A Gonnosfanadiga, sabato scorso, ho portato la fascia da sindaco con una motivazione fortissima: mostrare ai sardi che un pezzo delle istituzioni, il pezzo più vicino alla terra e a chi lavora quella terra, non è d’accordo con quanto le istituzioni maggiori, le più lontane da noi, avallano alle spalle dei cittadini. Ho indossato la fascia come pietra dello scandalo e l’ho tenuta per l’intera manifestazione. Era e rimane un gesto di sfida.
L’appello di Pier Franco Devias a levarla, lo scambio di “carezze” che ne è seguito in rete e la velocità con cui tutto ciò ha spinto in secondo piano i motivi per cui eravamo a Gonnosfanadiga, mi permettono comunque di avanzare questa osservazione. Bisogna dare corpo e voce all’indipendentismo moderato, che esiste ma fatica a farsi sentire e rimane schiacciato tra l’indipendentismo di lotta, che punta prima di tutto alla rivendicazione, e quello di governo, che punta prima di tutto all’accomodamento con la maggioranza italiana.
Provo a spiegarmi. Ho come obiettivo personale portare all’indipendentismo, o al più dolce verbo dell’autodeterminazione, molti uomini e donne cui sono parecchio vicino. Tra essi conto una neurologa che lavora al Brotzu, un manager di Tiscali, un’insegnante che occupa al Dettori la stessa cattedra dalla quale prendevamo lezione, un magistrato, un ingegnere che lavora alla Saras, un cardiologo che sta al Marino, un imprenditore che lavora le carni, una veterinaria della Asl, un medico di famiglia. Non sono esempi scelti a caso: con tutto ciò che si può dire sulla crisi del ceto medio o sull’indolenza della borghesia sarda, queste sono le persone che ancora oggi muovono soldi, opinione e potere nell’isola. Voglio portarle dalla nostra parte e non ce la farò mai senza l’aiuto di un’offerta politica adeguata: vale a dire, se nello schieramento indipendentista non c’è qualcuno che parla la loro stessa lingua.
A persone di questo tipo non importa nulla che io mi tolga la fascia da sindaco durante una manifestazione di protesta. Non hanno bisogno di gesti eclatanti per “convertirsi”. Il manager di Tiscali, ogni volta che c’incontriamo e parliamo dell’indipendenza della Sardegna mi chiede: «Dov’è il business plan?». A queste persone interesserebbe invece molto un indipendentismo che parlasse di economia ed espansione prima che di giustizia sociale, di cosmopolitismo prima che d’identitarismo, d’impresa e istruzione specialistica prima che di diritti acquisiti, di futuro prima che di passato, d’integrazione europea e mondiale prima che di anticolonialismo. Senza l’appoggio di questa gente, l’indipendentismo sardo non entrerà mai nella stanza dei bottoni.
Perciò, tornando all’appello di Devias, alle chiacchierate di questi mesi, alle manifestazioni e agli incontri come quelli di Gonnosfanadiga e Siniscola, faccio una richiesta. Si ponga all’ordine del giorno la nascita di un “centro” indipendentista, capace di accogliere i moderati di destra e di sinistra. Non vedo via più logica e aderente alla realtà del corpo elettorale – che nella sua massa di mezzo è esattamente questo: “moderata” – per arrivare a conquistare una posizione rilevante in Consiglio regionale.
*sindaco di Villanovaforru
Quoto in pieno il concetto di allineare il linguaggio con chi indipendentista non è, per portarlo su posizioni indipendentiste.
L’indipendentismo è un punto di arrivo, ma l’importante è fare SUBITO dei passi in quella direzione, con i fatti concreti, a prescindere dai simboli.
Complimenti per il coraggio!
Concordo con il Sindaco Onnis: personalmente, da quando ho scelto di fare politica attiva, ho sempre cercato di portare sul campo alcuni fra temi, prospettive ed obiettivi raggiungibili, non teorici ed empirici, bensì conseguibili nel medio-breve periodo. Sicuramente ciò non si confà con il modus operandi non tecnico dei politici scafati, ma è l’unico modo per affrontare ed aggredire i problemi che quotidianamente preoccupano ed affliggono i nostri concittadini.
Il manager di Tiscali, sicuramente persona più concreto/a, giustamente richiede Business Plan: definire una politica, un programma, degli obiettivi etc
Ora, questo Business Plan, lo possono scrivere le stesse teste che furono dentro esperienza Sardegna Possibile?
Le stesse che qualche giorno fa hanno partecipato a Gonnosfanadiga?
Leggere loro pensieri sui social, fa accapponare la pelle: non investirei nemmeno un centesimo dopo averli letti
D’accordo al 200%. Sindaci come te sono la materia prima dell’indipendentismo che può vincere
Finalmente qualcuno che vuole rappresentare una collettività e non se stesso e il suo smisurato ego.
Condivido il pensiero.
Sindaco era ora!!! Grazie
@https://www.facebook.com/gippedduJossu/posts/10202004837319932. Credo la prima salita in campo
Ho cercato di pensare a come potrebbe essere un modello di indipendentismo moderno e, pertanto, allego questa mia nota che ho postato su Facebook che, lo spero, possa far conversare e dibattere l’argomento.
https://www.facebook.com/notes/paolo-leone-biancu/surfare-in-direzione-della-nostra-indipendenza-si-pu%C3%B2/10153815957666327
Più che di moderazione, di comunicazione si tratta.
Di per se “indipendentismo moderato” è un ossimoro.
Ma se cambiamo lo stereotipo dell’indipendentista rivoluzionario in berritta, chiuso, che parla solo sardo (così molti ci vedono) a persone normali che lottano per la propria autodeterminazione, è più facile conquistare la maggioranza sarda.
La Sardegna del futuro sarà trilingue: sardo, italiano, inglese.
Non parliamo solo il sardo; altrimenti ci si mette da soli in un angolo di non comunicazione e ci vedono come alieni della società sarda e anche un po’ folkloristici.
Concordo. Una percentuale altissima di Sardi non si ritrova in questo modo di approcciarsi all’autodeterminazione . Probabilmente è un traguardo da raggiungere con il giusto gradiente. Normalmente si cerca di imporre il proprio punto di vista, e se non lo accetti, sei fuori.Il Sardo è interessato all’indipendentismo, ma allo stesso tempo è legato a una idea politica che lo ha accompagnato nella sua vita. Se una persona moderata sente parlare di rivoluzione armata o non..si ritrarrà , pur condividendo l’idea di base.
Quale Sardo? Ma vi siete chiesti quale idea e quale piano ci siano dietro? E – parlando di piano – di cosa vogliamo parlare? A me pare che questi sovranismo/indipendentismo piacciano tanto (nei blog e nelle chiacchiere) ma, di essi, nessuno seriamente definisca alcunchè: solamente slogan buoni per i blog…
Mi trovo in pieno accordo con il concetto d’indipendentismo moderato, unica strada percoribbile verso l’autodeterminazione, verso quelle scelte difficili e a volte impopolari, che hanno obbiettivi futuri e non facili soluzioni del contingente quotidiano. Un piano di rinascita è possibile, tutti insieme possiamo farcela, ognuno arricchendo l’altro con la propria peculiarita’.