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Chi mi ha seguito in questi giorni sa che ritengo che compito dell’informazione sia quello di affiancare al dovere di controllo e di critica, quello di analisi e di proposta.

Non mi sono dunque unito al coro di critiche distruttive, pur avendo a mia volta segnalato ritardi, difficoltà e dichiarazioni improvvide.

Oggi vorrei portare un piccolo contributo di analisi, dando gambe a un’affermazione che ho fatto già ieri: in Sardegna i numeri non ci consentono ancora di avere un quadro completo e affidabile, perché è troppo basso il numero di tamponi che sono stati fin qui effettuati.

Mi spiego meglio.

Secondo i dati forniti stasera dalla Protezione civile, in Italia sono state a oggi effettuati 296.964 rilevazioni.

Considerato che la popolazione residente è di 60 milioni e 359 mila cittadini e cittadine, la media italiana è di 0,49% tamponi a residente.

In Sardegna il dato è di 2859 esami, a fronte di  1 milione e 639 mila abitanti, dunque una percentuale dello 0,17%, un terzo rispetto alla media nazionale.

All’inizio della conferenza stampa di stasera il governatore ha concordato sul fatto che il principale problema sia questo e ha elencato le ragioni che hanno fin qui rallentato i tamponi e le soluzioni che sono state messe in campo per ovviare ai problemi.

La regione più avanti è il Veneto (1,34%), seguita da Lombardia (0,76%), Emilia (0,75%) e Friuli (0,68%).

Più indietro, rispetto alla Sardegna, ci sono Sicilia (0,14%), Basilicata (0,13%), Campania (0,10%).

Ieri il presidente Solinas aveva già annunciato l’arrivo di un grosso numero di kit, dunque è probabile (e auspicabile) che già nel corso della prossima settimana la percentuale sarda possa salire e avvicinarsi a quella italiana.