C’è una pubblicità di un’agenzia di prestiti in cui un vecchietto dice, a grandi linee, che viveva disperato perché aveva due prestiti da pagare, mentre ora – avendo preso un nuovo prestito dall’agenzia in questione – vive felice e si gode la pensione.

E io ogni volta che la vedo penso sempre che sia assurdo farmi vedere un vecchietto felice perché ha contratto il terzo prestito per pagare i primi due.

Ma cosa cavolo ha da essere felice, mi chiedo.

Allo stesso modo l’assessore alla Programmazione Raffaele Paci, esulta per aver contratto un mutuo da 550 milioni. Dopo averne già contratto uno di 700 milioni l’anno scorso.

La nostra sanità, non contenta di divorare 3 miliardi di euro l’anno, ora è sotto anche di ulteriori 120 milioni rispetto alle previsioni? Si risolve contraendo un altro bel mutuo.

E dalla tasca di Pantalone escono allegramente ripetuti flussi di milioni per tutti.

Ce n’è per Abbanoa, che nonostante i problemi si guarda bene dal tagliare sui costi dei dirigenti, per millantate Agenzie sarde delle Entrate da un paio di milioni l’anno, viaggi e viaggetti di cortesia, e ce n’è abbastanza anche per finanziare fiction, giunta dopo giunta, nella convinzione che il turismo si attiri pagando con i soldi della collettività le spese di produzione di chi i soldi li intasca privatamente.
E se i soldi non bastano… un bel mutuo e la vita ti sorride!

In realtà non sarà possibile uscire da questa spirale di malgoverno, che viene ripetutamente scaricata da una giunta sulla successiva e da tutte assieme sulle spalle del popolo sardo.

Se la Regione ha carenza di entrate dovrebbe chiedersi da dove dovrebbero arrivare le sue entrate.

Forse dall’economia che ha lasciato morire? Forse dalle imprese che chiudono ogni giorno? O forse dagli agricoltori e pastori che ha costretto ad emigrare altrove?

Da quale economia dovrebbero arrivare i soldi nelle casse regionali?

Strizzando i 440 mila pensionati che ormai rappresentano un quarto della popolazione totale, oppure dissanguando quel quarto di famiglie sul totale che vive in povertà assoluta, o su quella metà di giovani che non hanno un lavoro?

O forse confidiamo in quelle tasse regionali che continuano ad andare dritte dritte a Roma e che poi bisogna fare le viae crucis piagnucolanti per riavere indietro a rate?

Ma questa politica che ha abdicato al proprio dovere di costruire un’economia sana e un sistema sociale dinamico ha due grandi soluzioni: contrarre debiti che non si sa come pagare e vendere per due soldi i gioielli di famiglia.

Una sorta di accanimento terapeutico su un’economia che precedentemente ha cercato in ogni modo di soffocare.

Da lungo tempo infatti la Giunta Pigliaru sta mettendo ripetutamente (e silenziosamente) in vendita beni della Regione a prezzi scontati.

Da posti barca a capannoni a uffici, stabili, terreni, fino alla celebre madre di tutte le fregature per il popolo sardo: il tentativo di vendita della tenuta agricola di Surigheddu.

1200 ettari di terre fertili e 24000 metri quadri di stabili sottratti a potenziali agricoltori sardi e messi all’asta per ricchi emiri e speculatori di tutto il mondo.

Una giunta, (anche) quella di Pigliaru, che tira a campare alla giornata e in allegria, credendo di poter rinviare i problemi indebitandosi e vendendosi il tavolo e il letto.

“Chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza”

Appare ormai evidente a tutti che questo meccanismo non può funzionare.

Può esistere una nazione che spera di tirare avanti senza un’economia produttiva?

Che vita stiamo consegnando ai nostri figli?

Quella umiliante della servitù assistenzialista o quella delle multinazionali che col ricatto della fame ci trasformeranno in discarica d’Europa?

Il colonialismo italiano e la gestione dei suoi delegati sardi ormai impone all’ordine del giorno direttamente la questione della salvezza nazionale del popolo sardo: o ci svegliamo adesso o questo sarà il secolo della nostra estinzione.

*segretario di Libe.r.u.