Come sempre mi sono svegliato presto.

Sono andato indietro, sul mio profilo Facebook, per ricostruire la mia percezione e il mio racconto di questa crisi le primo mese, fra il 21 febbraio e il 21 marzo.

Andare a rileggere questo diario è servito a me e credo che questo esercizio, con quello personale di ognuno di noi, possa servire a tanti.

Per capire le nostre percezioni, le nostre reazioni, le nostre analisi. Come sono venute, come sono mutate, come le abbiamo espresse.

21 febbraio

Condivido il post con il quale il giornalista Toni Capuozzo denuncia l’atteggiamento pericolosamente buonista del governo, che ha prima pensato a non mostrarsi “razzista” (il tema era il contagio che poteva arrivare dalla Cina) e solo dopo (dunque in ritardo) ha iniziato a prendere misure concrete.

22 febbraio

Coronavirus.

Le uniche titolate a dettare la linea sono le autorità sanitarie.

Il resto è roba brutta.

22 febbraio

Che poi, lavarsi spesso le mani, male non fa nemmeno quando non c’è la pandemia.

25 febbraio

Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari ed altri costruiscono fabbriche di mascherine e di amuchina.

26 febbraio

Medici, infermieri, personale ospedaliero.

Uomini e donne in trincea, da ringraziare tutto l’anno e ancora di più in questi giorni convulsi.

Con buona pace di quelli che odiano o invidiano chi ha il così detto posto fisso statale.

Ci sarebbe da scrivere un trattato sull’invidia sociale e sull’irresponsabilità.

Ma non è questo il luogo, né il momento.

28 febbraio

Passata questa emergenza, sogno un mondo in cui l’erogatore di igienizzante per mani – così come un erogatore di acqua pubblica – resti all’ingresso di ogni ufficio pubblico, di ogni stazione, di ogni aeroporto.

28 febbraio

“Milano-non-si-ferma”.

Con tutto il rispetto, ma ti potzu toccai?

Queste “narrazioni” – di tutti questi martiri del lavoro – hanno preso all’anima.

Mì che non si sono fermati nemmeno i pastori, i vignaioli, gli olivicoltori di Tresnuraghes.

Nemmeno un minuto, 365 giorni all’anno. Quest’anno, 366.

Ognuno faccia la sua parte, ma basta esaltazioni mitologiche.

3 marzo (da Roma)

Centro storico, ristoranti e bar deserti.

Sembriamo in guerra.

4 marzo (da Roma)

In poco più di ventiquattr’ore trascorse a Roma mi sono accorto che – rispetto alla scorsa settimana – nei palazzi della politica c’è ancora più preoccupazione per quel che potrà accadere nelle prossime settimane.

Lo dico non per fare allarmismo ma per senso del dovere.

Mi spiego meglio: il problema e la preoccupazione è che il numero di contagiati con sintomi gravi – da curare in terapia intensiva – possa diventare talmente alto da mandare in tilt il sistema sanitario, per come è attualmente organizzato.

A questo si aggiunge la crisi economica che ha già messo in ginocchio il sistema del turismo, dei trasporti, della ristorazione, della convegnistica e avrà un’onda lunga difficilmente calcolabile in questo momento.

Le istituzioni stanno facendo e faranno la loro parte, con misure di prevenzione sanitaria che vanno seguite alla lettera e ipotesi di interventi economici che serviranno a tamponare la crisi e a contenerne le inevitabili conseguenze a media/lunga scadenza.

A noi cittadini spetta fare per intero la nostra parte: niente egoismi, niente polemiche vuote, pazienza e massima disciplina nel seguire le prescrizioni.

Tuteliamo e proteggiamo i nostri anziani, che sono il gruppo sociale più a rischio.

Evitiamo idiote rivendicazioni su eventi sportivi, concerti, convegni.

L’Italia – e la Sardegna con lei – si è rialzata dal fascismo, dalla guerra e dalla stagione del terrorismo.

E si rialzerà anche questa volta.

Coraggio, sangue freddo e dovere sociale.

4 marzo (da Roma)

Non ho nessuna speranza su una reazione civica, matura, seria, lucida, misurata e di lungo respiro da parte dell’opinione pubblica.

