Rassicuro Federico Fubini che non c’è alcun giallo dietro le mie dimissioni da direttore di Euklid LTD e presidente del Fondo di investimento omonimo lussemburghese (le due cariche sono connesse), come già gli è stato inutilmente comunicato dalla società prima dell’uscita del suo commento. Il suo è il nulla mascherato da un falso, al quale ho ormai fatto l’abitudine.

Contrariamente a quanto scritto, non ho partecipato a un fondo speculativo, ma di investimento serio e innovativo. Mi sono dimesso dagli incarichi, invero a malincuore e spiegherò il perché, ancor prima di conoscere come sarebbe andata a finire la mia designazione a Ministro dell’Economia e delle Finanze per evitare che i validi giovani che hanno dato vita all’iniziativa pagassero le conseguenze delle vicende riguardanti la mia vita pubblica.

Ho seguito per anni le loro performance sperimentali prima di decidere di partecipare in prima persona alla start up; essa ha avuto riconoscimenti europei e internazionali, nonché una lungimirante accoglienza inglese. Capisco che questi sentimenti non albergano nell’animo di Fubini ed è perciò che mi sembra utile ripercorrere oltre ai fatti, anche i motivi teorici che mi hanno convinto di cimentarmi nell’intrapresa.

La prima è la validità dei modelli econometrico-finanziari che ancora si usano per decidere le scelte di investimento e valutare il merito di credito. Ho accennato al problema rispondendo all’amico Renato Brunetta in Parlamento. Sono tra i primi economisti che hanno usato l’econometria, avendo avuto la fortuna di partecipare in Banca d’Italia alla preparazione del primo modello matematico dell’economia italiana M1BI.

Tuttavia, fin dalla crisi petrolifera di metà anni 1970 è risultato chiaro che i modelli non coglievano i mutamenti repentini delle variabili geopolitiche e geoeconomiche e, dopo un breve periodo in cui essi fornirono risposte adeguate, mostrarono i loro limiti come strumenti previsivi. A questi modelli sono stati apportati importanti perfezionamenti, ma la storia recente dimostra che non ce la fanno a prevedere, soprattutto “le svolte”.

Il mio allievo Antonio Simeone, fondatore e AD di Euklid, mi aprì gli occhi sulle nuove metodologie dell’intelligenza artificiale e cominciai a riflettere.

Ho anche scritto su una rivista estera considerazioni che mi hanno valso lusinghieri riconoscimenti. Osservando le performance degli algoritmi, mi convinsi che ero di fronte a una rivoluzione metodologica e culturale. I progressi dell’economia avevano quasi messo al bando il metodo induttivo, quello dei praticoni che usano il fiuto, per sostituirlo con il metodo deduttivo, secondo cui dagli assunti (cause) si può risalire agli effetti. Se si modificano i primi si influenzano i secondi; i risultati dipendono quindi dalla validità delle ipotesi di come l’economista considera il funzionamento dell’economia.

Questo è lo scontro in atto in Europa: l’assunto è che la stabilità monetaria e finanziaria sia presupposto della crescita del reddito e dell’occupazione. In teoria si può anche sostenere che così possa essere, ma la pratica ha respinto la validità di questa ipotesi. Bisognerebbe sperimentare l’opposto, almeno per un periodo sufficiente.

Gli algoritmi possono essere d’aiuto, perché riaccreditano il metodo induttivo, però su basi scientifiche; ossia dall’osservazione di molte variabili eterogenee (i big data) si risale alla previsione. Penso che questo metodo sia più valido dell’econometria come strumento previsivo. Da cui il fascino che ha esercitato su di me l’iniziativa, come ho scritto in chiare lettere nelle mie memorie, in epoca non influenzata dalle mie vicende successive.

Non ho mai inseguito onori e guadagni fine a se stessi e anche per Euklid, come per le altre mie esperienze, inclusa quella in corso, sono guidato, come scrisse Keynes, dalla curiosità di sperimentare la validità di nuove idee e di nuovi metodi di calcolo, non dal desiderio di servire interessi costituiti come altrui consuetudine.