Su Renzi e i suoi azzardi, sulla scarsa percezione che ha dimostrato di avere degli umori del Paese, abbiamo già detto e in molti diranno ancora in queste ore.
Il risultato finale del voto e l’ampiezza della sconfitta (19 milioni di No contro 13 milioni di Sì) tolgono ogni dubbio circa la scarsissima fiducia degli italiani nei confronti di certe politiche, certe scorciatoie, certe superficiali semplificazioni e anche certe tentazioni e degenerazioni “mercantili” (il tour per firmare Patti-patacca e l’offensiva di personaggi alla De Luca) sulle quali Renzi e i suoi si sono avvitati in maniera imbarazzante.
Noi torniamo, invece, ad accendere il faro sulla Sardegna, dove la dimensione del risultato è ancora più imbarazzante per i vessilliferi del Sì, a cominciare dal presidente della Giunta regionale.
I 616 mila (contro 237 mila) che hanno respinto la riforma Renzi e l’endorsement anti-autonomista di Pigliaru hanno inferto a quel fronte di governo il più sonoro tra gli schiaffi arrivati in giro per lo Stivale.
Davvero c’è qualcuno dotato di un briciolo di onestà intellettuale che può pensare che ciò sia accaduto perché la gente ha seguito ciò che hanno predicato Grillo, Berlusconi, Salvini, Bersani, Brunetta o Fassina?
Può darsi che qualcuno di quelli che ha mostrato di vivere nell’Iperuranio possa essere davvero convinto.
Eppure la verità è un’altra e i signori che sono al governo della Sardegna l’hanno costruita con paziente dedizione verso il suicidio politico, in questi ultimi due anni e dieci mesi.
Lo hanno fatto con la testardaggine dei tecnocrati che sembrano vivere fuori dal tempo, assumendo decisioni e atteggiamenti che in maniera scientifica hanno ottenuto un duplice risultato: non migliorare le cose e alienarsi le simpatie dei sardi.
Perché alle decisioni sbagliate e all’atteggiamento sprezzante che è proprio dei baroni che sono infastiditi dal popolo che si lamenta hanno aggiunto un terzo fattore, che alla lunga – al cospetto dei sardi – si paga: la totale assenza di autonomia, l’impressione che fosse più importante la fedeltà allo Stato e al Partito che gli interessi dei sardi che stanno male.
Non si spiegano altrimenti le gestioni lunari di partite che incidono direttamente sulla carne delle persone: dal dimensionamento scolastico (“Passeremo alla storia come quelli che chiudono scuole invece di aprirle, è un errore”, disse persino Soru), al taglio dei servizi nelle zone interne (“Sono processi inevitabili”, disse l’ineffabile Paci ad Austis), la scarsa comunicazione coi sindaci (clamorosa l’assenza di Pigliaru nel corso dell’ultima manifestazione sul bilancio armonizzato), la continuità territoriale che non funziona e il pasticcio Ryanair (con l’evidenza sempre negata), le scelte incomprensibili su ambiente e inceneritori, la guerra tra territori sulle sedi di Enti e agenzie, l’aridità dei numeri e l’astrusità di certe regole sempre preferita all’empatia della politica.
E poi, come già detto, l’insopportabile omogeneità con tutto quel che è governativo e renziano.
Il tutto condito con un crescente senso di fastidio nei confronti del dissenso e dei contestatori, anche quelli costruttivi.
Chi scrive ha provato ad aprire gli occhi a Pigliaru, nell’interesse della Sardegna, per mesi e mesi. Avevo e avevamo sperato nel fatto che potesse rappresentare una svolta positiva.
Quanto ci sbagliavamo lo abbiamo realizzato il 14 settembre 2016, quando – commentando le dimissioni del sottoscritto dalla direzione de L’Unione Sarda (che niente c’entrano con lui) – disse ai suoi interlocutori in un vertice di maggioranza (o dovremmo dire di minoranza, visti i risultati di ieri): “Finalmente da domani non tutto verrà raccontato come negativo”.
Vede, professore. La gente è stanca di sentire racconti o “metaracconti”, come quelli che ci avete propinato in queste ultime settimane lei, Paci, Renzi, Boschi, Delrio, Serracchiani e Finocchiaro, nel vostro tour in lungo e in largo per la Sardegna.
