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La nuova legge elettorale che rappresenterà (forse) il punto d’arrivo di questa travagliata XVII Legislatura politica, ci porta a trarre alcune considerazioni sullo sviluppo del principio di rappresentanza che vuole significare.

Si discorre di reintroduzione del sistema proporzionale, mandando in pensione il sistema maggioritario che venne visto, applaudito e sanzionato elettoralmente dal Referendum del 1993, come l’àncora di salvezza di uno Stato claudicante dopo lo scandalo Mani Pulite.

Risuonano ancora le parole di allora: il maggioritario garantirà governi stabili, alleanze certe, programmi chiari. Il proporzionale venne tratteggiato come il “male assoluto”, la causa della paralisi di un sistema che sosteneva se stesso dove nessuno mai vinceva le elezioni ma, neppure, nessuno le perdeva.

Ora, mi chiedo, cosa succederebbe se riportassimo le lancette dell’orologio indietro di ventiquattro anni?

Semplicemente torneremo a quelle grandi coalizioni che fanno più comodo ai partiti piccoli che a quelli grandi, tornerà la contrattazione informale, il retroscena, la dietrologia.

Tornerà il periodo nel quale non avremo idea di cosa determinerà la condotta di un governo, quale futuro voglia costruire la classe dirigente, cosa verrà prodotto a livello legislativo o quali interventi di politica economica verranno adottati.

In un siffatto discorso, viene da chiedersi come la Sardegna (con i suoi rappresentanti) potrà influire nelle scelte di governo, visto che negli ultimi anni (con il maggioritario) non è che la situazione sia andata benissimo.

Da qualche giorno sono stati pubblicati i dati che OpenPolis ha elaborato per permettere qualche considerazione sull’attività dei parlamentari nostrani.

Dati da prendere con le pinze, come giustamente ammette la stessa associazione, ma che possono aiutarci ad esprimere il disappunto perché nessuno dei nostri parlamentari, di qualsiasi schieramento, sia riuscito ad ottenere risposte per una terra che piange i suoi figli costretti a partire e che si lamenta per chi rimane senza avere troppe speranze di crescita umana, formativa e professionale.

Lo testimoniano i dati sulla disoccupazione, sui Neet e sulla inoccupazione che parlano di una crisi drammatica che diviene sempre più, oltre che economica, anche di iniziativa imprenditoriale, di sviluppo del sapere e delle conoscenze e di voglia di autodeterminazione.

Le prossime elezioni nei vari livelli, Nazionali e Regionali, segneranno un momento grave dove se non verranno prodotte alternative valide anche all’interno degli stessi partiti politici, potremmo essere davvero arrivati ad una situazione di quasi non-ritorno, dove solo un miracolo potrebbe risollevare le sorti dell’Isola che non c’è per nessuno, escluso che per l’Agenzia delle Entrate.