Nei giorni in cui a Praga, dove vivo da diversi anni, si commemorano i moti studenteschi che portarono alla caduta del regime comunista e ci si interroga sul percorso democratico passato e futuro della Repubblica Ceca (percorso che in questi mesi non appare cosi’ fluido e esente da pericoli), ricevo il certificato elettorale per votare al referendum costituzionale in Italia.

Attendo ancora la lettera inviata da Renzi ai cittadini residenti all’estero per perorare le cause del SÌ.

Da molti, nella comunità italiana in Repubblica Ceca, l’iniziativa del premier viene vista come un segnale chiaro di timore: gli expat italiani sono parecchi e nelle ultime elezioni hanno avuto un ruolo determinante, in gran parte determinato dal fatto di non essere succubi dell’informazione allineata alle posizioni del presidente del Consiglio.

Si sa, lo sguardo dall’alto consente di cogliere il panorama in maniera più ampia.

La distanza e il raffronto con realtà differenti consentono di affinare il senso critico. Far presa sugli elettori oltre confine diviene quanto mai difficile.

E da lontano ragiono continuamente su quella che per me, in quanto sardo, è la questione centrale di questo referendum: qual è la visione che i sardi hanno di sé in quanto soggetto politico e qua è l’atteggiamento della classe politica verso un referendum che mira a limitare in maniera decisiva l’autonomia e la forza rappresentativa dei territori?

Alla prima domanda risponderanno le urne. Alla seconda direi che possiamo gia dare una risposta dettata dalla cronaca politica.

Il presidente Pigliaru, in particolare, mi ricorda il personaggio principale dello splendido romanzo di Kazuo Ishiguro, “Quel che resta del giorno” (reso celebre anche dalla trasposizione cinematografica interpretata da Anthony Hopkins).

Proprio come il maggiordomo Stevens, il governatore sta passando il suo mandato ad ossequiare, servire e riverire in maniera miope il padrone di turno, senza rendersi conto di quanto pericolose siano le posizioni di “Lord Renzi” per il bene della propria gente (la fedeltà del maggiordomo verso Lord Darlington gli impedisce di accorgersi delle simpatie naziste del suo padrone), ed è talmente calato nel proprio ruolo da non saper vivere la propria vita e tantomeno essere empatico (l’episodio dei sindaci non ricevuti è simbolicamente identico alla scena nella quale Stevens non dedica tempo al padre morente per continuare ostinatamente a svolgere le proprie mansioni).

Quel che farà Pigliaru con quel che resta della sua giornata non ci è dato sapere. Ma questo referendum pone ai sardi un quesito chiaro: volete continuare ad essere dei maggiordomi che si accontentano di servire il the ai potenti di turno che decidono della nostra sorte?