I sardi vi hanno giudicato per quel che siete davvero, per i fatti negativi che avete prodotto, per l’assenza di ogni slancio di umanità e di sensibilità politica, per il vostro scarso grado di indipendenza dal potere romano e per la tentazione tecnocratica che presiede a ogni vostra scelta pubblica.
Vi hanno giudicato per questo – molto più severamente che nel resto d’Italia – non per quello che io o altri abbiamo raccontato con onestà, ma solo per questo.
Sa qual è il dramma, per tutti noi (e purtroppo anche per voi), caro professore? Il dramma è che abbiamo imparato a conoscerla e che dunque lei non cambierà di un millimetro la sua azione e il suo atteggiamento: proverà a negare il significato politico di questo disastro, proverà a non mutare il suo atteggiamento e le sue politiche, accrescendo così i problemi della Sardegna e la sua impopolarità.
Purtroppo non si annunciano tempi buoni per la nostra terra: speriamo di essere smentiti, ma di fronte a noi abbiamo un ulteriore calvario di due anni. E la disperante prospettiva, per chi sarà destinato a succederle, di trovarsi di fronte a un disastro al quale sarà davvero difficile mettere mano.
Auguri a tutti noi, che per ora dobbiamo accontentarci dello scampato pericolo.
Eppure penso che Pigliaru dovrebbe seguire la strada di Renzi: dimissioni.
I sardi non hanno solo votato per dire no alla riforma renziana della Costituzione ma hanno mandato un chiaro segnale di non gradimento della politica antisarda del presidente.
Perché mi chiedo se saremo in grado di sopportare quello che si prospetta un lungo biennio per il popolo sardo.
Pigliaru, segui a ruota Renzi e dimettiti, per il bene di tutti noi Sardi . Il NO in Sardegna è schiacciante anche per MERITO tuo !
Condivido in tutto questa sua analisi, è lo specchio della realtà… un uomo saggio lascierebbe la poltrona subito.
Sogno un partito pronto a farsi portavoce di questo 72%.
Purtroppo senza continuiamo ad essere in balìa dei soliti noti.
Caro Direttore
l’analisi dei risultati è davvero difficile per le tante ragioni che potevano spingere al voto in una direzione o nell’altra o anche al non voto.
Sicuramente c’è un disagio di fondo nei confronti di chi intendeva spacciare un misero +0,9% (ancora tendenziale) di crescita del PIL come l’avvio di una portentosa ripresa. Basterebbero poche nozioni di matematica per “scoprire” che le variazioni non sono altro che un confronto tra due numeri (in questo caso) rilevati in due momenti temporali diversi. Insomma +0,9% annuo bene che vada è un arresto della decrescita o meglio semplice conferma della stagnazione in cui ci troviamo. Se poi si considera quanto il PIL italiano dipenda dalla spesa pubblica e quanta spesa pubblica sia fatta a debito….allora i conti … sono davvero “drogati”.
Non tornano i veri conti ai tanti che non hanno prospettive, non trovano lavoro o opportunità, non avranno alcuna pensione ad attenderli, vedono i soliti amici degli amici (meno capaci di loro) succhiare soldi pubblici come ai bei tempi e via dicendo come è a tutti noto. Qui dentro ci sono anche quelli che cercano con l’iniziativa autonoma di procurarsi con la loro fatica quanto portare a casa sul piatto, ma che si vedono minacciati dalla burocrazia e (se non in nero) seppelliti di adempimenti e prelievi fiscali.
Chissà cosa accadrà se la BCE dovesse allentare la protezione attuale. Di sicuro si preannunciano tempi davvero difficili di reale crisi economica e quindi sociale di fronte a cui (come insegna la storia) si può: far finta di niente e rimanere passivi rispetto alla nuova “distribuzione delle brioches” al popolo oppure farsi trovare davvero pronti per riprendere in mano il destino della Sardegna e le sorti dei nostri figli, a cominciare dalle prossime elezioni regionali. Il treno italia ha da tempo preso il binario sbagliato e noi siamo indubbiamente l’ultimo vagone!
