(L’articolo è pubblicato per gentile concessione dell’autore e del sito web manifestosardo.org)

In Sardegna, il sistema politico è malato. Non potrebbe essere altrimenti visto che il Consiglio regionale, la giunta regionale e il suo Presidente sono il prodotto illegittimo di una legge elettorale incostituzionale; che una parte importante del ceto politico è interessata da una questione morale che spesso sconfina in una vera e propria questione “giudiziaria”.

Ma questi, a ben vedere, sono solo i sintomi di una patologia che riconosce una eziologia ben precisa: la cattiva politica. Quella politica, piccola, piccola, che non perde occasione per manifestare il suo disprezzo della pubblica opinione. Quella cattiva politica che, dopo aver contribuito ad incancrenire i drammatici problemi in cui si dibatte la Sardegna, aver approvato tutte le azioni del governo regionale – dalle leggi finanziarie e di bilancio alle politiche ambientali, da quelle paesaggistiche a quelle energetiche, dalla cosiddetta riforma degli enti locali a quella sanitaria – decide di tirarsi fuori dal disastro che essa stessa ha determinato.

Un comportamento che ricorda quei bambini viziati e dispettosi che quando vedono che la partita si mette male prendono il pallone e scappano via. La stessa cattiva politica che, non avendo vincoli di coerenza, può tranquillamente sostenere indifferentemente giunte e politiche di destra o di centro-sinistra. Quella che pensa che basti assumere una nuova identità, per potersi presentare, lindi e pinti e con le mani libere, tra due anni o forse prima, ai cittadini sardi, sperando che abbiano poca memoria e sopratutto che non riconoscano, sotto quel nuovo look, la vecchia politica trasformista.

Ma la cattiva politica assume spesso il volto cinico e freddo del burattinaio che dalla ovattate stanze di una qualche Fondazione tira le fila del potere. Grazie, anche, alle risorse di cui dispone, condiziona le istituzioni, la vita interna dei partiti, ma anche e sopratutto l’economia, la cultura, gli affari. Oggi il potere in Sardegna ha le sembianze rassicuranti di un grande filantropo che distribuisce con generosità incarichi e prebende: presidenze, assessorati, autorità varie.

Ai predestinati si richiedono fedeltà e obbedienza, il merito e la competenza sono spesso degli optional. Un potere che disprezza la volontà popolare e che vorrebbe addirittura coartarla, come nel caso di quel sindaco della capitale del capo di sopra a cui niente è stato risparmiato per impedirgli di amministrare. Il sistema politico sardo è una palude stagnante, tutto rimane immobile sotto una cappa di aria mefitica. La Sardegna ha bisogno di uno scossone forte, violento.

C’è l’urgenza di avviare un processo di profondo rinnovamento. La Sardegna ha necessità di aria pulita, fresca, limpida, trasparente, che spazzi via i tanti, troppi, “gattopardi” della politica. La Sardegna ha bisogno della buona politica.