Vista la confermata decisione con DPCM di intensificare, procrastinandole, le misure di «distanziamento sociale» adottate per il contenimento dell’epidemia, assistiamo a uno sviluppo di scenari e proiezioni di breve-medio termine sulla base dei quali è verosimile valutare che una reale, compiuta uscita dallo stato di emergenza sarà possibile solo quando diverranno disponibili un vaccino e cure farmacologiche adeguate a combattere il virus.
Ciò lascia intendere che, fino ad allora (dunque è prevedibile non prima del nuovo anno), difficilmente potranno riprendere e avere luogo – almeno in modo tradizionale – tutte quelle attività di carattere «sociale» che presuppongono o necessitano un contatto ravvicinato, come spettacoli, teatri, proiezioni cinematografiche, concerti, manifestazioni sportive, culturali, presentazioni, convegni, incontri, e via enumerando…, comprese con ogni probabilità anche le attività di esercenti all’interno dei centri commerciali, nonché bar e ristoranti su cui graveranno severe restrizioni che ne pregiudicheranno significativamente offerta e capacità di accoglienza, ecc.
Per la scuola pertanto, sulla base dello stato presente delle cose, sembra difficile immaginare realisticamente che possano tornare in classe prima del 18 maggio p.v. (la dead-line tracciata dal DL 22/2020) nonché affrontare le prove, spostandosi contemporaneamente dalle loro case alle rispettive istituzioni scolastiche, i circa 460 mila studenti che devono sostenere l’esame di Stato, nonché i 500 mila studenti di tredici-quattordici anni che (accompagnati dai genitori) dovrebbero anch’essi affrontare, per gli esami di Stato del primo ciclo, tre prove scritte più una orale.
Si tratta, pertanto, di “salvare”, per quanto possibile, gli esami di terza media e, in particolare, gli esami di «maturità», consci tuttavia che – attraverso questo esame «light», com’è stato definito in termini giornalistici – resta ben poco di quello che è l’esame di Stato vero e proprio considerando, altresì, che è difficile ipotizzare, garantendolo per tutti gli studenti, un esame on-line (che presupporrebbe per ciascuno non solo la disponibilità di un personal computer o di un tablet, ma anche, e in via non rinunciabile, di una connessione adeguata).
Le misure specifiche adottate fin qui dalla Ministra Lucia Azzolina hanno riguardato l’autorizzazione della spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali nonché di dispositivi di protezione e igiene personali (art. 77 del D.L. 18/2020), oltre che misure per la didattica a distanza. Con il DL 22/2020, in discussione alle Camere, la Azzolina dispone provvedimenti che vanno quasi tutti nella direzione di deroghe e proroghe: deroghe alle disposizioni sugli esami di Stato, agli scrutini finali nonché alle prove INVALSI, e proroghe per quanto riguarda le graduatorie d’Istituto e GAE e adozione dei libri di testo; gli unici interventi aggiuntivi sono le risorse destinate all’innovazione digitale e alla didattica laboratoriale finalizzate all’acquisto di piattaforme e strumenti digitali da parte delle scuole statali (10 milioni di euro); alla messa a disposizione di dispositivi digitali individuali in comodato d’uso per gli studenti meno abbienti (70 milioni di euro); alla formazione del personale (5 milioni di euro), cui si aggiungono i 2 milioni di euro per le scuole paritarie. Nel complesso risorse assai limitate se viste in una prospettiva di non breve durata.
Problemi non dissimili presenta l’avvio del prossimo anno scolastico: le istituzioni scolastiche, infatti, in massima parte, non sono in grado di garantire aule/spazi adeguati per un efficace distanziamento tra studenti, la qual cosa con ogni probabilità comporterà il determinarsi di una situazione ibrida che prevede – sempre sulla base degli accertamenti e delle valutazioni degli esperti sul contagio e sullo stato della diffusione della pandemia alla ripresa del nuovo anno scolastico – metà degli alunni in classe e l’altra metà su piattaforma in streaming.
E tuttavia è bizzarro, per non dire deprimente o grottesco, pensare che una soluzione pragmatica al problema delle cd «classi-pollaio» ci venga offerta dal coronavirus.
Qui sono in gioco problemi sia legati alla povertà economica che a quella educativa, con un combinato disposto che coniuga la penuria di mezzi con la mancanza di istruzione e dunque con il non poter accedere a una adeguata formazione.