Saluti
Pigliaru deve dimettersi questo è chiaro basta l’arroganza dei nominati! Zona franca e autonomia sola soluzione
Complimenti. Lucidissima analisi come suo solito. “I sardi vi hanno giudicato per quel che siete davvero, per i fatti negativi che avete prodotto, per l’assenza di ogni slancio di umanità e di sensibilità politica, per il vostro scarso grado di indipendenza dal potere romano e per la tentazione tecnocratica che presiede a ogni vostra scelta pubblica.”. Non c’è niente di peggio se non il loro dopo che sarà ancora più marcatamente disastroso.
Un vecchio Presidente amava dire che ” uno Stato che non è in grado di spendere a deficit non sarà mai in grado di garantire lo Stato Sociale , oggi direbbe Welfare”. Un altra grande Premier affermava invece ” Soldi Pubblici? Lo stato non ha soldi pubblici, quelli che definiscono pubblici sono in realtà i soldi che voi lavorate, i vostri risparmi, le tasse che voi pagate. Quindi quando vi diranno che stanno spendendo i soldi pubblici, mentono, stanno spendendo i vostri soldi”. Possiamo farci male quanto vogliamo a parlare di PIL, di debito pubblico, di Spread, di stagnazione,di recessione e chi più ne ha più ne metta. E’ stata distrutto il futuro di un intera generazione in nome del pareggio di bilancio, del rapporto deficit/pil, del patto di stabilità. della legge Fornero, del Jobs act,delle leggi di mercato che tutto sono fuorchè un qualcosa che tocchi l’economia reale. E’ stato distrutto il potere di acquisto di un intera classe sociale, quella classe media che da sempre è stata l’ago della bilancia delle economie, ma in nome di cosa e per cosa? Ma se invece di analizzare l’esito del voto ci sforzassimo di nominare una classe dirigente capace di riappropriarsi di una vera sovranità economica, politica e monetaria e capace di applicare all’economia i più elementari principi di Keynesiana memoria?
Salve Pietro,
non torno qui a confermare chi sono i padri del disastro che ci circonda creando una entità (VERA) che si chiama debito pubblico ossia debito reale mio, suo, delle imprese nostre, dei nostri figli e dei figli dei loro figli. E dove c’è un debito, c’è un credito di pari importo! Ci saranno quindi dei creditori che saranno ben pronti a far valere le loro ragioni e diritti e un tribunale che gli darà ragione ordinando le azioni esecutive su tutto quello che potrà aggredirsi (gli scettici si vadano a leggere le azioni esecutive ordinate ed eseguite nei confronti dei beni degli stati – dei loro cittadini e imprese – che vanno in default!). E quando questi creditori non sono anche contesualmente debitori (sono creditori non italiani, cioé non sono cittadini o imprese italiane ma di altro Stato) …. allora sono davvero seri problemi per tutti. Senza contare i pesantissmi effetti sull’economia REALE che si avrebbero.
Ma una domanda non riesco a trattenerla: non le basta il Keynesiano Paci :-)?
Secondo me Keynes si sta rivoltando nella tomba tutte le volte che sente il Paci di turno riempirsi la bocca con il suo nome per fare nuovi mutui e quindi nuovo debito da “regalare” a chi verrà dopo di lui!
Saluti
Salve Vale,
Se Paci di Keynesiano avesse e facesse qualcosa sarei d’accordo con lei 🙂 ma ahimè i fatti ci dicono il contrario. Lei che , mi pare di capire conosce la materia economica, ha detto cose vere, in effetti il debito pubblico c’è, è innegabile, e non è nostro, purtroppo. Non è nostro da quando abbiamo scelleratamente affidato la Banca d’Italia alle amorevoli cure di istituti privati , tra le quali BNL, MPS, Unicredit etc etc, togliendola dall’ala protettiva e di controllo del Ministero del Tesoro nel lontano 1981. Ma allora siamo in un vicolo cieco? Non c’è via di fuga? Non esiste un rimedio per far ripartire l’economia, il potere di acquisto delle famiglie, svincolare i mercati dal caldo abbraccio delle speculazioni finanziarie, ridurre il debito pubblico e far tornare a crescere il PIL? Io non ci credo, c’è sempre una via di fuga, basta solo avere il coraggio di percorrerla.
Saluti 🙂
516.577 Gli Astenuti in Sardegna sono la magioranza ma nessuno ne parla