Ogni estate è la stessa storia. I giornali aprono con l’ “emergenza incendi”, sui social compaiono le immagini di alberi e animali bruciati, i pastori e gli agricoltori scendono in piazza per reclamare lo stato di calamità, alcuni indipendentisti ripropongono il taglio delle mani di memoria gudicale e i governanti borbottano frasi di sdegno contro i “piromani” (ma esistono?) senza proporre nulla di pratico.

Però pochi si interrogano su chi c’è dietro gli incendi e se ci sono interessi economici e politici.

Lo scorso anno sul piatto c’erano state tre proposte: la prima del partito Libe.r.u. consisteva in una petizione per una proposta di legge regionale poi presentata agli organi competenti. A parte la campagna di sensibilizzazione e il rafforzamento del sistema antincendio, il partito chiedeva al Consiglio Regionale che si facesse promotore di un’iniziativa di legge di riforma del Codice Penale per un inasprimento della pena di chi appiccia un fuoco, equiparandolo al reato di strage. Condivido ovviamente i primi due punti della petizione, molto meno la terza, non tanto per ragioni moralistiche o antirepressive, quanto perché a mio parere sarebbe appunto necessario capire quali sono le cause profonde del fenomeno e se esiste una stratecia incendiaria. Insomma la proposta di Lib.r.u. era tutta concentrata sulla prevenzione e sulla repressione, ma non sulla comprensione del fenomeno.

Su questo punto intervenne l’organizzazione in cui milito, il Fronte Indipendentista Unidu, con un invito a «seguire la scia dei soldi» che i roghi si lasciano dietro. Il Fronte chiedeva che il Consiglio Regionale della Sardegna istituisse una Commissione di Inchiesta sui roghi per individuare gli interessi materiali che ci stanno dietro.

Inutile dire che il Consiglio Regionale ha ignorato entrambe le proposte facendo spallucce e continuando sulla strada di sempre, ovvero a non fare nulla.

Ma sul tema erano intervenuti anche i diretti interessati, ovvero l’Unione Sindacale di Base (USB), molto presente nel mondo dei lavoratori del settore, con una nota assai approfondita che insisteva soprattutto sul taglio manageriale imposto dalle politiche governative. L’USB faceva notare come il problema dei roghi in Sardegna sia stato aggravato dal «numero esiguo di personale e conseguentemente per il sovraccarico di lavoro; per la scarsa dotazione di mezzi e per la mancanza di un coordinamento, nella fase iniziale, che guidasse la disposizione delle squadre segnalando la priorità d’intervento».

L’USB denunciava anche la scarsità dei mezzi a disposizione e la dislocazione delle Sedi di Servizio «presidiate da una singola squadra di 5 Unità, insufficienti per la vastità di zone di competenza da coprire».

Anche i sindacalisti passavano ad alencare alcune proposte che riporto qui sinteticamente:

1) Attuazione Colonna Mobile Regionale come disposto dalla CIRCOLARE n. EM-01/2011 e ancora oggi assente.

2) Apertura delle nuove sedi distaccate per garantire maggiore capacità e celerità di intervento.

3) Rinnovo parco mezzi antincendio perché i mezzi sono ormai vecchi di 25 anni.

4) Rientro vigili del fuoco fuori sede. Sono tanti i VVF permanenti fuori sede che da anni prestano servizio fuori dall’isola, formati ed informati addestrati, eppure non si prende in considerazione il loro rientro.

5) Superamento della politica manageriale dei comandi, dal momento che si continua a tagliare senza scrupoli e a mettere la sicurezza dei cittadini alla stregua di una qualsiasi voce di capitolato.

Si capisce che il Consglio Regionale non voglia legittimare le forze indipendentiste, ma almeno dovrebbe dare ascolto ad un sindacato del settore. Invece niente di niente e come potete vedere anche questa lista di richieste è rimasta disattesa.

E poi era spuntata fuor questa incredibile intervista a Giorgio Pelosio, a amministratore di Teletron Euroricerche (azienda che si occupa di sistemi di rilevazione ambientale: http://www.sardegnaprogrammazione.it/monitoraggio/it/soggetti/teletron-euroricerche-srl):

Domanda. C’è un business dietro gli incendi? Chi ci guadagna? Per fare un esempio, prima ha parlato di 300 mila euro occorsi per spegnere 300 ettari in un incendio del 2007. In quel caso, chi ha guadagnato?

Risposta. Certamente tutti quelli che hanno fatto questo servizio, tutti quelli che hanno fornito il carburante, tutti quelli che hanno fatto delle missioni, tutti quelli che girano intorno alla macchina dell’antincendio. La campagna antincendio io la vedrei più come ”campagna incendi”. Ma non sto affermando nulla di nuovo, sulla stampa appaiono da oltre 40 anni articoli in tal senso.

D. Sono privati?

R. Ci sono certamente anche privati. I canadair sono della protezione civile però gestiti da società private sotto il controllo dei vigili del fuco. Poi ci sono gli elicotteri che sono per lo più di società private. Ma è evidente che dietro tutta questa macchina girano un sacco di soldi. Per ogni ora (questi sono dati della protezione civile), se girano quattro canadair e un elicottero ci sono circa 50-60 mila euro di interventi. Siccome un intervento può durare dalle 5 alle 10 ore, lì si vede quali interessi si mettono in moto con un incendio».

Pelosio individuava alla fine nelle tecnologie di monitoraggio un buon deterrente ai roghi, perché rendono l’intervento molto più tempestivo e abbassano drasticamente i costi che – come noto – aumentano proprio nel caso d’interventi lunghi.

La domanda posta da Pelosio è inquietante e fa pensare: perché la RAS «dal 2005 ha delegittimato questi impianti (N.d.A. rilevazione ambientale), che sono stati abbandonati in maniera incomprensibile»? I costi sono legati alla durata delle operazioni di spegnimento, quindi più tempo occorre a spegnere un incendio, maggiore è il costo e quindi anche i guadagni. Chi ci guadagna dunque dall’allungamento delle procedure antincendio? Il Consiglio Regionale della Sardegna è forse connivente con il fenomeno dei roghi estivi?