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++ la versione in lingua sarda è in fase di elaborazione ++
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Vittorio Sechi says:
Carlo Poddi says:
Considerazioni (quasi tutte) interessanti e ben argomentate. Complimenti all’avvocato.
Tuttavia l’ultima considerazione è poco realistica e condivisibile. Riprende (in altra salsa) le dicerie (o fesserie) dei pochi potenti che decidono per gli altri (tra l’altro respinte con decisione al punto 2).
Probabilmente la forma mentis (pregevole…per carità nessuna critica in ciò) dell’avvocato non lo porta a considerare che questi flussi hanno in grandissima parte una e solo una ragione: i SOLDI. Ma non quelli di Mr Google o Mr Alibaba, ma quelli (molti, molti e molti di più) dei cittadini e delle imprese di oggi (TASSE) e di domani (DEBITO PUBBLICO): I SOLDI PUBBLICI quelli che manovrati a tutti i livelli (e sappiamo quanti sono!) dei politici e dei burocrati ne consentono le fortune e il mantenimento di potere. E’ stranoto il meccanismo che in ultima istanza genera benefici al politico (potere ergo voti), burocrate (potere ergo vantaggi), prenditori (servizi ai migranti in tutto e per tutto merce) amici dei politici e dei burocrati (ossia rimborsi con denari pubblici). A fronte di questi benefici, paga sempre pantalone: il contribuente di oggi e di domani.
Manca però caro Avvocato un punto molto importante sul tema che lei non tratta: perchè ci si ostina a non chiedere il parere alle comunità interessate da questi flussi? Perché si ha paura di dare la parola o voto ai cittadini che pagano tutto questo? Perché dobbiamo sentirci i sedicenti intellettuali dire di “rabbrividire” per quello che direbbe in qualche modo il popolo?
Saluti
Divento invidioso per la accuratezza della descrizione, la discrezione e l’incisivita.
Più che condividerne integralmente il contenuto, mi dispiaccio per le conclusioni, talmente vere e disperanti da far scendere le lacrime .
E, proprio in questo caso, ci si rende conto di quanto sia vero quel proverbio che recita: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare .
Analisi pacata e meditata, impeccabile, da profondo conoscitore del problema.
Conoscitore parziale.
L’angolo di visuale, in questo caso, è tecnico, di una persona avvezza a misurarsi sul filo del diritto, e, di conseguenza, a misurare anche il mondo delle relazioni con lo stesso metro. Per carità, aspetto fondamentale, non contesto questo lato del più complesso problema ‘migrazione’. Giustamente, un giurista analizza in primis questo aspetto. Ma il fenomeno dei flussi migratori, soprattutto quando è accentuato da problematiche sottostanti assai complesse, non si esaurisce nei comma e negli articoli di legge, che al più servirebbero per regolamentarlo. Li sopravanza per necessità e se ne frega del compìto lessico giuridico, perché lo ignora totalmente.
Esiste, però, anche un problema poco specioso, assai meno dottrinale, e molto più pragmatico.
Mi spiego.
Chi si misura con questo fenomeno non può prescindere da altri aspetti assai più cogenti di una norma giuridica.
Chi redige l’articolo forse ignora, ma ciò sarebbe alquanto singolare, che, per quanto attiene alle migrazioni di natura economica, chiamiamole così, tanto per intenderci – non dunque per i profughi -, l’ottenimento di un regolare temporaneo permesso di soggiorno è vincolato alla dichiarazione, all’atto della richiesta, dello svolgmento di un’attività economica sufficiente ed utile per garantire l’autonomo sostentamento del richiedente. Ne deriva che il 90% (dato iperbolico, non matematico, ma rende l’idea) dei migranti che vengono qui in Italia attraversando il Mare Nostrum, si trasformi in ambulante in un amen. Ciò, inevitabilmente e correttamente, implica la registrazione presso gli enti e gli istituti di previdenza e dell’agenzia delle entrate. Ora accade, come accade a tutti, che l’Inps, per citarne uno, dopo qualche tempo di mancata percezione dei contributi previdenziali, invii a questi ambulanti (poi ragioniamo intorno al termine ambulante) una cartella di diffida per ottenere il versamento di quanto dovuto, conteggiato sulla base di tabelle nazionali. Evidente che, trattandosi di meri procacciatori di un minimo per sostentarsi quotidianamente (elemosine), questi signori, in gran parte provenienti dall’Africa nera e sub sahariana (Senegal, Camerun, Nigeria, Marocco, Tunisia etc…), non abbiano le risorse economiche per far fronte alle lecite richieste provenienti dai predetti istituti o enti.
