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Cando si faeddat subra de is fenòmenos migratòrios, su chi si faghet a parusu est pònnere in evidèntzia su puntu de vista de su migrante o de sa sotziedade chi dd’acollit. Prus pagu a s’ispissu si faghet riferimentu a is cunseguèntzias pro sa colletividade de orìgine.
Su primu consideru chi podimus fàghere est chi is chi espatriant sunt in generale is persones prus motivadas, cun prus grandu voluntade e capatzidade de adatamentu: in pagas paràulas sa mègius parte, sa prus ativa e giòvana de una comunidade.
Pro sa natzione dae in ue lompent est unu disambenamentu de is mègius energias chi gènerat unu pèrdere sicu pro sa sotziedade.
Su resurtu inevitàbile est s’ativare-si de unu tzìrculu vitziosu pro more de su cale sa poberesa gènerat emigratzione e custa, pro su fatu chi is chi emigrant sunt in gènere is prus “vàlidos” nde cunsighit àteru depauperamentu, chi at a prodùere àtera emigratzione…e aici a in antis.
Nos devimus tando pregontare a in antis de totu si est pretzisu a chircare de pònnere unu lìmite a custu fenòmenu pro su bene de is Paisos dae in ue custos flussos lompent, chi sunt in custu momentu istòricu cussos suta-isvilupados de Àsia e de Àfrica e si nos respondimus chi eja sa pregonta chi sighit est “comente faghere?”.
Nemos tenet solutziones miraculosas pro fenòmenos epocales che a custos, ma cadaunu si depet intèndere lìberu de propònnere ideas pro dd’afrontare. Sa mègius istrategia diat èssere cussa “win-win”, est a nàrrere chi garantit vantàgios pro totus: su Paisu de orìgine, pro cussu chi allogat e pro su migrante.
Su modellu forsis de prus interessu est su de sa migratzione tzirculare.
Custa est una migratzione petzi temporànea e variàbile in su tempus, sa cale finalidade est de permìtere a s’ospile sa crèschida de su capitale umanu cosa sua gràtzias a s’achirimentu de cumpetèntzias in is atividades de impresa, opuru in sa gestione eficatze e efitziente de s’amministratzione pùblica o galu in atividades manuales e pràticas.
S’idea est massimamente sa de is istages aziendales, in is istitutziones o in àteros àmbitos, ma de manera sistemàtica e adatada a su mundu de s’emigratzione.
Acabadu custu perìodu de formatzione (sa longària cosa sia diat pòdere variare pro esèmpiu dae duas a sete annos) s’ispàtziu lassadu lìberu si diat pòdere pònnere a disponimentu de un’àteru istràngiu.
Una cosa de importu est chi cando su migrante torrat a su Paisu suo diant a èssere aprontados totus is istrumentos pro ddu sighire e suportare in is dificultades eventuales chi diat pòdere agatare in s’adatamentu de is cumpetèntzias retzidas a un’àtera realidade de manera diferente cumplessa.
Ma sa migratziones tzirculare etotu diat a èssere posta a intro de unu programma generale de ricostrutzione e isvilupu chi diat àere che modellu de riferimentu su pranu Marshall (chi su guvernu de is USA aiat ativadu in favore de is Paisos europeos a pustis de sa segunda gherra mundiale), ma meda prus ampru e de prus impinnu dae ambos is puntos de vista de is àreas geogràficas interessadas e de is resursas econòmicas chi si diant dèpere impreare.
Quanto scritto a livello teorico potrebbe avere grande senso e (se ipoteticamente reso operativo) arginare uno dei più grandi problemi della Sardegna che è effetto e causa del sottosviluppo in cui ci troviamo da sempre: l’emigrazione (proprio delle risorse migliori: istruite, qualificate, più intraprendenti, e via dicendo)!
Se però si passa dalla teoria alla pratica, specie considerando i flussi di immigrazione che stiamo subendo, quanto scritto è totalmente PRIVO di aderenza con la realtà. I flussi migratori che stiamo subendo sono INDOTTI in grandissima parte (a livello numerico) da STORTURE introdotte dagli stessi Stati:
–lo stato italiano ha interesse ad avere una maggiore flessibilità nel proprio disastrato bilancio attraverso la scusa dei maggiori costi per la cosi detta accoglienza dei migranti. E’ ovvio che invece la maggiore spesa pubblica (di cui si chiede l’autorizzazione all’UE) è ordinata esclusivamente a fini CLIENTELARI (dalle cooperative per l’accoglienza, alle tantissime imprese che fanno business con soldi pubblici sui flussi) per generare e conservare VOTI, VOTI e VOTI (come la generalità della spesa pubblica )
–le cooperative o altre imprese con i servizi (di qualsiasi tipo con utente il migrante) fanno business, i proprietari / gestori di strutture ricettive fanno business, i tour operator o meglio le organizzazioni criminali che spostano queste masse fanno business, spesso riconoscendo il voto al politico che finanzia queste politiche di falsa accoglienza
Queste STORTURE alla fine fanno si che (a differenza della teoria sopra esposta), anziché arrivare individui intraprendenti, di valore, istruiti o qualificati (vera ricchezza per uno Stato che li riceve come hanno sempre fatto gli Stati Uniti!), arrivano delle persone assolutamente prive di queste caratteristiche (nella media si intende), molte delle quali sono semplicemente mosse dalla promessa dell’accoglienza e degli spicci (NUOVO CLIENTELISMO INDIRETTO: politico-business man-migrante) che gli vengono dati.