Questo il mio cruccio più grande, la mia paura più incontrollabile, il mio dolore più vivo, la mia angoscia più continua.

4 marzo (da Roma)

Capisco che la prima reazione possa essere “E adesso chi tiene i miei figli?”.

Lo capisco, è umano.

Però credo che occorra ragionare sul fatto che un governo non prende a cuor leggero una decisione di questo tipo.

Bisogna restare lucidi e rendersi conto di questo.

E occorre anche pensare che forse chi di dovere dispone di previsioni e valutazioni scientifiche tali da rendere necessarie misure di questo tipo.

Con la salute pubblica non si scherza e vale più di tutto quel che consideriamo irrinunciabile: il lavoro, la carriera, il tempo libero, lo svago.

Ci sono persone che stanno pensando a risolvere problemi pratici di domattina come fosse la morte, senza pensare a cosa può accadere entro quindici giorni se non si rallenta la diffusione del contagio.

Vi dico di più: secondo me sarà ben difficile che le scuole riaprano il 16 marzo.

Ora sfogatevi pure con i commenti “e i centri commerciali?”, “e le discoteche?”, “e la serie A?”.

Sono pazientemente attrezzato a sopportarli, in attesa che vi promuovano ai vertici dell’Istituto superiore di sanità.

Restiamo calmi e lucidi.

5 marzo

La lezione di don Ferrante

Siccome quando eravamo piccoli non c’erano né il Coronavirus né le “allerta meteo”, dunque a scuola si andava, sono certo che tutti – ché tanto qua gli adolescenti non ci sono – ricorderemo la figura di don Ferrante, nei “Promessi Sposi”.

Don Ferrante, ancorché sprovvisto di connessione web, era un tuttologo: concionava allo stesso modo di storia della scienza e medicina, con incursioni nel mare magnum della filosofia, nell’astrologia e la cavalleria.

Saccente come pochi, sputa sentenze e ha soluzioni per tutto.

Quando a Milano si scatena la peste, è tra i negazionisti della prima e della seconda ora.

Bolla come “corbellerie” tutte le misure che vengono attuate e ragiona del fatto che nessun contagio di quel tipo può avvenire per via aerea, per contatto o per sintesi.

Come finisce la sua storia terrena, lo sapete: don Ferrante si ammala proprio di peste (la malattia di cui aveva sempre negato l’esistenza) e, prima di rimettere l’anima al Creatore, sul letto di morte maledice le sue amate stelle.

Questa non è storia, ma a volte anche i romanzi si ripetono.

Ragioniamo con pazienza, prudenza e speranza.

7 marzo

Nicola Zingaretti positivo al corona virus.

Si leggono su di lui commenti vergognosi, da codice penale.

Solidarietà e auguri di pronta guarigione.

A lui e a tutte e i tutti che si trovano e troveranno in questa situazione.

8 marzo

Ancora in queste ore leggo di titolati professionisti, dirigenti pubblici, medici, amministratori, titolari di pubblici esercizi che insistono a parlare di infodemia, allarmismo, terrorismo mediatico e altre delinquenze.

Va bene che non lo avete capito già due settimane fa, va bene che nessuna delle vostre granitiche banalità è stata scalfita dall’escalation di provvedimenti, avvisi, nuovi contagi, ricoveri e allarmi che si sono susseguiti giorno dopo giorno.

Ma è possibile che ancora ora, di fronte all’evidenza che oramai ci travolge, siate ancora là, a predicare irresponsabilità?

C’è persino gente che organizza eventi clandestini, ridendo delle prescrizioni.

È proprio vero che questa emergenza ha rivelato molte delle qualità e del peso specifico delle persone.

Non dovremo scordarcene, quando tutto questo sarà passato.

In quanto alle preoccupazioni per l’economia, ve lo ha già spiegato il social media di Taffo, con altre parole: la peggiore delle recessioni non sarà mai grave della (spero) piccola ecatombe alla quale rischiamo di condannarci.

