gente.