Il problema sarà ovviamente quando questi soldi pubblici finiranno: quando l’albergatore o il titolare dell’agriturismo non troverà più l’accredito del Ministero, così come la cooperativa o altra impresa non vedrà le sue fatture pagate perché non ci sono più i soldi pubblici per pagare tutto questo. Dove andranno queste persone che non sono istruite, non hanno qualifiche e non avranno un tetto, pasto o alcun spicciolo in tasca?
Saluti
il mio intento era presentare il problema migratorio da un punto di vista diverso quasi mai preso in considerazione. Continuo a credere che le persone che scelgono di mettere a rischio la propria esistenza partendo dall’Africa sub-sahariana, vendendo tutti i propri beni e affrontando un viaggio di migliaia di chilometri in cui rischiano la morte sono IN MEDIA la parte migliore della società da cui provengono. Un discorso completamente diverso andrebbe fatto per gli algerini che sbarcano sulle nostre coste dopo poche ore di viaggio in mare e che spesso sono mossi da intenzioni tutt’altro che positive.Il problema della gestione di un fenomeno migratorio incontrollato è ovviamente suscettibile di generare abusi di tutti i tipi, come quelli che hai citato. Quello che ho prospettato è un punto di vista, appunto teorico e quindi la cui fattibilità è tutta da dimostrare, in cui tutti i Paesi ricchi del globo si fanno promotori insieme di un piano di ricostruzione e sviluppo sul modello del piano Marshall che ha permesso la ricostruzione dell’Europa nell’immediato dopoguerra. Assieme alla ricostruzione sarebbe ovviamente necessario consentire ai Paesi beneficiati di accrescere il proprio capitale umano, attraverso di un piano parallelo di formazione delle classi dirigenti locali, nella pubblica amministrazione, nell’impresa etc…. Queste si potrebbero formare nei Paesi del primo mondo per poi operare nel proprio Paesi con il background acquisito. In ogni caso dovrebbe essere loro garantito il sostegno e il supporto dei Paesi più sviluppati nell’attività di implementazione delle nuove competenze. Come hai scritto questa ipotesi di gestione del fenomeno migratorio è suggestiva e in teoria valida. Quello che ho voluto sottolineare in questo intervento è che spesso ci si concentra su singoli aspetti di un problema complesso, dimenticando tutti gli altri. C’è da chiedersi perchè ad esempio quasi mai si citano o analizzano le conseguenze dell’emigrazione sui Paese di provenienza. E’ infatti probabile che una visione d’insieme sia in grado di fornire, oltre a diverse chiavi di lettura, anche soluzioni più efficaci.
Caro Alessandro, il presupposto da cui parti (una nazione o sistema economico che domanda e riceve dei flussi di immigrati si arricchisce perché riceve nella media persone intraprendenti, qualificate e-o istruite; viceversa la nazione da cui partono quelle stesse persone si impoverisce) è corretto e gli Stati Uniti sono un grandissimo esempio pratico e di concreto successo di ciò. Hanno beneficiato e (nonostante quello che si scrive dai media locali) continuano a beneficiare dell’afflusso delle migliori risorse da tutto il mondo, avendo università, aziende e anche le stesse istituzioni/enti pubblici pronte a riconoscere e premiare il merito indipendentemente dalla provenienza.
Il tuo intento e ragionamento che muovi (sulla base di questo giustissimo presupposto) è interessante e di valore. Personalmente vedo debolezze negli altri presupposti che poni: gli stati si devono mettere d’accordo, fare e condividere un piano comune, destinare risorse finanziare e via dicendo. Sappiamo bene oggi però quanto sono INCAPACI gli stati e i loro rappresentanti in primis ad amministrare i soldi pubblici per il bene comune: tutto è ordinato all’accrescimento o alla conservazione del potere, dal posto da eletto in un parlamento o consiglio o se trombato in un qualche ente, consiglio o altro, fino al ruolo di consulente o faccendiere. Tutti a succhiare e mangiare i soldi sottratti ai cittadini e alle imprese con intenti e formule teoricamente giuste (Tutti devono contribuire in ragione della propria capacità contributiva alla cosa pubblica), ma in concreto realizzate (la spesa di quei soldi) con fini molto più meschini come la cronaca ogni giorno ci da conto (dalle penne di pregio, ai rimborsi chilometrici incredibili fino ad arrivare alle consulenze, agli appalti o acquisti ben indirizzati).
E’ ora di abbandonare un sistema che non può essere più riformato.
Saluti e complimenti per stile e idee (sempre apprezzabile)
sa