Nel nostro ciclo dedicato al centenario della fondazione del PcdI e del PSd’Az abbiamo incominciato con Antonio Gramsci e a seguire con Renzo Laconi.
Ora passiamo da Mario Melis per chiudere con Emilio Lussu nel webinar programmato per il 30 aprile.
Una scelta non casuale: è un cammino circolare che parte dalle radici e vi ritorna perché come Scuola di cultura politica siamo convinti che la conoscenza delle nostre radici sia sempre una guida valida per affrontare i problemi del presente.
Incomincio subito dicendo che Anthony Muroni ha scritto un bel libro su Mario Melis nel doppio centenario della nascita di Melis e della fondazione del PSd’Az.
Nel leggere i ringraziamenti iniziali si comprende che per la scrittura di questo libro Muroni ha raccolto tanti materiali, tante testimonianze e indicazioni di vario genere da poter scrivere un volume di almeno 500 pagine, ma fortunatamente non lo ha fatto. Ha fatto un’altra cosa.
Muroni è un giornalista professionista, un bravo giornalista, per cui ha affrontato la scrittura del libro con un metodo sapiente e intelligente: ha scritto per sottrazione.
Ne risulta un volume ridotto all’essenziale, tanto sintetico quanto efficace nel descrivere a tutto tondo il personaggio Mario Melis.
Ne viene fuori un uomo onesto, politico accorto e colto, legatissimo alla famiglia, oratore raffinato e passionale, un vero leader guida di quella stagione di risveglio del popolo sardo, artefice di una stagione di semina di un sardismo diffuso, del senso della sardità e del sentirsi nazione, ancorché non teorizzata se non in piccoli e incisivi circoli e periodici culturali di allora, che mancano da diverso tempo nella politica isolana.
Melis è stato senatore nel 1976, diventa consigliere regionale nel 1979, presidente nel 1982 per la prima volta e successivamente dal 1984 al 1989, successivamente fu europarlamentare fino al 1994.
Qui ricordo che Melis è stato il padre della lotta contro le servitù militari che hanno impedito lo sviluppo economico e sociale in alcuni dei comuni maggiormente toccati da quell’infausto sistema, alfiere di quella richiesta netta allo stato centrale del loro ridimensionamento con la ridislocazione più equa nel resto dell’Italia. Nella conferenza programmatica del 1981 dedicata alle problematiche delle servitù militari, Mario Melis ebbe a dire “La solidarietà intesa come fatto unilaterale è pura ipocrisia tesa a nascondere ed a mascherare il colonialismo. L’italianità dei sardi si misura entro i limiti della sardità degli italiani “.
Quella presa di posizione viene ricordata ancora oggi da quei giovani e quei movimenti che continuano a battersi per il superamento definitivo delle servitù militari.
Con 146 pagine, di cui 16 dedicate a testimonianze fotografiche, Muroni ci restituisce la figura di Mario Melis e di quella stagione politica che tanto ha fatto per la Sardegna e per l’organizzazione della stessa struttura regionale.
Emerge il personaggio politico, l’uomo, l’intellettuale che voleva portare la Sardegna con i suoi problemi e le sue potenzialità in Europa e nel mondo.
E’ Mario Melis che parla attraverso i suoi discorsi politici e le prese di posizione nei diversi ruoli ricoperti nella sua carriera politica e negli svariati luoghi in cui ha rappresentato la Sardegna, non la sua parte, ma la Sardegna intera.
Così intendeva il suo ruolo di presidente e così ha cercato di essere: il Presidente dei Sardi. Di lui parlano anche alcuni testimoni a loro volta protagonisti di quel periodo e parlano i familiari, i tre figli.
Quando si tenta di accomunare al Partito Sardo d’Azione un programma o tendenze separatiste, Melis insorge con nettezza e forza e chiarisce che “Separatismo per me è uguale a isolamento e perciò è l’esatta antitesi del sardismo. Noi vogliamo integrarci non solo con l’Italia, ma con l’Europa con una forma statale di tipo federale”.
Con Melis, il PSd’Az è chiaramente schierato a sinistra e questo ha sempre creato molti problemi ad alcuni partiti nazionali, DC soprattutto, e settori dello Stato al punto da essere stato, a quel tempo, promotore di vere e proprie provocazioni ai danni del partito e di alcuni suoi esponenti di punta.
In pochissime righe questi episodi sono tratteggiati in maniera rigorosa.
Melis è presidente della Giunta, ma anziché limitarsi ad agire come espressione del solo esecutivo agisce sempre da Presidente dei Sardi , anche in virtù della grande importanza e del ruolo preminente da lui riservato al Consiglio Regionale, cosa questa non scontata e mai più ripresa dopo quella stagione politica.
Infatti, a partire dalla seconda repubblica sia a livello nazionale che in campo regionale è sempre prevalsa l’idea e il progetto di ritenere l’esecutivo, cioè il Governo nazionale e le Giunte Regionali, al di sopra del legislativo, ovvero del Parlamento e dei Consigli Regionali. Nel periodo attuale ne abbiamo la riprova tutti i giorni.
Nei confronti dello Stato il comportamento di Melis non è mai stato subalterno o acquiescente, ma ha sempre interloquito da pari a pari. Melis era per l’autogoverno e nel suo ruolo ha esercitato al massimo delle sue energie, nelle condizioni date, gli spazi di sovranità permessi dall’ordinamento istituzionale.
Una persona mite, passionale e determinata. Una figura che emerge quale protagonista di quella costante resistenziale teorizzata da Giovanni Lilliu, di cui si trova più di una traccia in Bellieni, tra i fondatori del PSd’Az e in quello straordinario lascito politico e culturale di Giovanni Maria Angioy di oltre due secoli fa che abbiamo già affrontato nelle iniziative della nostra scuola di cultura politica.
Un libro che merita di avere tanti lettori perché genera curiosità, attenzione e voglia di approfondire per riprendere il filo di un discorso interrotto, quello del sardismo diffuso e del possibile ruolo della Sardegna nell’Europa dei popoli di oggi e di domani.
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