(Per leggere l’articolo in italiano cliccare sulla bandierina in alto e selezionare quella tricolore)
++ la versione in lingua sarda è in fase di elaborazione ++
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Carlo Poddi says:
Giampaolo Pisu says:
Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione
ovvero
Piano d’Azione Nazionale sul Green Public Procurement (PANGPP)
CRITERI AMBIENTALI MINIMI PER LA
NUOVA COSTRUZIONE, RISTRUTTURAZIONE E MANUTENZIONE
DI EDIFICI
1 PREMESSA
Questo documento è parte integrante del Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione, di seguito PAN GPP ed inoltre tiene conto di quanto proposto nelle Comunicazioni su Consumo e Produzione Sostenibile (COM 397-2008) e sul GPP (COM 400-2008), adottate dal Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea.
In relazione a quanto indicato al punto 4.2 “Obiettivo nazionale” del PAN GPP e nella Comunicazione COM 400-2008 al par. 5.1, l’obiettivo proposto è di raggiungere entro il 2015, la quota del 50% di appalti verdi sul totale degli appalti aggiudicati per le forniture di questa categoria di prodotti. Tale percentuale verrà valutata sia sulla base del numero che del valore totale degli appalti.
Allo scopo di valutare la diffusione degli appalti pubblici verdi ed il relativo impatto sull’ambiente, l’ANAC in accordo con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Ministero dell’Ambiente) ha istituito e gestisce uno specifico sistema di monitoraggio.
Per consentire l’attuazione del citato monitoraggio le stazioni appaltanti ai sensi dell’art. 7 comma 8 del D. Lgs. 163/06 debbono comunicare ad ANAC, nel rispetto delle modalità da questa previste, i dati sui propri acquisti fatti conformemente ai Criteri Ambientali Minimi, (CAM), adottati con decreto del Ministro dell’Ambiente.
I CAM definiti in questo documento saranno oggetto di aggiornamento periodico per tener conto dell’evoluzione della normativa, della tecnologia e dell’esperienza.
2 OSSERVAZIONI
È qui il caso di ricordare alcuni concetti introduttivi e non esaustivi della tematica del: costruire con materiali “sostenibili”.
Se è indubbio che i materiali, siano essi detriti di demolizione sia provenienti da altre produzioni, debbano essere riciclati per ricavarne altri a minor impatto ambientale, è altrettanto vero che non tutti i materiali possono essere riciclati.
Il vetro, la carta, gli scarti di origine ferrosa, la plastica possono rappresentare una, non certo esaustiva, categoria di materie riciclabili caratterizzata da stabilità (inalterabilità, durevolezza, invariabilità) da riutilizzare in campo edile che possono assicurare una buona qualità dell’edificato.
Affermare che tutti gli scarti di lavorazione debbano essere riutilizzati, che un progetto sostenibile con questi criteri consente di ridurre i costi operativi e aumentare la produttività degli utenti finali, riducendo nel contempo, le potenziali responsabilità conseguenti ai problemi relativi alla scarsa qualità dell’aria interna agli edifici, la trovo un’affermazione priva di ragionevolezza.
Prescrivere la composizione del cemento con un apporto MINIMO DEL 5% (= qualsiasi quantità) di una non meglio specificata “materia riciclata”, posto che sappiamo che il cemento già contiene una quantità imprecisata di scorie da altoforno (polveri), equivale ad autorizzare lo smaltimento di prodotti inquinanti ed oltremodo pericoli, all’interno di “preparati” e preconfezionati, ad uso nuova costruzione, ristrutturazione ecc.ecc.
Equivale anche a dire che, siccome anche le scorie nucleari possono essere riciclate ma le certifichiamo con etichette ambientali, i preconfezionati che le contengono sono sostenibili perché possono minimizzare o eliminare del tutto gli impatti ambientali negativi. Ben inteso, dev’essere una scelta consapevole che passa attraverso pratiche progettuali, costruttive e di esercizio migliorative rispetto a quelle comunemente in uso.
