“In Sardegna sta succedendo qualcosa di nuovo, tira un’aria diversa, soffia un vento di cambiamento che fa presagire a una rinascita. Si capisce anche dal fatto che i giornali non ne parlano, cercano di soffocare sul nascere questo cambiamento”.

È una frase che mi ha fatto riflettere tutta la notte, quella che mi è stata indirizzata da un imprenditore che ha partecipato ieri a Galtellì – con me e con un altro centinaio di persone – a uno dei dibattiti che il gestore di questo blog è stato chiamato ad animare sul territorio.

Mi ha fatto riflettere soprattutto nella sua prima parte – posto che un giornalista che ha avuto il ruolo e le responsabilità che ho avuto io non si permette di parlare male dei giornali e dei suoi amati colleghi (accetto volentieri, dunque, che su di me sia calata una sorta di damnatio memoriae). “Sento soffiare, forte, il vento del cambiamento”.

Quella di ieri a Galtellì era la quinta uscita pubblica del blog e dei suoi temi (dopo quelle di Cagliari, Mamoiada, Pozzomaggiore, Sassari), intervallata dalla mie partecipazioni ad altri eventi durante la campagna referendaria, nella quale ho sostenuto la causa del No, e poi a San Giovanni Suergiu, Muravera, Nuoro, Siniscola, ancora Sassari e poi Tresnuraghes.

In questi ultimi cinque mesi ho potuto, dunque, confrontarmi dal vivo con qualche migliaio di persone, senza contare quelle che hanno voluto interagire con me sulla rete, commentando i video trasmessi in streaming o gli articoli del blog stesso.

Solo grazie al richiamo di questo nuovo amico incontrato ieri a Galtellì ho potuto trovare il minimo comune denominatore che mi ha consentito di unire le tessere: la gente non viene per parlare con me o perché io sia più importante degli altri. Le persone si muovono, vogliono parlare di politica, del futuro loro e della loro famiglia perché hanno voglia di cambiamento, di novità, di soluzioni innovative e credibili.

Hanno bisogno di non essere più tradite, vogliono fidarsi di un discorso nuovo. Lo stesso che, parallelamente agli eventi del mio blog, portano avanti gli amici di Alternativa Natzionale, dei Rossomori e di Liberu, al quale si stanno ripreparando gli amici di Sardegna Possibile e sul quale stanno dibattendo, con grande generosità, all’interno del Psd’Az.

Ma, con tutto il rispetto per gli amici dei partiti organizzati, il grosso del dibattito si sta sviluppando nella società civile sarda. All’interno del mondo delle campagne come tra gli artigiani, tra gli studenti universitari come nel mondo delle professioni. Sempre più gente è stanca di dover baciare la pantofola al potente di turno e di dover sottostare a disservizi, sottrazione di servizi e ingiustizie causate dalla degenerazione del sistema istituzionale sardo, indotta dalla degenerazione del sistema partitocratico fondato sul falso bipolarismo italiano.

In quale altra maniera possiamo interpretare le testimonianze e le sollecitazioni che sono arrivate dal pubblico soprattutto durante gli incontri di Mamoiada, Pozzomaggiore e Galtellì?

Ieri le ennesime sorprese, le sollecitazioni a pensare al mondo che produce per ragionare di una rivoluzione socio-economica che passi da una profonda riforma delle istituzioni e del loro funzionamento.

Stefano Zola, imprenditore nel settore della panificazione, partendo dalla sua esperienza, ha parlato delle potenzialità del comparto agroindustriale: “Abbiamo iniziato che in provincia di Nuoro c’erano centinaia di forni, oggi siamo rimasti pochissimi. La crisi c’è ma noi pensiamo alle opportunità: la disoccupazione si batte investendo sui prodotti locali. Perché persino noi siamo costretti ad approvvigionarci di materie prime fuori dalla Sardegna? C’è una potenzialità inespressa e ignorata, una prateria sulla quale investire e puntare”.

E in questo senso preziosa è stata l’esperienza raccontata da Lorenzo Moi, vicepresidente dell’associazione Antico Grano Tricumonoro: “Abbiamo riscoperto il grano dei nuragici, ci stiamo investendo risorse importanti. Abbiamo iniziato nel 2008 a Orosei producendo farine profumate e saporite. Quest’anno abbiamo seminato quasi trenta ettari, spingendoci fino alla Gallura e poi a Sorgono e nel Medio Campidano. La resa è molto bassa: 20 quintali a ettaro. Poca ma di altissima qualità. Così creiamo valore aggiunto: il prezzo non scoraggia chi si è innamorato di questo prodotto di qualità, adatto a chi è intollerante al glutine. Ora recupereremo l’antico mulino a pietra di Orosei. C’è sempre più gente interessata. Il segreto? Investire in formazione”

Matias Winkler, svizzero di nascita, da 16 anni imprenditore turistico a Orosei: “Oramai mi sento sardo, sento forte l’aria del cambiamento. Forse è arrivata l’ora di metterci assieme e fare sistema. Noi lavoriamo bene, non possiamo lamentarci. Ma tutti dovremmo fare meglio e di più. Da nuovo sardo mi chiedo: com’è possibile che la politica sarda sia così succube e dipendente dall’Italia. È una regione speciale, ha le caratteristiche per prendere qua le decisioni che sono necessarie a decidere il proprio futuro”

E poi Stefania Fronteddu, alla guida di un’azienda familiare che si occupa di florovivaismo da tre generazioni: “Distribuiamo tanti stipendi ma spesso ci sentiamo schiacciati dalla burocrazia. L’agricoltura sarda rischia di morire di burocrazia. Spesso non possiamo che investire con i nostri soldi, viste le difficoltà ad accedere al credito e ai bandi Por. E poi serve un gigantesco lavoro culturale: l’agricoltura andrebbe “insegnata” ai bambini sin da piccoli, per far sì che tutti apprendano sin da tenera età il valore della terra e il rispetto per ciò che è naturale”

Elia Schintu, laureato in Relazioni internazionali che lavora nel settore turistico a Orosei: “Alla Sardegna manca una voce unitaria, forte e indipendente dal punto di vista politico. Nessun miglioramento potrà esserci dal punto di vista occupazionale o sociale fino a quando non avremo preso possesso del governo dei settori fondamentali: entrate, trasporti, infrastrutture. Nessuna risposta può arrivare, è stato dimostrato ,dai partiti italiani: serve una rivoluzione culturale. Sono qua per sentire parole chiare su questo”.

Così come importanti sono state le testimonianze dei sindaci di Galtellì Giovanni Santo Porcu e di quello di Irgoli Giovanni Porcu: da entrambi è arrivato un forte stimolo a valorizzare il lavoro delle amministrazioni locali. Specie quelle dell’interno sono decise a non abbassare la guardia, per tutelare le loro comunità, i loro cittadini, la loro storia e il loro diritto a esistere.

Così come importante, per me, è stato l’intervento di un leader indipendentista generoso come Bustianu Cumpostu, che ho trovato praticamente in tutti gli eventi ai quali ho partecipato.

Ultimo ma doveroso il mio grazie a Bachisio Bandinu: la lucidità e l’onestà della sua analisi hanno reso la serata di ieri ancora più speciale.

Grazie a tutti, dunque. A chi ha partecipato, a chi parteciperà, a chi ha letto questo articolo, a chi vorrà dare il suo apporto, a chi crede che il cambiamento è davvero possibile.