8 marzo

Nove ore fa il presidente del Consiglio dei ministri ha firmato un decreto in cui c’è scritto che gli eventi sportivi professionistici sono autorizzati – in deroga – purché si giochi a porte chiuse.

Nove ore dopo – a decreto vigente e con le squadre in campo – il ministero dello Sport interviene dicendo che è meglio non giocare.

A parte il merito della vicenda e come la pensate, manco in Burundi o nelle repubbliche sudamericane dei film una gestione così cialtronesca.

9 marzo

Ho sentito troppi messaggi rassicuranti, quasi esultanti, provenire da ambito istituzionale sardo, stasera.

Serve tenere la guardia altissima.

Anche perché molti medici, infermieri e oss nuoresi sono in quarantena, in attesa di tampone.

9 marzo

“È solo una banale influenza, è infodemia, è terrorismo”.

Mi ricorderò di ognuno di voi.

E date un premio Nobel alla dottoressa Gismondo e a chi le ha fatto da amplificatore.

10 marzo

Il sistema istituzionale della Sardegna (Regione, sanità, forze dell’ordine, i nostri eccezionali sindaci) sta dimostrando di reggere.

Dobbiamo riconoscerlo e sostenere questo sforzo immane.

Certo, non eravamo preparati. Certo, non tutto funziona alla perfezione. Certo, non tutto è stato ed è perfetto. Certo, su Facebook tutti sanno cosa andava fatto o bisognerebbe fare.

Ma – se abbiamo un minimo onestà intellettuale – chi poteva essere preparato a un ciclone di questo tipo?

La cosa migliore che possiamo fare è osservare alla lettera le prescrizioni e privilegiare l’esempio e – se proprio necessario – il suggerimento costruttivo alla critica distruttiva e fine a se stessa.

Per regolare i conti – se mai ce ne fossero – ci sarà tempo a emergenza finita.

Andrà tutto bene, Fortza Paris.

10 marzo

Anche oggi un sacco di fenomeni che fanno quel cazzo che gli pare.

Chi se ne frega di decreti e ordinanze, chi ne aggiunge un pezzo e si inventa divieti, chi non sa leggere l’italiano e chi semplicemente è nato miserabile.

Ma andrà tutto bene lo stesso.

11 marzo

Quanto accaduto in questi giorni all’ospedale di Nuoro andrà chiarito nei dettagli ma ora la priorità è quella di scongiurare in ogni modo possibile che il capoluogo barbaricino e il suo territorio diventino la vera zona rossa Sarda.

Sono a conoscenza del fatto che Regione e Protezione civile, in accordo con Prefettura e Comuni, stanno per varare misure drastiche e, in un certo senso, eccezionali.

Non deve sussistere nemmeno l’1% di possibilità che Nuoro diventi la Codogno sarda.

12 marzo

Gente cercando tra le pieghe del DPCM – in alcuni passaggi scritto come la comparsa di un avvocato tra i più svogliati – il modo per stare comunque in giro, senza dover rendere conto a nessuno.

“Io posso uscire, capito?”

Non c’è speranza, né rimedio.

13 marzo

Dal comune cittadino all’alto dirigente istituzionale, si ingrossano le fila di quanti prendono a insultare, quando non a minacciare velatamente, gli sventurati che si sono assunti l’onere di tenere un profilo di serietà, invitando le persone – quanto più possibile – a stare a casa e a osservare i divieti di circolazione non necessaria.

Parimenti insulti, denigrazioni e velate minacce vengono rivolte a quanti – spesso gli stessi di cui sopra – invitano a non abbassare la guardia e a non utilizzare come una clava i bassi numeri di contagio fin qui accertati in Sardegna, non fosse altro tenendo conto del basso numero di tamponi effettuati e l’inevitabile ritardo con il quale il picco di infezioni potrebbe manifestarsi qua da noi.

Per il poco che conto – cioè meno di zero – io non mi spavento di certo.

Insultate, denigrate e minacciate pure, noi continueremo a esercitare il dovere civico di supporto alle istituzioni sarde, a ogni livello spasmodicamente impegnate a contrastare l’emergenza.

Stiamo a casa, se uscire non è strettamente necessario.

15 marzo

Oggi non ho lo spirito per mettere immagini o post di alleggerimento.

