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S’agricultura est una resursa istratègica de custa terra e podet rapresentare un’ocasione de isvilupu.
Ma est pensamentu de chie iscriet chi non semus, a livellu agrìculu generale, arretrados subra is atividades de mecanizatzione e\o trasformatzione produtos e\o capatzidade de fàghere e traditziones de fàghere connòschere.
Su chi fartat, cun umiltade bos ddu naro, e chi a seguru costituit un’istrobu a isvilupos noos est sa grandu indùstria sarda (casu, laores in particulare), chi ponet barrieras in intrada in su mercadu, in ue s’agiunghet finas sa tenta de serbidores polìticu-istitutzionale e s’incapatzidade de custos de pensare o permìtere àteros percursos in unu mundu chi est globale.
A dda segare in curtzu: si s’agroalimentare no nche s’istèsiat dae sa grandu indùstria (chi depet a manera lìbera sighire su caminu suo, ma chi a livellu agrìculu e rèdditu agràriu non podet èssere s’orizonte nostru) non nche podet èssere benidore pro su mundu rurale de sa Sardigna.
Duncas prevìdere ainas e possibilidade fintzas pro sas PMi artesanales de su setore Agrolimentare de intrare a manera sèria in sos mercados.
Como, a primu, sa polìtica regionale depet rispòndere a sa pregunta: “Mègius una grandu indùstria chi òperat in Sardigna sena peruna responsabilidade sotziale, o unu sistema difùndidu (una retza, naramus) de Pmi de s’agroalimentare de calidade chi pro si propònnere in sos mercados e pro resessere depet tènnere ligàmenes fortes cun su territòriu pro sa matèria prima e traditziones?”.
La Sardegna è stata terra di una vasta rete di piccole imprese nel comparto agricolo e zootecnico.
Sono state spazzate via dall’idea che la quantità fosse sinonimo di successo.
Perdendo peculiarità del.territorio w della tradizione sarda .
Ora scopriamo che l’unico sistema per salvaguardare il nostro patrimonio è la filiera e la tracciabiita’ dei prodotti che possono difenderci dall’invasione di prodotti esteri.
Più volte è stata presentata l’idea che ci fosse bisogno di una piattaforma di prodotti sardi messi a disposizione della filiera .
Ma il mondo politico ma.non solo è sempre rimasto sordo a.questi richiami.
Oggi la quantità non è più un obiettivo per salvaguardare il nostro sistema agroalimentare ma il prodotto.di filiera di qualità .
Credo che la.Sardegna abbia tutto per poter competere con i prodotti.di qualità.
Manca un classe dirigente pronta e culturalmente aperta per.poter affrontare il futuro che ci aspetta.
“Strumenti per andare sul mercato” significa sussidi a pioggia come ieri e oggi?
Cun salude,
KK
Non necessariamente: formazione, informazione, comunicazione… Sostegno finanziario (non sussidi, cosa assai dversa) agli investimenti produttivi… Strutture interne (dicesi altrimenti strade, che tali siano).
Un modo diverso di produrre, ma soprattutto di vendere, c’è. Creare valore aggiunto per le imprese agricole e, contemporaneamente, vendere ai clienti a prezzi migliori di quelli attuali. I clienti non sono tutti uguali e lo steso vale per la qualità dei prodotti.
L’agricoltura “potrebbe” essere un asset importante ma non lo è, soprattutto se c’è qualcuno che considera il settore non così indietro rispetto agli altri: magari rispetto al Trentino vero?
L’industria sarda “non può” porre barriere d’ingresso (perché sono le norme a poterlo determinare e non le imprese) e non ha alcun approccio servile nei confronti delle istituzioni, ma deve semplicemente sopravvivere in un mercato sempre più competitivo.
Se l’agroalimentare volesse affrancarsi dalla grande industria alimentare dovrebbe necessariamente crearsi un mercato, sempre che ne sia capace, perché da quello che leggo la speranza è sempre in qualche aiuto divino…
Insomma: il socialista che è in noi è sempre pronto a piangere, ma non fa nulla per uscire dalla perenne agricoltura di sussistenza, ma, pur di sopravvivere pretende assistenza, magari continua…
Penso proprio ci sia ancora molto da fare per sollevare il settore, sia a livello produttivo e ancor di più a livello commerciale.
Partirei da una domanda: quale mercato? Oggi l’80% della distribuzione passa per i grandi gruppi della GDO, quindi o ci si mette d’accordo con loro, o produrre il migliore dei prodotti ma non riuscire a venderlo è fatica sprecata. Questo non vuol dire che bisogna essere per forza grande industria (anche se auspicabile), ma almeno organizzarsi in consorzi con degli standard commercialmente validi e una capacità di collaborazione, ma questo credo che per noi sardi, culturalmente sia l’ostacolo più grosso…
Secondo me vista la situazione di insularità della Sardegna bisogna puntare tutto sui prodotti agricoli/alimentari di nicchia da vendere negli appositi negozi del mondo(vedi formaggi particolari e vini)no prodotti industriali che sono soggetti alla speculazione di catene della grossa distribuzione