Nel rimanere esterrefatto da simili affermazioni nonché prescrizioni puntuali e precise anche in termini di peso di materiali da riutilizzare in rapporto al demolito (nella percentuale a mio avviso sproporzionata e pari al 50-60%), ritengo che tale normativa sia stata ideata e poi concretizzata ad uso e consumo delle multinazionali anche a giudicare la mole del giro di affari dei paesi europei ed extra europei in cui vige tale normativa.
Una considerazione ed uno spunto di riflessione che voglio portare all’attenzione: sebbene trasformati e certificati con etichetta ambientale, alcuni ed in definitiva molti scarti di lavorazione, non possono essere riutilizzati ma smaltiti correttamente in luoghi idonei.
All’apparenza familiare, il termine: materiale sostenibile-green building, usiamo un materiale “green”, è spesso confuso con altre tecniche costruttive che prevedono l’utilizzo di materiali naturali. Per il solo fatto che viene introdotto il termine inglese: green, non vuol affatto dire che utilizziamo prodotti “verdi=naturali”!
Ulteriore paradosso risiede nel fatto che, intanto si inizia, passa la teoria del contenimento dei consumi della pubblica amministrazione; i progetti e le costruzioni pubbliche debbono praticamente nascondere la mondezza sotto il tappeto ma siccome si certifica che i materiali utilizzati possiedono una etichetta ambientale, aumenta il valore di mercato dell’immobile.
Mica male il business che si crea con lo smaltimento dei rifiuti: da oggi in poi tutti gli scarti di lavorazione non vengono più avviati in discarica ma deviati verso quegli stabilimenti di trasformazione da dove usciranno con etichetta ambientale.
Questi, per essere credibili, debbono essere avvalorati da una pratica gestionale sufficientemente complessa, devono essere trasportati con autocarri alimentati a Gpl o preferibilmente elettrici, devono essere gestiti da personale di cantiere formato con specifici compiti attinenti alla gestione ambientale del cantiere con particolare riguardo a:
-) sistema di gestione ambientale;
-) gestione delle acque;
-) gestione dei rifiuti.
In definitiva, ci vogliono far scontare il referendum sul nucleare, non che sia a favore ma è indubbio che anche questa norma comunitaria, sia un’imposizione sbagliata e mal celata che potrà portare ad un risultato paragonabile all’attuale scandalo Eternit. Oggi che abbiamo capito e conosciuto gli effetti.
Ma 30 o 40 anni fa, chi poteva immaginare un simile disastro?!
P.S. La logica folle dei compartimenti stagni.
A parte su sonnu de is ‘politici’ (s’iat a nàrrere ca funt calaos in calatzone – in grecu letargia –), ma sa magistradura ite at fatu o est faendho, su letu de is ‘politici’ (e de is chi dhue tenent àtera responsabbilidade e àteru interessu?
Avevo segnalato sul mio BLOG “benedettopitzeriblog.wordpress.com” in un mio post del 16 Novembre 2013 dal titolo “DRAMMA RIFIUTI TOSSICI” (“Molti di questi rifiuti tossici provenienti dalla miniera di Furtei, sono finiti nel sottofondo stradale della 131”) e delle bretelle laterali.
Dov’erano i politici che oggi gridano allo scandalo??
Cosa ha fatto la Regione??
Cosa hanno fatto gli organismi sanitari DI CONTROLLO PREPOSTI (arpas)?
E i Sindaci interessati ai sicuri inquinamenti dei loro terreni e delle loro falde acquifere quali azioni hanno intrapreso??
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari (dott. Daniele Caria), al termine di complesse indagini, ha chiesto il rinvio a giudizio di Stewart James Grant, McEwen Brian Roy e William Redmonty, dirigenti della Sardinia Gold Mining, società mineraria responsabile del disastro ambientale su circa 350 ettari conseguente all’abbandono della miniera d’oro di Santu Miali, a Furtei (Sud Sardegna).
Si Avvicinano le Elezioni Regionali e a molti fa comodo soffiare su “questo fuoco”!!!