Siamo chiamati a fare ognuno la propria parte, con grande pazienza e umiltà.

Vi chiedo solo – anzi, vi scongiuro – di provare a fidarvi della scienza e dell’informazione che vi segnala come in Lombardia, dove tutto è iniziato, muoiono decine di persone al giorno e non ci sono più posti in terapia intensiva.

Nessuna normale influenza ha mai causato un fenomeno di questo tipo.

Nessuna normale influenza ha imposto un funerale ogni mezz’ora in una città come Bergamo o l’insorgere di dieci pagine di necrologi su un giornale, contro l’abituale una.

Noi siamo ancora in tempo per contenere l’impatto, per ridurre il numero di lutti e tribolazioni, che pure arriveranno.

Seguiamo tutti e tutte le prescrizioni e gli inviti, con pazienza e altruismo.

16 marzo

Proposte bislacche, teorie di complotto, numeri a pera, mio cugino biologo mi ha detto che, retroscena da film, whatsapp con falsi messaggi apocalittici.

Uno degli effetti collaterali è che la gente non sa più come farsi notare.

Sarà davvero lunga, la nottata da passare.

16 marzo

IL “TAMPONE A TUTTI” È UNA INUTILE CHIMERA

Occhio a non disperdere inutili energie sulla polemica dei “tamponi a tutti” come alternativa a quella del blocco delle attività, per limitare il contagio.

Non è solo una questione di costi.

Il tampone, dopo il prelievo nella faringe e nelle cavità nasali, deve essere analizzato in laboratorio.

I laboratori sardi, ad esempio, potrebbero gestire un milione e seicentomila mila tamponi in circa 270 giorni, se lavorassero 24 ore su 24 e pure i sabati e la domenica.

E dovrebbero avere a disposizione tamponi e reagenti quanti la capacità produttiva bimestrale di un distretto industriale tedesco.

Ancora: il paziente risultato positivo a un tampone ieri a Tempio, per mia conoscenza certificata, era risultato negativo a uguale esame un paio di giorni prima, in altra struttura ospedaliera.

Significa che la negatività di un tampone non esclude che la malattia stia nel frattempo incubando e il soggetto in questione non possa diventare contagioso entro poco tempo, ancorché asintomatico.

Ergo, lasciamo fare alle autorità sanitarie, scientifiche e politiche.

Noi possiamo dedicarci ad altro, secondo le rispettive competenze, preparazioni e attitudini.

17 marzo

Buongiorno.

Le misure economiche che il governo si appresta a varare non sono sufficienti.

17 marzo

Non ne faccio una questione di quantità di soldi, cioè se siano meglio 25, 50 o 550 miliardi.

Credo invece che sia l’approccio del governo a essere sbagliato.

Centinaia di migliaia di persone stanno rimanendo senza reddito, senza cassa, senza liquidità.

Per tutelare le famiglie, le piccole imprese e il sistema bancario nel suo complesso il primo passo dovrebbe essere quello di sospendere (sospendere, non annullare) mutui e prestiti personali per dodici mesi, allungando le scadenze di un anno.

L’effetto sarebbe quello di consentire la sopravvivenza a migliaia di famiglie e preservare le banche da migliaia di nuove “sofferenze”, che saranno altrimenti inevitabili, visto che tanta gente non potrà pagare.

Le banche perderanno più soldi senza sospensione, che con la sospensione.

E senza banche, senza credito, senza cash flow, che cazzo ce ne facciamo del voucher baby sitter, dei 500 euro ad alcune partite Iva e del rinvio di alcuni versamenti fiscali?

17 marzo

Credo che possa bastare un DPCM di un solo articolo e ventidue parole: “Il pagamento delle rate dei mutui prima casa e dei prestiti personali è sospeso per dodici mesi, a partire dalla data odierna”.

Senza capriole verbali, sofismi, burocrazie, subordinate e minchiate varie.

18 marzo

Non che non abbia da dire, su mille cose.

Non che non veda cosa non funziona, a tutti i livelli, o cosa può essere fatto meglio.

Ma vedo anche tante cose fatte bene o al meglio.

