Soffia potente il vento indipendentista. Non solo in Europa con i Catalani che il 1° ottobre prossimo sono chiamati al referendum.

Ieri infatti sono andati alle urne i Kurdi irakeni: 5,3 milioni di elettori per una giornata storica per questo popolo. Oggi attendiamo i rusultati del Referendum: c’è da aspettarsi percentuali altissime a favore del Sì.

Un popolo quello kurdo, sottposto a un drammatico destino: senza diritti, deportati, incorporati coattivamente in una miriade di Stati stranieri: Iraq, Iran, Siria, Turchia e persino Libano e in alcune regioni asiatiche dell’ex URSS.

Senza Stato, con più di 30 milioni di abitanti, il popolo kurdo dal lontano 1924 ha subito una politica di discriminazione razziale che non ha esempi né precedenti in nessuna altra parte del mondo.

Gli Stati che lo opprimono, con tutti i mezzi a loro disposizione, come la stampa, la radio-TV, l’esercito, la polizia, la scuola, l’università, hanno condotto e continuano a condurre una politica mirante non solo a negare i loro diritti inalienabili, sanciti da tutte le Convenzioni internazionali e dall’Onu ma ad eliminare la loro stessa esistenza fisica.

Per quasi un secolo i kurdi non esistono: né come popolo, né come etnia, né come lingua, né come cultura..

In modo particolare in Turchia, dove non li chiamano neppure con il loro nome ma “Turchi della montagna” – ma anche gli altri Stati che li hanno incorporati non sono da meno, pensiamo solo ai massacri da parte del dittatore criminale Saddam Hussein – il popolo kurdo è soggetto a distruzione sistematica da parte di tutti i governi che si sono succeduti dal 1924.

Secondo alcuni storici dal 1924 al 1941 la politica degli stati oppressori è stata nei confronti dei kurdi di vero e proprio “etnocidio”: penso in modo particolare a J. P. Derriennic ((Le moyen Orient au XX siecle).

Ma non basta. Il dramma dei Kurdi è certamente quello di essere martoriati e “negati” negli Stati in cui sono attualmente incorporati ma anche quello di essere cancellati dall’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, dai media, dalla scuola.

A questo proposito mi sono preso la briga di analizzare e visionare, in modo rigoroso e puntuale ben 32 testi scolastici di storia estremamente rappresentativi e attualmente in adozione nelle Scuole italiane, rivolti ai trienni delle scuole superiori (Licei, Magistrali, Istituti tecnici e professionali).

Ebbene, dal mio studio e dalla mia indagine risulta che su 32 testi – che diventano 96 perché ogni pomo contiene tre volumi, uno per ciascuna classe del triennio – ben trenta non dedicano neppure una riga al problema kurdo: di più, il termine kurdo non viene neppure nominato!

Non ci ricorda vagamente un altro popolo?

Eppure si tratta di storici non solo noti e prestigiosi ma di ispirazione e orientamento prevalentemente cattolico, liberale, progressista ma soprattutto di sinistra.

Ahi, ahi, che brutti scherzi combinano ai “nostri” le categorie storiche statoiatriche, centralistiche, eurocentriche e occidentalizzanti!.

Sottoposti alla disintegrazione etnica-culturale (minoranze curde esistono in Libano e nelle regioni asiatiche dell’ex URSS), alla deportazione di massa da parte turca e iraqena, alla colonizzazione, i Kurdi sono stati costretti ad emigrare per evitare persecuzioni e disoccupazione. Alla loro storia nuoce non poco il fatto di abitare territori ricchi di petrolio e dunque di essere al centro di contese regionali e internazionali.

Col trattato di Sèvres fra l’impero ottomano e le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale (1918-1920), la Turchia si impegnò a favorire la formazione di un Kurdistan autonomo nella parte orientale dell’Anatolia e nella provincia di Mossul, presupposto dell’indipendenza. Il disegno delle potenze imperialistiche mirava a farne uno stato cuscinetto fra Russia e Turchia.

Ma la vittoria della rivoluzione Kemalista e il trattato di Losanna cancellarono i diritti del popolo kurdo. Ricordo che tale rivoluzione fu guidata da Ataturk, celebrato dai “nostri” storici e dall’Occidente in modo entusiastico, quando in realtà fu il più grande persecutore e massacratore del popolo kurdo.

Con il Referendum di ieri c’è da augurarsi che il popolo kurdo – non solo quello incorporato nell’Irak – finalmente possa liberarsi dall’oppressione ormai secolare, avviandosi alla libertà e all’autodeterminazione.