È tristemente giusto che alcuni amici del fronte del Sì ricordino a noi – che portiamo la croce del No, e con essa l’etichetta di gufi, disfattisti, tantopeggisti, accozzaglisti – che non è forse un grande argomento ricordare che con questa riforma è in serio pericolo l’autonomia della Sardegna.
Hanno buon gioco nel ricordarci che intere generazioni di politici sardi – da parlamentari a presidenti di Regione, da ministri a consiglieri regionali – mai hanno davvero esercitato questa autonomia. Non solo quella istituzionale ma anzitutto quella di pensiero e di azione politica.
È giusto dunque interrogarsi e ricordare le diverse stagioni. È giusto mischiare Mario Melis con Pigliaru, Pietro Soddu con Cappellacci o Nino Carrus con Soru? Ognuno ha la sua idea ma io credo che un discrimine tra prima e seconda Repubblica vada fatto, così come tra prima e seconda Autonomia.
Da venti anni e più siamo in epoca di “nominati”: tutti i parlamentari sardi sono stati scelti a Roma, uno ad uno. Abbiamo visto di tutto: posizioni in lista scalate nel corso dell’ultima notte, gente depennata o recuperata pur avendo perso le primarie. Potevamo aspettarci autonomia da Roma da chi doveva il suo posto in Parlamento a Roma?
Prendete le candidature alla presidenza della Regione nella seconda Autonomia, dal 1994 a oggi: con la logica del maggioritario ogni governatore è stato scelto a Roma prima che in Sardegna.
Negli anni in cui il presidente è stato omologo tra Roma e Cagliari (Pili-Berlusconi, Soru-Prodi, Cappellacci-Berlusconi, Pigliaru-Renzi) non abbiamo registrato autonomie, è vero. Qualcuno dice di aver ottenuto di più del dovuto, proprio in ragione di questa omogeneità, ma la maggior parte dei sardi non se ne è accorta. E oggi presenta il conto al sistema.
Così, invece che con le persone e con i comportamenti, ce la prendiamo con l’istituzione.
Invece di pretendere un cambiamento e favorire un cambiamento vero (presidenti e programmi scelti in Sardegna, per la Sardegna) qualcuno sceglie la scorciatoia di toglierla direttamente alla fonte, l’autonomia possibile.
E mentre avanzano i vessilliferi anti-suffragio universale, perdiamo un altro pezzo di diritto a decidere. Forse è un male necessario, accelerare la deriva. Prima arriva, il disastro finale, e meglio è.
Almeno quel giorno avremo smesso di scavare e potremo iniziare a risalire.
Questo post mi ricorda la canzone di Mina che dice ” l’importante è finire …” Mi auguro invece che i sardi capiscano qual’è il pericolo che stanno correndo e che vadano in massa a votare per il NO. Come dice il mio amico Gen. Scalas, le rivoluzioni si possono fare anche nella cabina elettorale con la matita copiativa in mano sia.
Spereus beni