Se non posso essere utile costruttivamente, preferisco il silenzio alla critica distruttiva.

Anche il silenzio (pubblico) responsabile è comunicazione.

18 marzo

Dai freddi numeri ho capito due cose poco indagate, studiate, valutate.

– in una settimana i morti da Covid19 sono triplicati, passando da mille a tremila.

– il professor Brusaferro, dell’Iss, ha appena confermato quel che sospetto da giorni: vengono conteggiati i morti in ospedale e nelle case di riposo, mentre nulla sappiamo (e sapremo) su chi vive il trapasso nel proprio domicilio.

18 marzo

Gli egomostri che sfilano in tv a dire ognuno una cosa diversa dall’altro (pensate che imperversa ancora la negazionista Gismondo, che – non contenta dei tamponi positivi e dimentica di quando due settimane fa giurava che il Covid19 era quasi un’invenzione – pretende anche l’autopsia sui morti attribuiti al corona virus) stanno facendo danni quanto quelli che non rispettano le prescrizioni del governo.

È anche per questo che per l’Italia sarà tutto più difficile.

19 marzo

Ok, niente video e niente whatsapp.

Provo a sviluppare qua il ragionamento.

Vi chiedo di commentare – se proprio volete – solo dopo aver letto tutto.

Il ministro Spadafora – povero, col quale anch’io ieri me la sono presa – conciona di inasprimento di misure restrittive.

La sua è una risposta basic, una reazione fisiologica.

Lo capisco: c’è una percentuale di persone che si assembra, con la scusa della corsetta, mostrando di non avere capito che la situazione è grave, che è necessario rispettare le prescrizioni.

Contestualmente, sui social, noi notiamo che sta riprendendo fiato una piccola percentuale di persone che negano e che sfruttano ogni parola non chiara detta dalla miriade di persone che vanno in tv, per sminuire il fatto che occorra tenere la guardia ancora alta.

Perché lo fanno? Va bene, c’è una percentuale che combatte col disagio e andrebbe supportata, aiutata e sostenuta. Sospetto che maneggiare i social non faccia loro molto bene, ma non sono né psichiatra e né psicologo, dunque non ho certezze.

La gran parte dei negazionisti, dei “minimizzatori”, degli alternativi, vuole invece credere che si poteva fare diversamente, che la fobia è stata ingigantita, che davvero il Covid19 è poco più di una influenza stagionale.

Le loro convinzioni non sono scalfite dalle tremende immagini che vengono da Bergamo, da Brescia, da alcune zone dell’Emilia ma sono invece alimentate da una pluralità di informazioni discordanti, semplicistiche, superficiali, fuorvianti.

Provo a spiegarmi meglio.

Il ministro Spadafora vuole misure più stringenti.

Contestualmente il governo e la protezione civile mandano ogni giorno in tv – alle 18 – il capo dell’istituto superiore di sanità (tale dottor Brusaferro) a dire che il 90% dei morti è ottantenne e aveva almeno tre patologie.

Questo messaggio si baserà pure su un’evidenza letterale ma è devastante dal punto di vista comunicativo e dei suoi effetti.

Non essendo un comunicatore, infatti, non ritiene importante spiegare alcune cose decisive, dandole pericolosamente per scontate.

1) non si ammalano solo gli ottantenni ma anche quarantenni e i cinquantenni.

2) i quarantenni e i cinquantenni – evidentemente – sono salvati dalle cure della terapia intensiva (dunque non muoiono, perché sono più forti e reagiscono) mentre agli ottantenni non basta nemmeno quella, oppure molti non vengono neppure trattati.

3) solo se finiranno i posti in terapia intensiva capiremo se i cinquantenni non muoiono. Nel frattempo Bergamo e Brescia sembrano raccontare altro.

4) si muore PER coronavirus e non solo per le patologie pregresse.

Alla fine del ragionamento, se i ministri – invece di fare nuovi divieti – chiedessero ai medici che parlano a nome del governo di comunicare meglio, forse otterremmo più risultati.

Sugli altri (Gismondo e company) stendo un velo pietoso, sennò mi date del fascista.

Fine del video e del ragionamento.