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“Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini e vi troverò qualcosa di sufficiente per farlo impiccare”.

Il cardinale di Santa Romana Chiesa Armand-Jean duPlessis, quattro secoli fa primo ministro del Re francese Luigi XIII, aveva teorizzato un adagio da sempre molto applicato nell’esercizio del potere degli uomini e sugli uomini, soprattutto da quelli chiamati a incarnare la gestione del patrimonio morale e materiale accumulato in nome di Dio.

Al cardinale Richelieu (così è passato alla storia il porporato di cui sopra) ha a lungo confidato di potersi ispirare, in ragione di un acume e di una sveltezza di pensiero superiori alla media dei suoi interlocutori contemporanei, monsignor Angelino Becciu, da Pattada, Sardegna.

Mai più avrebbe pensato di finire a sua volta vittima dell’assunto “Datemi sessantasei delle operazioni finanziarie gestite dal più onesto degli uomini e vi troverò qualcosa di sufficiente per rimuoverlo dal suo posto di potere”.

La questione che rivolta in queste ore il Vaticano, ennesima scossa di assestamento del lungo travagliodel governo post-Wojtyla, a prima vista altro non è che una questione di soldi male investiti, “distratti”, spariti o malversati.

Niente di nuovo solo il sole, si dirà: le rivelazioni di Gianluigi Nuzzi, il ruolo del maggiordomo papalePaolo Gabriele e poi quelli di Lucio Angelo Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaoquoi, la questione dell’Obolo di San Pietro e i monsignori Perlasca e Carlino, gli intermediari finanziari, i pozzi petroliferi in Angola, i palazzi a Londra, le obbligazioni, i fondi di investimento.

Tutto plausibilmente oscuro. E potenzialmente contro la legge, di Dio e degli uomini.

Tutto questo è solo il contorno, nella parabola discendente di monsignor Angelino Becciu. Cioè, l’ecosistema in cui qualcuno si è preso la briga di trovare, tra “le sessantasei operazioni finanziarie gestite dal più onesto degli uomini”, “qualcosa di sufficiente per rimuoverlo dal suo posto di potere”.

Del resto non è difficile farlo: per otto anni non si è mossa foglia che monsignor Angelino non volesse. Autorizzato esplicitamente dai suoi superiori diretti (i Segretari di Stato) e silenziosamente dai due Papi, che lo hanno sempre ritenuto uomo-macchina affidabile. I rapporti confidenziali con alcuni settori della stampa, le prudenti interlocuzioni con la politica, i contatti con le Curie di ogni continente ne hanno fatto un’ancora attraverso la quale è stato a lungo facile mettere alla fonda il corpaccione del governo del più piccolo e complicato Stato.

Dunque, se qualcosa di irregolare c’è stato, plausibilmente monsignor Angelino da Pattada sapeva. Figurarsi se poi si tratta di questioni familiari, come ipotizzato dalle inchieste giornalistiche.

La forza accumulata nel tempo e, insieme, un senso di invincibilità spesso non celato hanno condannato monsignor Becciu alla più ineluttabile delle conseguenze: l’essere molto invidiato.

Jorge Mario Bergoglio, fattosi Francesco nel marzo del 2013, è uomo di solidi principi cristiani, nel corso degli anni permeati di progressismo.

Nel suo percorso di vita c’è però un’esperienza – quella di padre superiore provinciale dell’Argentina, per i Gesuiti, tra il 1973 e il 1979 – che ne aveva già rivelato l’inclinazione nella gestione dei ruoli digoverno: inflessibilità, diffidenza diffusa e una certa predisposizione a raccogliere informazioni su quanto non di diretto controllo.

Uno schema, per certi versi obbligato e difensivo”,che pare essersi ripetuto nella gestione del governo del Vaticano, con il potere romano ancora non rassegnato alla cura “dimagrante” del nuovo corso latino-americano, per molti con troppi richiami alla “teologia della Liberazione”.

Per farla breve, dopo tre anni di amabile convivenza e fiducia pressoché illimitata, nel 2016 alle orecchie di Papa Bergoglio iniziano ad arrivare messaggi criptati.

Suspos“, li chiamiamo in Sardegna, quando, pensando a una futura delazione, si tasta il terreno circa la ricettività del destinatario della confidenza.

E dunque si inizia con le battute sui contatti con la stampa. E poi la politica, prima sarda e poi italiana. E poi le nomine.

Fino a quando qualcuno non mette in testa a Papa Bergoglio che monsignor Becciu sia diventato il front-man di una campagna elettorale sotterranea che parte dei cardinali italiani vorrebbero avviare verso i loro colleghi dei “confini del mondo”, cioè delle sedi più lontane da Roma, sempre più premiate nel nuovo corso delle nomine.

Becciu ha contatti continui e gestisce potere, attraverso la segreteria vaticana. E sempre più spesso, quando riceve richieste dalle sedi periferiche, prima le accontenta e poi intavola un discorso, che raccomanda di tenere “riservato”, circa le intenzioni sul post-Bergoglio“.

Questa l’accusa portata sul tavolo del Papa da chi assicurava di aver ricevuto la confidenza “segretissima”.

Ecco, se un tratto distintivo esiste nell’attuale sovrano del Vaticano, guida morale del mondo, è questo: se tu prendi troppo potere e lo gestisci per conto tuo, io ti rimuovo da quel posto di potere.

Da qui sarebbe nata l’idea del promoveatur ut amoveatur che si è concretizzata nel 2018: una berretta cardinalizia in cambio della rimozione dalla Segreteria di Stato, con l’assegnazione del dicastero con meno peso specifico nel governo della Chiesa, quello della Congregazione delle Cause dei Santi.

Ma si poteva pensare che, a 70 anni e col patrimonio di relazioni accumulato dentro e fuori lo Stato vaticano, il neo-cardinale Becciu avrebbe potuto accettare di finire nel cimitero degli elefanti?

Con Bergoglio – che odia lo sfarzo e le spese legate a trasferte spesso transoceaniche – le cerimonie di proclamazione dei nuovi Santi e Beati non si svolgono più in Vaticano.

E dunque – dicono i maligni, gli stessi che hanno soffiato sul fuoco della crescente diffidenza – il nuovo prefetto della Congregazione si sarebbe trovato “costretto” a viaggiare lui, verso i confini del mondo. Per ironia della sorte, trovandosi ancora più facilitato nella sua presunta opera di “sensibilizzazione” e, sospetto tra i sospetti, “normalizzazione”.

Ecco, su questa presunta sfida sul futuro si sarebbe consumata l’insanabile e unilaterale rottura, mai dichiarata direttamente dallo stesso Bergoglio.

Mentre tutti guardiamo il dito degli scandali finanziari, quelli noti, la giubilazione di Becciu è forse questione di Luna, molto storta, e di politica.

Nessuno si senta dissacrato, passando da Richelieu a Rino Formica: sangue e merda” è questione di tutti gli uomini, anche quelli consacrati a Dio.