Ricomincia la scuola e, come ogni anno, a migliaia di ragazzi sardi verrà insegnato che la loro terra è fuori dal ciclo della storia e che la loro lingua è solo l’italiano.

Nelle programmazioni didattiche di tutte le scuole di ordine e grado della scuola italiana in Sardegna le ore previste per l’insegnamento della storia, della lingua, della letteratura sarda sono pari a zero. Non stiamo parlando di una minorizzazione o di una subalternità rispetto alla storia, alla lingua e alla cultura italiana, stiamo parlando di annullamento, di azzeramento, di annichilimento, di genocidio culturale e linguistico.

E la cosa che fa più orrore è che la maggior parte dei colleghi non se ne rendono nemmeno conto e reputano normale tutto ciò, rendendosi partecipi di questo processo di rimozione sistematica.
Eppure la scuola viene pagata con il contributo delle tasse dei cittadini sardi.

Ci vuole molto a fare una proporzione e capire in che modo i sardi contribuiscono a mantenere in piedi gli istituti scolastici dell’isola e calcolare la relativa percentuale di insegnamento di storia, cultura, lingua e letteratura sarda?

Se la Regione Sardegna fosse governata da forze non subalterne al colonialsmo politico, economico e culturale italiano farebbe immediatamente applicare l’articolo 5 dello Statuto: «la Regione ha facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione ed attuazione, sulle seguenti materie: a) istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi; b) lavoro; previdenza ed assistenza sociale; c) antichità e belle arti; d) nelle altre materie previste da leggi dello Stato».

È un cane che si morde la corda! La Regione non fa nulla per inserire nei curricola scolastici percorsi didattici orientati a fare conoscere ai giovani cittadini sardi in formazione tutto ciò che riguarda la Sardegna e i sardi.

I nuovi cittadini sardi crescono così nella convinzione che lingua, cultura, storia della Sardegna siano qualcosa di nulla utilità e qualità e acquisiscono una forma mentis da colonizzati, diventando poi anche elettori colonizzati e facile bacino di voti dei partiti colonizzatori medesimi che continuano così indisturbati nell’opera di rimozione.

Ma questo cerchio va rotto! Come romperlo? Ovviamente non possiamo aspettare di conquistare il 51% dei consensi elettorali e non possiamo nemmeno aspettarci dai partiti italiani che fanno e disfano i giochi delle coalizioni elettorali che mettano mano ad una radicale riforma della scuola sarda o che quanto meno battano i pugni sul tavolo del MIUR per ottenere qualcosa di rilevante.

Allora è necessario partire dai docenti sardi parlando al foro delle loro coscienze, cercado di responsabilizzarli sull’enorme ricaduta culturale e civile che potrebbe avere una loro presa di posizione.

Fra pochi giorni inizierà infatti il nuovo anno scolastico e con esso anche i primi collegi docenti all’interno dei quali poter presentare i progetti.
Conosco personalmente molti docenti di idee sardiste e indipendentiste o anche vagamenti sensibili al tema che però purtroppo di anno in anno non colgono questa preziosa occasione per introdurre nella scuola tematiche relative alla storia, alla lingua e all’attualità.

La ragione è sempre la stessa: «non ci sono soldi», «non mi voglio fare nemici nell’ambito lavorativo», «non ho tempo», «perché non lo fanno altri?», «devo rispettare il programma».
Se non si ha il coraggio di portare le proprie idee nel proprio lavoro significa che quelle idee non valgono nulla e che sono solo un paravento che maschera un’altra realtà.

Mi rivolgo pertanto a tutti i colleghi che leggono queste mie poche righe: portate le vostre idee didattiche nella scuola, perché la scuola italiana in Sardegna fabbrica piccoli mostri allevati nel disprezzo o nell’ignoranza di tutto ciò che riguarda la Sardegna e i sardi e questa cosa si ritorce contro noi stessi favorendo una società sarda passiva o complice delle scelte colonialiste.

Come già detto è inutile aspettare che sia lo Stato a muoversi è come aspettare che un ladro rimetta i suoi debiti o un assassino seriale si costituisca. Lo Stato (e la sua succursale della Regione Autonoma) è il principale responsabile di questa situazione.
Quindi gli unici che possono invertire questa tendenza siamo noi insegnanti.
Per cui forza: scrivete progetti e presentateli. Io l’ho fatto e ho avuto successo e così anche altri colleghi come per esempio il nutrito gruppo dell’associazione “Storia sarda nella scuola italiana”.

Concludo l’appello aggiungendo una questione di vitale importanza. Non limitatevi a discutere di questioni culturali, ma inserite nei progetti anche temi di attualità su ciò che la nostra terra sta subendo in termini di massiccia presenza militare, di inquinamento industriale e mancate bonifiche, di morte clinica di interi settori lavoratorivi come l’artigianato, l’agricoltura e la pastorizia.

I ragazzi hanno il diritto di uscire dalla scuola con la consapevolezza di che cosa era la loro terra e di ciò che sta diventando. Hanno il diritto di potersi formare una opinione in merito e di avere la possibilità di non vedere la propria isola come una gabbia da cui poter scappare alla prima occasione.

Per qualunque cosa sono a disposizone per consigli, sostegno e consulenza gratuita!