In questi giorni di Ferragosto ho assistito, nella stessa spiaggia, alla epifania della fine della nostra civiltà occidentale, e al trionfo delle altre culture.

Il bambino italiano era solo, giocava da solo, aveva sotto l’ombrellone mille giochi uno più bello dell’altro.

Eppure non faceva altro che lamentarsi ogni volta che veniva lasciato solo dalla mamma.

Tutto attorno a lui un’orda di dieci bambini filippini che giocavano tutti insieme solo con la sabbia e l’acqua, chiassosi e divertenti. Schizzandosi l’un l’altro e prendendosi in giro, come facevamo noi, un tempo.

I bambini asiatici si lanciavano in acqua sotto gli occhi bonariamente rimproveranti e divertiti dei genitori e degli zii, mentre il bambino italiano rimaneva solo, incapace di un divertimento da bambini.

È stata un’immagine chiara. Noi non facciamo più figli (io per primo, non ne ho) e quei pochi che abbiamo non vengono educati a stare assieme agli altri.

L’immagine stessa dei nostri figli-principini che arrivano in spiaggia seguiti da genitori-sherpa che si caricano sul basto chili di giochi di tutti i tipi, che puntualmente verranno ignorati in spiaggia dai bimbi, è emblematica dei nostri tempi oramai davvero finiti.

Il mondo apparterrà ad altri, a chi ancora è capace di divertirsi con il nulla, a chi cresce i propri figli a stare assieme agli altri. Apparterrà a chi ancora è capace di sorridere.

P.S. Due vecchie apparentemente in salute, sulla pedana dei posti riservati alle convenzioni con le asl e con il comune, sbraitavano contro le famiglie dei filippini che occupavano quattro ombrelloni.

Chiedeva agli assistenti spiaggia di allontanarli o di far loro pagare di più.

Le vecchie cagliaritane erano l’immagine precisa e chiara della nostra civiltà che non ha più nulla da dire, se non morire.

Le famiglie filippine, con i loro sorrisi, la loro educazione e i loro bambini benedizione del cielo, erano l’immagine del futuro. Il futuro sarà di chi impara a stare assieme agli altri. Noi siamo morti, da tempo.