Un anno fa il deputato di Unidos Mauro Pili, un parlamentare sardo che ha finalizzato la sua azione a scovare molteplici soprusi perpetrati alle spalle dei sardi, ha dato una notizia che ci aspettavamo e mai avremmo voluto apprendere: con un blitz ferragostano il governo aveva dato il via libera definitivo alla speculazione termodinamica di Decimoputzu.

È passato un anno e su questa vicenda è sceso un silenzio che non promette niente di buono.

Perché quell’esempio di land grabbing, che prevede anche l’esproprio – con la conseguenza dello sfratto coatto – per un’azienda zootecnica e agricola condotta da una famiglia originaria di Fonni, può aprire scenari nefasti per la Sardegna intera.

Che dire?

Sono certo che chi, tra voi e come me, è cresciuto leggendo le immaginarie avventure di Tex Willer, ha riconosciuto questa storia.

È triste rilevare che in 130 anni (tra immaginario e realtà) non è cambiato nulla, nel rapporto tra il “progresso” (parola dietro cui spesso si mascherano le speculazioni) e la libertà, la vita, la giustizia.

Non è solo (e sarebbe già tantissimo) la difesa della proprietà privata, della libertà e della dignità dei signori Cualbu.

È quello che c’è dietro che dovrebbe indignarci ancora di più, portando a ribellarci.

Ci dicono che l’agricoltura e la pastorizia in Sardegna sono morte o dovrebbero morire definitivamente. Lo mettono nero su bianco.

Vorrebbero educarci a vivere senza lavorare vendendoci per un tozzo di pane la terra.

Non più frutti, sudore, lavoro e natura ma speculazione, consumo e disastro paesaggistico.

Lo stesso principio di sempre, da secoli.

I poveri e gli “arretrati” si facciano da parte, arriva il progresso.

E la nostra presenza non è prevista.