Secondo l’Istat nel 2008, anno d’inizio della crisi economica mondiale, i bambini e gli adolescenti che versavano in stato di indigenza erano 375.000; trascorsi dieci anni nel 2018, sempre secondo i dati Istat, la quantità di bambini e adolescenti in povertà assoluta appare triplicata: è pari al 12% dei minori italiani (parliamo di ben 1.262.000 ragazzi).
Con la prospettiva delle lezioni a distanza c’è il rischio che questa cifra salga. Secondo un report di «Save the Children» delle 61.000 famiglie italiane con figli compresi tra 14 e 19 anni, il 27% non ha accesso a Internet; un bambino su otto, tra gli 11 e i 14 anni, non ha mai navigato in Rete negli ultimi tre mesi; alle scuole medie per ogni ventiquattro alunni la didattica a distanza rischia di perderne tre (cosicché si aggrava la situazione di chi prima era a rischio, che si troverà tagliato fuori); solo nel Lazio (secondo dati dell’Associazione nazionale presidi, avvalorati da un sondaggio della Rete degli studenti Medi) il 15% della popolazione studentesca della Regione (pari a poco meno di 110.000 studenti) non dispone di un pc per seguire le lezioni on-line.
Ma bisogna tener presente che studenti e ragazzi del Sud pagheranno uno scotto maggiore rispetto ai loro coetanei settentrionali, nonché che ad avere difficoltà – tanto in questo momento quanto in un futuro prossimo – non saranno solo le famiglie che hanno scarse disponibilità economica, ma anche quelle con più figli o con entrambi i genitori confinati a casa in smart-working (dal momento che, anche laddove vi siano più mezzi, non è detto che vi sia disponibilità di un pc per ciascuno).
Insistere sull’opportunità offerte dall’emergenza coronavirus per accelerare percorsi verso una scuola e un’educazione digitale, senza tener conto di questa dura realtà, appare una fuga in avanti gravida di conseguenze negative.
La scuola di qualità deve essere per tutti, non solo per la parte più attrezzata del Paese.
I concorsi ordinari e speciali per docenti, meritoriamente banditi dal Ministero per un numero complessivo di 48 mila posti vacanti non si potranno espletare nei tempi stabiliti per il perdurare dell’emergenza. Purtroppo questo è un dato oggettivo che non può essere ignorato. D’altro canto occorre pensare all’apertura del nuovo anno scolastico, sia se le scuole potranno riaprire o se dovrà perdurare la fase delle lezioni a distanza, o qualche altra forma intermedia.
Le misure che si intendono adottare, ora al vaglio del Parlamento, sono le seguenti:
Con il comma 4, si stabilisce che le procedure di istituzione delle graduatorie provinciali per le supplenze e di costituzione delle graduatorie di istituto siano rinviate all’anno scolastico 2020-2021 con decorrenza dall’anno scolastico 2021-2022, prorogando nel contempo la validità delle graduatorie di istituto vigenti.
Qui c’è una duplice criticità: in primo luogo l’impossibilità di aggiornare per tempo le graduatorie provinciali; in secondo luogo perché se le graduatorie di istituto vengono aggiornate senza che parallelamente siano modificate le graduatorie GAE (che generano la prima fascia delle graduatorie di istituto) si genera un contenzioso da parte di aspiranti che, non potendo ottenere il miglioramento di posizione per il mancato aggiornamento delle graduatorie provinciali, si trovano penalizzati dai contratti di supplenza derivanti da graduatorie di istituto come riconosciuto da due sentenze del TAR Lazio.
Per questo si dispone il riallineamento delle procedure, attraverso l’anticipazione all’anno scolastico 2020-2021, con decorrenza dall’anno scolastico 2021-2022, dell’aggiornamento delle graduatorie a esaurimento.
Il Ministro dell’Istruzione ha dichiarato di voler trovare una soluzione alla difficoltà amministrativa e burocratica di istituire le graduatorie provinciali già a partire dall’anno scolastico 2020-2021. Ciò presupporrebbe, da un punto di vista normativo, una sorta di «mossa del cavallo»: infatti, se il Parlamento modificasse lo strumento di istituzione del regolamento sulle supplenze, introducendo la possibilità di utilizzare il “decreto ministeriale, l’iter si snellirebbe notevolmente (aggirando le lentezze burocratiche causate dall’emanazione dei pareri necessari), permettendone l’istituzione e addivenendo così a una rapida soluzione del problema.
In tal modo l’anticipazione avrebbe come effetto il «parallelismo» tra graduatorie a esaurimento e graduatorie d’istituto, rispondendo ad una precisa esigenza di coerenza dell’ordinamento.
*senatore, già componente della commissione Cultura e Istruzione
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