La recente “scoperta” del contrasto tra nuova riforma costituzionale e Statuto sardo in materia di incompatibilità tra i ruoli di Senatore e Consigliere regionale, ha improvvisamente acceso il dibattito sugli effetti della riforma sulla “specialità” sarda che, in maniera dotta, ma poco coinvolgente, vedeva insigni giuristi e semplici militanti politici barricati su fronti contrapposti, sussumibili in due scuole di pensiero.

Quella “Demuro”, secondo la quale la sussistenza di una disposizione transitoria di salvaguardia della competenze legislative sarde fino alla revisione dello Statuto e l’obbligo di una “intesa” per la sua modifica, costituiscono garanzia del mantenimento della nostra specialità; e quella “Pubusa” che ritiene che il nuovo testo dell’art. 117 della riforma, introducendo il meccanismo della clausola di “supremazia statale” in ambito legislativo, abbia pregnanti effetti automatici anche sulle competenze delle Regioni a Statuto Speciale prima della revisione di quest’ultimo.

Trattandosi di questioni complesse e dalle innumerevoli sfumature è innegabile che la bontà o meno delle rispettive tesi troverà conferma – in caso di conferma popolare della riforma – solo a seguito delle sentenze interpretative che la Corte Costituzionale sarà, inevitabilmente, chiamata a pronunciare nei prossimi anni; anni che – comunque la si pensi – si annunciano di grande incertezza giuridica.

Ma – c’è da scommetterci – il tema della “cadrega” (e relativa immunità !), oltre a risvegliare le coscienze (o gli appetiti), della classe politica nostrana potrebbe invece far bruciare le tappe per l’ “intergrazione” tra nuova Costituzione e Statuto sardo.

Veniamo al punto: l’art. 57 della riforma prevede che il nuovo Senato sia composto da soggetti scelti dai Consigli Regionali “fra i propri componenti” e i Sindaci del territorio, mentre l’art. 17 del nostro Statuto regionale stabilisce che “l’ufficio di consigliere regionale è incompatibile con quello di membro di una delle Camere (…)”.

E così, da quando in tanti hanno sollevato questo tema, oltre alle due citate (e titolate) scuole di pensiero contrapposte in materia di specialità sarda, in pochi giorni, ne sono spuntate una miriade guidate novelli – qualcuno valido, qualche altro improvvisato – giureconsulti locali (aspiranti Senatori ?): “la specialità sarda è intoccabile, ma in materia di eleggibilità prevale la Costituzione”; “lo Statuto sardo va interpretato in armonia con la Costituzione che è legge successiva allo Statuto e quindi …”; “qualunque cittadino può far valere il conflitto tra le due norme davanti a un Tar che rimetterà la questione alla Corte. La quale sua volta dichiarerà incostituzionale il divieto stabilito dallo Statuto sardo”. Queste le frasi più ricorrenti in ossequio al dictum veltroniano “ma anche” o al più simpatico maidiregol-iano “sono completamente d’accordo con Tizio, ma a metà”.

A noi, che insigni giuristi non siamo, ma semplici artigiani del diritto, talora “sbruncati”, talaltra beneficiati, da decenni di giurisprudenza creativa e da giravolte di infausti legislatori, non resta che il “dubbio” e un certo “fiuto” sul come andrà a finire.

E nel dubbio, mi fido meno delle teorie arzigogolate (spesso indice di – legittima – partigianeria), e confido più in quelle più lineari apprese negli studi del diritto romano, tra le quali, spicca il dictum sulla gerarchia delle fonti in base al quale “lex specialis derogat generali” e “lex posterior generalis non derogat priori speciali”. Che tradotto in lingua volgare significa che la lex specialis dello Statuto sardo (e dunque l’incompatibilità tra la carica di Consigliere regionale e Senatore) rimane in vigore anche dopo l’emanazione di una lex posterior generali, quale è la riforma costituzionale Renzi – Boschi.

Il mio intuito, invece, mi porta a pensare che – se passerà il SI’ – i nostri Consiglieri Regionali, non attenderanno che la giurisprudenza, nei mille rivoli delle giurisdizioni che saranno chiamate a pronunciarsi in materia, si consolidi, col rischio – nel frattempo – di vedere negato l’accesso dei propri membri al nuovo Senato delle Autonomie.

Molto più probabilmente essi revisioneranno, a rotta di collo, lo Statuto Sardo anche al solo fine di modificare il “famigerato” art. 17 che prevede l’incompatibilità delle due cariche. Con tanti saluti alla disposizione transitoria di “salvaguardia” delle competenze legislative del Consiglio Regionale sardo, in vigore – appunto – solo fino alla prima (anche minima) revisione.

Un arcano, invece, lo lascio sciogliere ai lettori: la decisione dei novelli costituenti di non affrontare il nodo della predetta incompatibilità (che, si dice, sia contenuta anche in altri Statuti speciali e non solo in quello sardo) è stata una geniale tattica di omerica memoria volta a “istigare” le Regioni autonome a revisionare a tempo di record i propri statuti (e perdere – salvo insperata magnanimità governativa – le proprie competenze legislative) o solo sciatteria ?

*Avvocato esperto di diritto comunitario