Nulla questio! No problem! Chi se ne frega!
I permessi di soggiorno sono temporanei. Giunti a scadenza abbisognano di rinnovo (non meno di sei mesi per ottenere l’esito). La procedura esige che si valutino vari fattori, uno dei quali riguarda proprio la regolarità contributiva. In carenza o in mancanza di questo requisito, il permesso è negato. ‘L’ambulante’ smette di essere tale e diventa una persona ospitata abusivamente in territorio nazionale. In poche parole: clandestino.
Lo status di clandestinità non consente alcun movimento (soprattutto se e quando l’ospitalità, abusiva, è offerta, anzi carpita ad un’isola, qual è la Sardegna). Niente più voli: troppo rischiosi, niente più navi, se non a rischio di essere individuati. Men che meno spostamenti extranazionali, se non quelli illeciti e non ammessi proprio da quelle norme giuridiche che qualcuno vorrebbe siano l’unico sensato metro di misurazione del fenomeno, e privilegiato strumento di regolazione dei flussi, divenendo, invece, in questa fattispecie di cui alla presente narrazione, la causa causante proprio la clandestinità che vorrebbe combattere, con tutti gli annessi e connessi.
Personalmente non ho potuto aiutare un amico a rientrare (provvisoriamente) in Senegal per via del permesso di soggiorno il cui rinnovo è stato rifiutato per le motivazioni di cui alla narrazione. Ho incontrato enormi difficoltà a far rientrare in Patria (Romania, quindi non extracomunitario) una ragazza rom con prole al seguito, per l’identico motivo. Dellacserie: quando il diritto si trasforma in nemico.
Certo, ma cosa pretendo? Forse che le norme siano adattate secondo le particolari necessità, avendo presente i singoli casi? No! Non di certo. Ma certamente che le norme, nella loro inevitabile formulazione a carattere generale, tengano conto della particolarità dello status umano, in primo luogo, e sociale, come subordinato aspetto, di quanti scelgono come territorio ove cercare cibo e acqua percorrendo, per esempio, gli incontaminati km delle nostre coste, in estate. Equiparare quell’attività di sostentamento quotidiano ad un’attività lavorativa regolare, significa, senza meno, non aver presente la soverchiante e sempre più repentina modificazione del tessuto sociale del nostro Paese.
Il fenomeno evidenziato non è marginale rispetto all’intero, coinvolgendo, di fatto, almeno qui a Sassari, un’elevatissima percentuale di questi lavoratori senza lavoro, che sono poi i disprezzati questuanti che si accalcano agli ingressi di chiese, supermercati, negozi ed occupano stabilmente ogni angolo delle città.
Che fare? Mah! Definirli ai fini Inos lavoratori saltuari con minimo di reddito per la sussistenza personale, sarebbe un eccesso?
Oppure, Lasciamoli morire!
Porca miseria, soluzione semplice a problema complesso, non ci avevo pensato…
Ci penso, ma proprio non mi riesce.
Avvocato Filippini ,
Questo post accresce la stima che ho per lei. Apprezzo la sua lucida analisi e condivido il suo pensero fino all’ultima virgola
Grazie avvocato per la chiara esposizione della realtà che unisco alle Parole della studiosa di storia d’Africa docente a Torino che dice:
“C’è una propaganda che li esorta a venire in Italia spiegando che qui è tutto gratis”
Per quanto riguarda la razza, è vero, esiste solo l’uomo però esiste anche la sua cultura, le sue radici e le nostre sono cristiane. Al cristiano compete la carità ma usando anche la ragione e qui… Si sembra persa proprio l’armonia tra le due.